Verso #Euro2020 – Euro2000: un cucchiaio, due guantoni e tre gol: la Francia è di nuovo campione
Il rimbombo metallico del pallone calciato sulla traversa di Luigi Di Biagio è ancora stordente. La lotteria dei calci di rigore contro la Francia ai quarti di finale del mondiale del ’98 segna la fine dell’era Cesare Maldini alla guida della Nazionale. Gli subentra un altro uomo della vecchia scuola italiana. Uno schietto personaggio dell’estremo Nord-Est, friulano proprio come Maldini e Bearzot, cioè Dino Zoff. Uomo di poche parole ed emozioni, ma vincente come pochi da calciatore e con discreti successi anche in panchina. Esclude Baggio dalla rassegna europea, nonostante a furor di popolo fosse il giocatore più desiderato, deve rinunciare anche a Vieri e Buffon, infortunati. Quello davvero sfortunato fu il forfait del parmense. Nell’amichevole pre-rassegna all’Ullevaal Stadion di Oslo contro la Norvegia, Gigi si frattura l’anulare della mano sinistra (con conseguente operazione e addio al torneo) nel tentativo di anticipare il colpo di testa di John Carew (giocherà, senza incidere, nella Roma) che poi finirà in rete. Viene chiamato al suo posto Christian Abbiati, giusto il tempo di vincere l’Europeo Under 21 con la selezione di Tardelli (doppietta di Pirlo in finale contro la Repubblica Ceca) e rifare le valigie per unirsi alla nazionale maggiore. Viene promosso titolare Francesco Toldo. Formatosi nelle giovanili del Milan, seguendo il suo modello Giovanni Galli, il portierone di quasi due metri e novanta chili di peso è diventato negli anni una colonna della Fiorentina, arrivando a competere per lo scudetto l’anno prima contro Lazio e Milan (poi vincitore al fotofinish). Ha 29 anni, è nel pieno della maturità, sarà l’uomo del destino azzurro.
Belgio e Olanda ospitano EURO 2000 dal 10 giugno al 2 luglio 2000. È la prima volta che due federazioni nazionali e due stati differenti organizzano la fase finale dei Campionati Europei di calcio. Italia, Germania, Francia e Spagna si qualificano da prime, così come le sorprese Norvegia, Romania, Jugoslavia e Svezia, che costringe l’Inghilterra al secondo posto. I leoni di Sua Maestà passano allo spareggio contro gli odiati rivali della Scozia, così pure Slovenia, Danimarca e Turchia.
Il giorno dell’inizio del torneo, il 10 Giugno, ci sono quasi 50.000 spettatori sugli spalti del Re Baldovino di Bruxelles per la gara inaugurale tra Belgio e Svezia, inserite nel Gruppo A, dove c’è anche l’Italia insieme alla Turchia. I padroni di casa vincono 2-1, a sbloccare il match è il belga Bart Goor al 43′. Vincerà quattro campionati nazionali con l’Anderlecht e, nell’ultima parte della sua carriera, farà notizia promuovendo una cura per i postumi della sbornia, scoperta con un partner commerciale. Dopo il pallone, Bart ha sempre avuto una predilezione per il luppolo, che dalle sue parti è poco meno di un monumento nazionale. Lo sanno tutti, infatti, che le birre artigianali belghe sono le migliori al mondo.
L’Italia fa il suo esordio il giorno dopo, ad Arnhem, contro la Turchia. Fa caldo e, dopo un primo tempo di buona lena degli azzurri, con Inzaghi sciupone, la gara viene sbloccata da Antonio Conte al 52’ con una spettacolare bicicletta spalle alla porta. Dieci minuti più tardi, però, è Okan Buruk, futuro interista, a pareggiare i conti di testa, lasciato completamente solo nell’area piccola. Al 70’ l’episodio chiave: Inzaghi cade in area a contatto con Ogün e lo scozzese Dallas ci concede il rigore. Superpippo non sbaglia dal dischetto e il 2-1 è servito.
È contro i padroni di casa del Belgio, il 14 Giugno a Bruxelles, che l’Italia di Zoff si convince che può andare lontano nel torneo. Gli azzurri s’impongono con un netto 2-0 con i gol di Francesco Totti, al primo centro con la Nazionale in una fase finale di un torneo, e Stefano Fiore, autentica gemma la sua. La qualificazione è ottenuta con un turno d’anticipo e nella terza gara con la Svezia il Ct può fare turnover, ricevendo altre conferme. Sono Di Biagio e Del Piero a sancire la vittoria, soltanto minimamente scalfita dal momentaneo 1-1 dello svedese Larsson. Primo posto a punteggio pieno, di più non si può chiedere.
