Interrotto in corso d’opera a causa della pandemia di Covid-19, il campionato di Serie D, massima espressione del calcio dilettantistico italiano, edizione 2020/2021 si sta concludendo in questo mese di giugno e stanno arrivando i verdetti dai 9 gironi.
All’elenco delle vincitrici, si sono aggiunte ieri due compagini appartenenti alla cosiddetta categoria delle “nobili decadute“, cioè quelle formazioni con un certo blasone e rappresentative di un cospicuo bacino d’utenza che però stagnavano per una serie di motivi nelle categorie dilettantistiche. Due compagini legate anche dagli stessi colori sociali, il rosso e il blu, e dalla considerazione che le loro vittorie hanno significati che esulano dal mero significato calcistico.
Già, perché le promozioni di Campobasso e Taranto non sono promozioni come tutte le altre. A cominciare da quella dei molisani, avvenuta ieri dopo il successo sul campo del Rieti per 2-1 e il contemporaneo pirotecnico pareggio del Notaresco, avversaria diretta, sempre in trasferta contro la Recanatese per 4-4. La società, di proprietà svizzera-statunitense (il fondo elvetico Halley Holding rappresentato dal presidente Mario Gesué e la North Sixth Group nella persona dell’italo-americano Mark Rizzetta), ha individuato nell’estate del 2019 in due figure conoscitrici di calcio come il ds Stefano De Angelis e l’allenatore Mirko Cudini come gli uomini per far tornare il Campobasso tra i professionisti.
Dopo la prima stagione interrotta e congelata causa pandemia, è stata la seconda quella giusta per il duo De Angelis-Cudini per riportare dopo 32 anni di assenza una città e una regione, come il Molise, spesso ingiustamente bistrattata (con l’oramai stucchevole battuta “Il Molise non esiste” in cima alla lista) nel terzo livello calcistico italiano. Con i tifosi che già sognano i fasti della Serie B degli anni Ottanta e della vittoria in Coppa Italia contro la Juventus nel febbraio 1985, giorno dell’inaugurazione dello stadio “Nuovo Romagnoli“.
Da un rossoblu a un altro. Dalla palata del Campobasso a quella del Taranto. Dopo 5 anni di assenza, gli ionici tornano in Serie C e il presidente Massimo Giove bissa la promozione dalla C2 alla C1 ottenuta esattamente 20 anni fa nel corso della sua prima esperienza da massimo dirigente della società pugliese. Come a Campobasso, anche a Taranto a far la differenza è stata l’esperienza nei ruoli chiave. Esperienza portata da Francesco Montervino, ex calciatore di Napoli e Salernitana, tarantino doc e direttore sportivo della squadra rossoblu. In panchina, un giovane fasanese, Giuseppe Laterza, intuizione riuscita di Montervino.
Una stagione in cui il Taranto ha lottato gomito a gomito col Picerno, bruciando i lucani di un solo punto grazie alla vittoria ottenuta a Venosa per 3-2 contro altri lucani, il Lavello. Una vittoria che porta la firma di Santarpia, che con una zuccata all’81’ ha regalato una gioia indescrivibile alla città pugliese. Una città che, almeno per una sera, si è dimenticata di essere quella dell’Ilva, dei veleni purtroppo non solo figurati che purtroppo stanno causando seri problemi alla popolazione tarantina. E un minuto dopo la promozione, il pensiero di tutti i tifosi rossoblu è stato subito rivolto al derby col Bari, che ritornerà dopo 28 anni di assenza.
Campobasso e Taranto, due vittorie non solo calcistiche. Due vittorie di due territori sofferenti, martoriati ma allo stesso tempo bellissimi. No. Non è solo uno sport.