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Cosa sta succedendo in Brasile, nella lotta ai diritti LGBTQIA+

Mentre la maggior parte delle squadre brasiliane, principalmente quelle di Rio de Janeiro, mostrano il loro appoggio alla causa LGBTQIA+, una fetta di Brasile viaggia in controtendenza. Fluminense e Flamengo hanno deciso di apporre sulle spalle dei giocatori numeri arcobaleno nella scorsa giornata del campionato brasiliano.

IL BOTAFOGO BIANCO E NERO

Il Botafogo invece ha fondato in occasione del Pride Month la propria torcida LGBTQIA+. Questa presa di posizione sociale, che dovrebbe essere normale per tutti i club, ha però indispettito alcuni tifosi retrogradi.

C’è chi ha chiesto di non mischiare politica e sport, come se combattere l’omofobia sia una questione politica e non sociale. C’è chi ha commentato con “il Botafogo è bianco e nero”, non arcobaleno, chiedendo al club di concentrarsi di più sulla promozione alla prossima Série A. Probabilmente bianco e nero è il pensiero di queste persone che non sanno cogliere le sfumature grigie delle varie discussioni.

GERMAN CANO, L’IDOLO ARGENTINO DEL VASCO

Il Vasco da Gama ha lanciato una nuova maglia con una fascia trasversale arcobaleno, accompagnata dalle bandierine del São Januário dai medesimi colori. È diventato ormai virale il video del gol di German Cano che durante l’esultanza ha sollevato una di queste bandierine. Il bomber argentino è un idolo in campo, visto che in un anno e mezzo ha segnato 35 gol, entrando nella top-5 dei marcatori del Brasileirão 2020, e lo è anche fuori dal rettangolo di gioco. Con questa sua esultanza ha sposato in toto la storia del Vasco, sempre accostata a rivalse sociali.

Il Gigante da Colina, oltre a essere stato il primo club brasiliano ad avere uno stadio di proprietà, rimane il pioniere in fatto di tesseramento dei giocatori neri. Nel 1924, quando i neri per giocare dovevano colorarsi di bianco, pur di non rinunciare a tenere in squadra 12 giocatori non bianchi, il Vasco si fece squalificare dal campionato carioca. All’epoca i dirigenti cruz-maltini furono visti come dei folli, mentre oggi ogni brasiliano, nero e non, è grato per quella presa di posizione.

LA MAGLIA NUMERO 24 NELLA NAZIONALE BRASILIANA

In questa battaglia contro i tifosi retrogradi però i club brasiliani sono soli, abbandonati ovviamente dalla federazione, vicina alla destra estrema che governa il Paese. Per quanto combattere ogni forma di discriminazione sia un compito importante per ogni politico, indistintamente dal partito, Jair Bolsonaro e il suo partito tendono ogni volta a sminuire questo tipo di impegno sociale.

La stessa Seleção non aiuta a sensibilizzare a riguardo. La nazionale di Tite, che ha convocato ventiquattro giocatori per la Copa América, è l’unica squadra del torneo a non avere un giocatore con la numero 24 sulle spalle. Questa cifra in Brasile è tradizionalmente associata all’omosessualità per colpa del “Jogo do Bicho”, una sorta di smorfia napoletana dell’altra parte del modo.

In questo gioco d’azzardo i numeri dallo 00 al 99 vengono spartiti tra venticinque animali. Nonostante il 24 appartenga alla capra, questo numero viene associato al cervo, il ventiquattresimo animale della lista. In portoghese “cervo” si traduce con la parola “veado” che è molto assonante al dispregiativo per indicare una persona omosessuale. L’unica differenza è la “e” che diventa “i”.

Per questa assurda tradizione Douglas Luiz, invece di portare sulle spalle la numero 24, ha preferito la 25, scatenando ancora una volta la campagna #PedeA24, che si traduce con “chiedi la 24”. Varie pagine e testate calcistiche in Brasile periodicamente tentano di convincere i giocatori a vestire la Camisa 24 perché solo in questo modo si può sensibilizzare il tifoso medio.

Il problema però non sono solo gli atleti, poiché spesso gli stessi club vietano l’uso della maglia numero 24. Cantillo, centrocampista colombiano del Corinthians che porta la 24, è stato criticato dai propri dirigenti per questa sua scelta. Lui tuttavia, essendo straniero, non sapeva fosse “proibito” avere il 24 sulle spalle. Dopo vari battibecchi, la diatriba si è risolta per il meglio, con Cantillo che ha mantenuto il proprio numero preferito.

LA SITUAZIONE IN EUROPA

“Ah, ma è il Sudamerica”, è questo il pensiero che molti in Europa hanno. L’America del Sud è un Continente particolare, con le sue peculiarità e i suoi difetti, ma in questo caso noi europei non ce la caviamo di certo meglio.

Cosa è cambiato da EURO 2012 a EURO 2020 (+1)? Fondamentalmente nulla perché nel 2012 c’era Damiano Tommasi a sconsigliare il coming out tra i calciatori, dopo le parole indecenti di Antonio Cassano in conferenza stampa, mentre oggi nel 2021 c’è Thomas Meunier.

CHI SI RICORDA DI CASSANO?

Per chi non ricordasse, Alessandro Cecchi Paone all’epoca aveva dichiarato che in nazionale ci fossero due omosessuali non dichiarati. L’ex Parma aveva quindi risposto a una domanda riguardante questa questione in conferenza stampa così, con una sintassi tutt’altro che perfetta: “Se penso quello che dico, sai che cosa vien fuori? Problemi loro. Son f***i problemi loro [..] mi auguro che non ci sono veramente in nazionale.

In seguito Cassano è stato multato dalla UEFA, la stessa che voleva multare Neuer per aver messo al braccio una fascia arcobaleno a favore dell’LGBTQIA+ durante le partite degli europei attualmente in corso. Fosse arrivata veramente la multa, sarebbe stato un grandissimo contro senso per una confederazione sempre molto controversa.

NON POSSIAMO ANCORA FARE A MENO DI PARLARE DEI DIRITTI LGBTQIA+

I problemi tra la federcalcio tedesca e la UEFA tuttavia non finiscono qui, visto che in occasione di GermaniaUngheria i padroni di casa avevano intenzione di illuminare l’Allianz Arena con i colori arcobaleno. Un’azione per protestare contro le leggi anti LGBTQIA+ del leader ungherese Viktor Orbán che vanno contro i principi dell’Unione Europea. Visto il coinvolgimento politico, la UEFA ha proibito che ciò accadesse, stroncando sul nascere eventuali incidenti diplomatici con l’Ungheria.

Da tutte queste vicende si evince come il Pride Month e il movimento LGBTQIA+ servano. Anzi, serviranno ancora per molti anni. Visto che se ne parla, l’omosessualità nel calcio, così come nella vita di tutti i giorni, non la vediamo ancora come una cosa normale. Quando non si dovrà più scendere in campo con fasce arcobaleno, quando non ci sarà più bisogno di chiedere a dei giocatori di usare la maglia numero 24, solo in quel momento potremmo dimenticarci del Pride e tutto quello che ne concerne.