Le lacrime e la delusione di fine partita resteranno probabilmente l’immagine simbolo degli Europei 2020 dell’Inghilterra. Quasi un paradosso, in quello che sembrava destinato a diventare il torneo di uno storico riscatto, circondato da un entusiasmo febbrile con pochi precedenti negli ultimi decenni di questa Nazionale. Si poteva ricordare quest’estate come l’affermazione di una generazione d’oro, amatissima dalla tifoseria inglese per il suo spirito e l’enorme quantità di talento potenziale, creando una storia di riscatto di un Paese che non vince trofei importanti da ormai troppo tempo e, invece, si è trasformata in una nuova delusione. Un’amarezza racchiusa nelle lacrime disperate di Saka e compagni, negli sguardi mesti della famiglia Reale, nel silenzio dei tifosi di Wembley che, al termine della partita, si sono affrettati a lasciare lo stadio, evitandosi la passerella gloriosa degli Azzurri. Gesto antisportivo per alcuni, ma che resta umanamente comprensibile.
Al netto di chi sostiene che l’Inghilterra avrebbe meritato di più, resta evidente un fatto: questa sconfitta rimane l’ennesima delusione della storia degli inglesi. Non tanto per l’avventura in sé, comunque notevole per una squadra complessivamente molto giovane e capace di dimostrare la validità del proprio percorso di crescita avviato solo qualche anno fa. Ma è evidente che in questi Europei ci fossero state una serie di combinazioni più o meno fortuite difficili da immaginare in futuro: un torneo giocato sostanzialmente in casa, una squadra circondata da un entusiasmo febbrile legato anche al ritorno dei tifosi negli stadi, l’ottima capacità di Southgate di gestire un gruppo estremamente variegato e con tanti giocatori costretti a essere sacrificati per lasciare spazio ad altri più adeguati al gioco dei Tre Leoni.
Di sicuro, l’Inghilterra ha una squadra che funziona sotto tanti aspetti, a partire da quello difensivo, come confermato dagli appena due gol subiti in tutto il torneo. Una solidità che ha messo in difficoltà persino l’Italia, almeno fino al gol di Bonucci. La sconfitta contro gli Azzurri, però, nasce anche dall’inesperienza, o meglio: dall’incapacità di apprendere quella che era stata la grande lezione dei Mondiali del 2018. Nella semifinale contro la Croazia, gli inglesi avevano pagato con la sconfitta l’aver adottato un baricentro eccessivamente basso, concedendo così spazio ai tecnici giocatori avversari di alzarsi e premere sulla difesa.
Contro l’Italia, l’Inghilterra si è barricata all’indietro per almeno 50-70 minuti, al punto da concedere a Bonucci e soprattutto Chiellini di ritrovarsi in più occasioni a gestire il possesso nella trequarti dei Tre Leoni. Una scelta tattica che ha finito anche per isolare Kane, capace di seminare il panico agli inizi della gara con la sua capacità (molto ben sviluppata da Southgate, sul modello di quanto fatto anche da Mourinho al Tottenham) di andare incontro al pallone e agevolare la velocità dell’azione, finendo per sbloccare gli attacchi degli esterni. Il lavoro poi di Sterling in velocità e gli inserimenti di Shaw, ad approfittare delle chiusure spesso ritardate di Chiesa, completavano l’interessante arma offensiva a disposizione dell’Inghilterra. Ma appena la squadra ha smesso di accompagnare Kane, per Bonucci e Chiellini, comunque autori di una partita di enorme intelligenza e qualità difensiva, è stato gioco ancora più facile nel gestire le manovre d’attacco degli inglesi e potersi concentrare maggiormente sull’impostazione da dietro.
È anche questo, in fondo, parte del percorso di crescita dell’Inghilterra, di una squadra con tanti elementi giovani e ancora bisognosi di fare esperienza a grandissimi livelli, almeno con la propria Nazionale. Southgate avrebbe potuto dimostrare di aver imparato la lezione, ma era forse necessaria un’altra delusione per provare a ricordare i limiti della sua squadra. La stessa scelta di passare al 4-3-3, lasciando perdere l’iniziale 3-4-3 che aveva abbassato eccessivamente la squadra, è stata presa troppo in ritardo, dimostrando qualche limite dell’ex Under 21 e Middlesbrough nella lettura delle gare. Resta però un fatto incontestabile: il ct inglese ha a disposizione una miniera d’oro, una generazione di potenziali talenti che potrebbero rimanere a livelli mondiali nell’arco del prossimo decennio. Il dato anagrafico conferma questa visione: salvo Henderson (poco utilizzato, ma l’organizzazione del centrocampista del Liverpool doveva essere maggiormente sfruttata, come visto al momento del suo ingresso) e Walker, entrambi 31enni, il resto della squadra conta su ragazzi giovani o addirittura giovanissimi.
Il reparto offensivo potrà contare ancora sull’esperienza di Kane, Grealish e Sterling, ma anche della freschezza dei vari Saka, Sancho, Rashford, Mount e Foden, senza dimenticare Lingard, capace di giocare a livelli notevoli come dimostrato nell’esperienza al West Ham. Phillips e Rice hanno dimostrato di essere un’ottima coppia difensiva, ma dietro di loro è destinato a emergere il talento di Bellingham, lasciato maggiormente in disparte durante questi Europei. La coppia Maguire-Stones ha davanti ancora qualche torneo da giocarsi assieme e sui terzini pure dimostra un buon mix di esperienza e qualità.
Southgate ha fatto capire di voler rimanere almeno fino ai Mondiali in Qatar e, obiettivamente, sarebbe la scelta più giusta per il movimento calcistico d’Oltremanica. L’ex ct dell’Under 21 inglese sta facendo crescere il suo gruppo, ha fatto capire di aver già raccolto dei frutti importanti del suo lavoro e sa gestire i giocatori per la sua buona capacità di gestire l’aspetto mentale. Sarà la sua ultima occasione di dimostrare di essere l’uomo giusto per questa Nazionale e la lezione ora andrà imparata bene. Ma, smaltita la delusione di queste ore, l’Inghilterra si ricorderà del proprio potenziale e di quanto vicina sia, in fin dei conti, la possibilità di un immediato riscatto.