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Il calciatore Kumi Yokoyama ha fatto coming out dichiarandosi uomo transgender

“Sono un calciatore, un uomo transgender”. Kumi Yokoyama, attaccante dei Washington Spirit e da anni uno dei volti più noti nel calcio femminile giapponese, ha deciso di fare coming out, annunciandolo in un’intervista video sul canale YouTube dell’ex compagna di squadra Yuki Nagasato. Un racconto sentito, fatto di ricordi, desideri, paure, ma soprattutto di voglia di libertà e coraggio, emersi anche grazie al supporto della sua fidanzata e all’ambiente trovato in Germania prima (dove aveva giocato con il Francoforte) e Stati Uniti poi.

“Ho frequentato diverse donne nel corso degli anni, ma sono dovuto restare ‘nascosto’, in Giappone. In Giappone mi chiedevano sempre se avessi un fidanzato, mentre qui, negli Stati Uniti, mi chiedevano se avessi un ragazzo o una ragazza. Quando la mia ragazza ha detto che non c’era motivo di restare ancora nascosto, mi ha davvero colpito. Il coming out non era qualcosa di cui andavo entusiasta, ma se penso alla mia vita in futuro, sarebbe più difficile vivere nell’ombra, quindi ho trovato il coraggio di fare coming out“.

“Non mi sono mai vista come una ragazza, quindi odiavo la pubertà. Quando ho raggiunto l’età adulta, ho pensato che forse avrei giocato a calcio per altri uno o due anni, quindi a 20 anni mi sono fatto rimuovere il seno. Normalmente non puoi farlo a meno che tu non stia ricevendo ormoni, ma il mio medico ha capito la mia situazione. Sarei stato accusato di doping se avessi preso gli ormoni, quindi ho appena fatto l’intervento chirurgico migliore.”

“Quando l’ho rivelato per la prima volta ai miei compagni di squadra mi è stato persino detto che non era bello che mi fossi nascosto. Ho dovuto spiegare loro com’è la cultura giapponese e perché ho sentito il bisogno di nascondermi. Sempre più persone in Giappone stanno prendendo familiarità con l’acronimo LGBTQ e si è visto di più nei media, ma credo che se le persone influenti come me non si rivelano e usano le loro voci, legate a consapevolezza e accettazione, tutto questo non evolverebbe ulteriormente.”

È proprio quest’ultima parte a rendere ancora più importante il coming out di Yokoyama: nel pieno del mese del Pride, il calciatore ha ricordato l’importanza che ha avuto la dichiarazione di Quinn dell’OL Reign sulla sua decisione e, per questo, spera di poter essere fonte d’ispirazione anche per altre persone in futuro. Perché Yokoyama, che ha chiesto di farsi appellare con il neutro “they/them”, ha ragione: vivere nell’ombra significa subire sofferenza e isolamento.

Un discorso che vale ancora di più proprio in Giappone, dove i diritti LGBTQI+, nonostante qualche timido segnale di apertura, restano ancora lontani dall’essere tutelati. È ancora in fase di discussione un LGBT Equality Act, ma il documento presentato dal Partito di maggioranza dei Liberal Democratici fa un generico riferimento alla “promozione della comprensione delle persone LGBT”, senza menzionare protezioni contro le discriminazioni e utilizzando un linguaggio estremamente debole, non in grado di tutelare davvero.

Non solo, ma i membri del partito si sono spesso opposti alla proposta di legge affermando che “LGBT va contro la preservazione della razza umana”. Nonostante le pressioni dei partiti di opposizione, degli attivisti LGBTQI+ e di varie organizzazioni in tutto il mondo, il Giappone non ha ancora una legge davvero tutelatrice su questo ambito. Una macchia scura che, già da mesi, ONG come Human Rights Watch stanno chiedendo di cancellare prima dell’inizio delle Olimpiadi: la stessa Carta Olimpica, d’altro canto, proibisce le discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale.