Quinzi, la ricerca della felicità abbandonando il tennis
Non è il lieto fine che ci si può attendere da uno sportivo, ma dal punto di vista umano è sicuramente un sospiro di sollievo per Gianluigi Quinzi. Il tennista vincitore di Wimbledon juniores nel 2013 ha appeso la racchetta al chiodo a soli 25 anni dopo annate anonime e sempre al di sotto del suo immenso talento. Sì, perché dopo l’affermazione sull’erba londinese non ha mai dato seguito a quanto di buono ci si poteva immaginare.
Basti pensare che il suo avversario sconfitto in quella finale, il coreano Chung, è stato capace di issarsi fino alla posizione numero 19 del ranking ATP prima che una serie di infortuni lo costrinsero ad allontanarsi dai campi. Quinzi invece tra i professionisti vanta solamente il numero 142 come best ranking e due titoli Challenger vinti a Francavilla e Mestre. Bacheca che rimarrà tale anche in futuro: la pressione che il tennis sa infliggere è stata ben al di sopra della sua sopportazione.
In Italia poi le attese riversate su di lui hanno influenzato la sua crescita. In un movimento come quello azzurro che solo ora sta scoprendo di essere florido con Sinner, Musetti, Berrettini e company, nel 2013 dopo il successo a Wimbledon il veneto fu subito paragonato ai più grandi mostri sacri del tennis riponendo su di lui una speranza rivelatasi un totale flop. Il tutto e subito che ormai spopola nello sport non va di pari passo con lo sviluppo di un ragazzo cresciuto in una bolla ed emotivamente fragile.
“Il papà di Quinzi ha detto che se non arriverà in top 3 sarà un fallimento”, ma il salto tra i pro si rivela un passo troppo grande. La promessa d’Italia si incaglia nella sua leggerezza fisica: di rovescio c’è poco da invidiare ai migliori, ma soprattutto con il diritto l’apertura convince poco. Ma quello che non convince proprio è la tenuta mentale: Quinzi inizia a cambiare allenatori con una frequenza del miglior Zamparini senza mai interrogarsi interiormente. Quello che di tanto bello aveva mostrato in età giovanile, sembra essersi capovolto tra i professionisti.
Ora dice basta e smette: “Chi me lo fa fare di continuare a giocare così?” ha detto. Quinzi accantona così il tennis per costruirsi una vita con più sorrisi e meno malumori. Il bambino prodigio è ormai diventato grande: il cassetto con tutti i sogni dentro è stato chiuso. In futuro magari si riaprirà, ma senza la racchetta in mano.