Se c’è una persona che ha dato un contributo notevole al movimento calcistico italiano, questi è Luigi Bozino. La sua figura divenne rilevante agli inizi del ‘900, e non solo perché riuscì a portare in trionfo un club considerato di provincia, la Pro Vercelli. Ma perché fu anche un punto di riferimento in ambito nazionale, divenendo Presidente della FIGC nel 1920 e rimanendo in carica, anche se con mandati non consecutivi, fino al 1926. Bozino era uno di quei personaggi che riuscì a capire il calcio e le sue potenzialità.
Nato nel 1855 da una famiglia “avventurosa” (suo padre, Omero, era stato al servizio di Cavour durante il Risorgimento come agente segreto), Bozino aveva studiato legge ed era diventato uno degli avvocati penalisti più illustri dell’epoca. Nel 1896 aveva assunto la presidenza della Società Ginnastica Pro Vercelli, club nato quasi vent’anni prima ma affiliatosi alla Federazione Ginnastica d’Italia solamente nel 1892. Con lui presidente la Pro Vercelli si rivolse anche ad altri sport, quali scherma, calcio e tennis, a cui si aggiunsero in seguito anche ciclismo, tamburello, bocce, atletica e hockey. In particolare la sezione calcio venne inaugurata nel 1902 grazie all’entusiasmo di Marcello Bertinetti, ex schermidore e grande appassionato di football.
La Pro Vercelli, dopo alcuni anni di apprendistato e di preparazione, nel 1906 si iscrisse alla F.I.F. (l’attuale F.I.G.C.) e disputò la sua prima stagione agonistica, in Seconda Categoria, ma venne eliminata per mano della squadra riserve della Juventus. L’anno successivo, però, riuscì nell’impresa di vincere il campionato. E nel 1908 si prese la sua personale rivincita sui bianconeri: li sconfisse nelle eliminatorie regionali e si presentò quindi alla finale a tre, al cospetto di U.S. Milanese e Andrea Doria. Il 2 maggio 1908 arrivò lo scudetto, il primo ma non l’unico della storia della Pro Vercelli. La stagione seguente la Pro Vercelli si ripeté sconfiggendo formazioni del calibro di Torino e Genoa prima di avere la meglio, in finale, sulla solita U.S. Milanese.
La corsa dei bianchi di Bozino sembrava inarrestabile. Nel primo campionato a girone unico appariva come la naturale favorita, visti i due titoli conquistati nelle stagioni precedenti. La Pro Vercelli trovò però sulla sua strada un avversario grintoso, l’Internazionale, che riuscì a terminare la stagione regolare con gli stessi punti (25). Serviva quindi uno spareggio per decidere la vincitrice. Le date messe a disposizione dalla Federazione erano tre: 17 aprile, 24 aprile o 1 maggio. Il presidente Bozino rifiutò di giocare il 17 perché la sua squadra era impegnata in un torneo studentesco. Invece Carlo De Medici, presidente dell’Internazionale, si oppose alla data del 1 maggio.
Non rimaneva che il 24 aprile, ma quattro calciatori della Pro Vercelli (Giuseppe Milano, Felice Milano, Giovanni Innocenti e Vincenzo Fresia) avevano ricevuto la convocazione dell’esercito per un torneo militare. A Bozino era stato assicurato che non si sarebbe giocato quel giorno, ma alla fine il direttivo federale scelse proprio il 24 aprile. Il patron vercellese si imbestialì, paventando favori all’Internazionale. E per protesta decise di far scendere in campo una formazione di ragazzini (tra gli undici e i quattordici anni) anziché la squadra titolare. La partita finì ovviamente in favore dell’Inter (10-3) ma Bozino venne osannato, diventando ancora più un personaggio leggendario tra la sua gente.
Negli anni successivi la Pro Vercelli riuscì comunque a rifarsi, vincendo ben sette scudetti fino al 1922. La bontà del lavoro operato da Bozino venne riconosciuta da tutti gli addetti ai lavori. Come detto Bozino portò le sue conoscenze calcistiche anche a livello nazionale e internazionale, ricoprendo cariche importanti come presidente della Confederazione Calcistica Italiana e vicepresidente della FIFA. Morì nel 1939 e oggi, a Vercelli, c’è un campo intitolato in suo onore.