Giochi Olimpici Tokyo 2020 – Esperienza e gioventù, mix vincente per l’Italia
La premessa è d’obbligo, sono trascorse solo le prime due giornate dei Giochi Olimpici Tokyo 2020 (forzatamente spostati al 2021 ed è inutile spiegarne il motivo), ma l’andamento delle gare degli atleti italiani conduce a pensare come un binomio sia il fulcro principale dei primi successi azzurri: esperienza e gioventù.
Delle attuali 5 medaglie, 3 sono infatti arrivate da atleti già capaci di salire sul podio olimpico. Come Luigi Samele. Il fresco 34enne (ieri è stato il suo compleanno, auguri) pugliese nella sciabola ha ottenuto il massimo possibile, dovendosi inchinare solo alla leggenda vivente Aron Szilagi, al suo terzo alloro consecutivo in tre edizioni dei Giochi. Come Elisa Longo Borghini, di bronzo nel ciclismo su strada come a Rio cinque anni or sono, grazie a una tattica accorta e a uno scatto da finisseur nel finale. E come Odette Giuffrida, d’argento in Brasile, di bronzo a Tokyo nel judo categoria 52 kg. Non è un caso.
Non è un caso perché queste, inutile nasconderlo, non sono Olimpiadi come tutte le altre. Paradossalmente, senza il tifo dagli spalti ma con controlli quotidiani (e giustissimi) per accertare eventuali positività, rischiano di diventare quelle più stressanti per tutto il contorno e chi ha già sulle spalle l’esperienza olimpica potrebbe avere il vantaggio di gestire al meglio tutta la situazione.
Però i Giochi Olimpici portano con sé anche un ricambio generazionale necessario e inevitabile. Ricambio del quale il volto vincente è rappresentato – per ora – da Vito Dell’Aquila e Mirko Zanni. Il pugliese di Mesagne si è confermato primeggiante, non soffrendo le pressioni dategli dai favori del pronostico e imitando nel taekwondo, cat. 58 kg, quello che fece il suo concittadino Carlo Molfetta a Londra 2012. Il 23enne di Pordenone, con il record italiano di 322 kg, riporta dopo Los Angeles 1984 il sollevamento pesi italiano sul podio olimpico.
Due prestazioni scintillanti di gioventù, spensieratezza ma anche pregne di maturità nei momenti opportuni. L’Italia quindi si gode i suoi ragazzi e i suoi “nonnetti” a cinque cerchi. Siamo solo all’inizio, ma le premesse sembrerebbero essere davvero buone.