Pallone Noir – L’anello di Serantoni e il pazzo sanguinario
La storia del calcio non è fatta tutta di campioni e gol, imprese sportive e trofei da alzare. Ma pure le pagine oscure sono sempre esistite, forse le si ricorda meno volentieri. Con la rubrica Pallone Noir cerchiamo di rimuovere un po’ di polvere da questi racconti: una galleria in chiaroscuro, dove l’alternarsi di luci e ombre rappresenta simbolicamente l’eterno conflitto tra bene e male.
Titolo: L’anello di Serantoni e il pazzo sanguinario.
Paese di produzione: Italia.
Ambientazione storica: 1957-60.
Protagonisti: Pietro Serantoni, Oreste Gallone, Vittorio Camerini.
Trama. 11 ottobre 1957. Il celebre calciatore della Nazionale iridata nel 1938, Pietro Serantoni, cercava disperatamente un anello regalato alla moglie ma sparito dalla circolazione il giorno prima. Per riuscire ad avere notizie, mise un annuncio sul giornale: “Smarrito paraggi Cola di Rienzo anello a maglia con brillante, caro ricordo. Compenso 100 mila. Telefonare 31018“. Fu così che un lucidatore di mobili senza lavoro comprò il quotidiano. E lì trovò la richiesta di Serantoni tra gli annunci economici: architettò un piano, che prevedeva l’incontro con il malcapitato ex azzurro e un’aggressione a scopo di rapina.
Il disoccupato dalle cattive intenzioni rispondeva al nome di Oreste Gallone, 45 anni. “Ho trovato l’anello. Vediamoci stasera“, fece quest’ultimo nella telefonata a Serantoni, che in un batter di ciglia si insospettì. L’appuntamento, previsto in una zona periferica e semi deserta della Capitale, non suonò bene al vecchio campione. Il quale, per scrupolo, avvisò la Polizia. Serantoni racconta l’accaduto alle autorità: alcuni agenti seguiranno l’incontro a distanza, tra cui il brigadiere Vittorio Camerini.
L’ex giocatore di Ambrosiana, Juventus, Roma e della Nazionale è rimasto nell’immaginario calcistico italiano per la foto celebrativa della vittoria iridata ’38: è l’unico azzurro sdraiato, Meazza gli accarezza il capo. Serantoni si presenta in auto all’appuntamento, in via di Casal Bruciato nel quartiere Tiburtino: è sera, sono le ore 21 circa. Scende dalla sua Alfa Romeo Giulietta e va incontro a Gallone, che però ha evidentemente un ripensamento nell’attuazione del piano originale. Insomma, invece di aggredire Serantoni temporeggia e in modo maldestro, tanto da consentire l’intervento della Polizia allarmata in precedenza. In pochi attimi il malintenzionato viene prelevato e scortato in Questura. Nessuno può immaginare la piega assurda e drammatica che la serata sta per prendere.
Forse per l’aspetto rassicurante di Gallone, tale da non destare sulla carta delle preoccupazioni, questi non viene perquisito. Un gravissimo errore da parte degli agenti, ignari del fatto che in tasca egli abbia con sé una pistola acquistata qualche giorno prima. Cosa scatta nella sua testa non è dato saperlo, ma in pochi istanti esplode alcuni colpi dall’arma: Camerini muore sul colpo; il Commissario Troisi e due agenti, Valentino Ceccanti (ferito a un rene) e Vittorio Minocci (a una gamba), rimangono coinvolti nella sparatoria a cui segue una colluttazione. Troisi, raggiunto al braccio sinistro e all’addome, è gravissimo. Ceccanti darà inoltre segni di squilibrio psicologico nei giorni successivi, a causa dello choc. Gallone finisce immediatamente in cella a Regina Coeli. Il povero Camerini verrà sepolto nel piccolo paese natale di Castelnuovo di Farfa, nel rietino.
Seminfermo o totalmente infermo di mente? Il delinquente trascorre quasi due anni e mezzo in carcere, quando la Corte d’Assise di Roma si trova a dirimere la questione. Le perizie mediche avevano evidenziato un profilo <ipoevoluto, crudele, amorale, cinico e privo di scrupoli>. Oltretutto fece discutere la sua confessione: “Volli far parte di taluni plotoni d’esecuzione, mentre ero nei reparti dei repubblichini di Salò, perché mi interessava vedere gli uomini morire“. Contenuti da brividi, nelle ricostruzioni de L’Unità nell’ottobre 1957 e di Stampa Sera di fine marzo 1960.
Le indagini portano alla luce oltretutto che Gallone, nel novembre 1945, era stato arrestato per diserzione e alienazione di effetti militari: condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione. Il proprietario del negozio di armi da cui Gallone si era servito per l’acquisto della pistola, Oreste Fedele, viene anch’egli incarcerato per vendita d’arma di fuoco a soggetto non avente il nulla osta della Questura. Troisi, infine, si ristabilì e quasi tre anni dopo testimoniò in tribunale contro il suo aggressore. Serantoni, dal canto suo, raccontò più volte davanti al giudice le dinamiche di una brutta storia che, inconsapevolmente, aveva innescato con un banale annuncio sul giornale. Morì nel 1964 per un tumore al cervello. Non si hanno tracce ulteriori, al momento, della condanna ai danni di Gallone e del suo destino nei decenni seguenti.