Negli altri giorni assistiamo a più di una sorpresa. C’è il tracollo generazionale di due nazionali che avevano giocato un ruolo da protagonista nei quindici anni precedenti. La Germania, vecchia, finisce ultima con 1 punto soltanto e una severa lezione dal Portogallo, impostosi 3-0 con tripletta del laziale Sergio Conceiçao. L’Inghilterra, pur battendo i tedeschi con il solito Shearer, soccombe contro una combattiva Romania e cade anch’essa contro i lusitani, chiudendo il girone al terzo posto con 3 punti. Passa il Portogallo come primo e la Romania, data per spacciata alla vigilia, come seconda. E sarà proprio lei l’avversaria dell’Italia ai quarti di finale.
L’altra padrona di casa, l’Olanda, vince il suo girone giocandosela fino alla terza gara con la Francia, campione del mondo in carica, ma che si accontenta della seconda piazza. Fuori Danimarca e Repubblica Ceca, nettamente inferiori. Kluivert, Zenden e Frank de Boer, con due centri a testa, appaiono i più in forma. Fatal destino, saranno tra gli uomini di maggior impatto, nel bene e nel male, nel fracasso della semifinale. Ma ci arriviamo con calma.
Chiudiamo con il girone della Spagna, vinto dagli iberici nonostante il ko nella gara d’esordio contro la Norvegia. Decisiva l’ultima sfida contro la Jugoslavia, un romanzo calcistico a sé di quella rassegna. Finisce 4-3 per le Furie Rosse, dopo che i balcanici erano stati avanti per ben tre volte e sempre ripresi. Schizofrenica la squadra di Vujadin Boskov, non più ai fasti di Italia ’90. Una selezione che comprende solamente giocatori serbi e montenegrini. L’ulteriore divisione tra Serbia e Montenegro avverrà solo nel 2007. Contro la Slovenia un’altra partita folle. Sotto di 3-0 e con Mihajlovic espulso, i serbo-montenegrini rimontano in 6 minuti con una doppietta di Milosevic ed un gol di Drulovic. Matti da legare, ma ai quarti anche loro per effetto del pari a reti inviolate tra sloveni e norvegesi.
A Bruxelles, per i quarti, ci attende la Romania dell’eterno Gheorghe Hagi, capace di eliminare Germania e Inghilterra. Ci sono giovani elementi di sicuro avvenire, come un certo Christian Chivu, difensore di vent’anni e già una stagione in Eredivisie con l’Ajax. Avrà fortuna in Italia, dove vestirà le maglie di Roma e Inter, con cui vincerà il Triplete del 2010. Con lui, l’attaccante Adrian Mutu, 21 anni e una voglia matta d’Italia, anche lui. Dalla Dinamo Bucarest verrà nel Belpaese a mostrare pregi e difetti, con una capatina tutt’altro che felice in Premier League al Chelsea. Nonostante ciò, il divario resta ampio e la squadra di Zoff affronta l’impegno con solidità e sicurezza. Al 32’ la sblocca Totti con un elegante stop di petto, su assist altrettanto delizioso di Fiore, e destro secco a infilare Stelea. Poco dopo Toldo, conforme alla sua stravaganza, decide di fare un’escursione avventata al limite dell’area, ingolosendo di brutto Hagi: pallonetto facile e gol che sembra già fatto, ma… il palo salva gli azzurri! La Romania spinge, ma non trova la porta. Quello è di competenza quasi esclusiva di un nostro giocatore, Filippo Inzaghi, che al 42’ raccoglie un imbucata perfetta di Albertini e uccella il portiere rumeno con la sua tipica freddezza di bomber. Raddoppio e qualificazione in tasca, anche perché il più talentuoso e leader degli avversari, Gheorghe Hagi, pensa bene di farsi cacciar fuori dall’arbitro per una simulazione goffa in area che non può passare inosservata, con conseguente secondo cartellino giallo (era già stato sanzionato nel primo tempo) e doccia anticipata. Toldo anticipa i miracoli di cui sarà capace, impedendo ai balcanici di rientrare in partita con una super-parata su Filipescu a distanza ravvicinata.
A Bruges, Spagna e Francia esprimono un calcio gourmet che delizia la platea ed è Zinedine Zidane, dopo occasioni da una parte e dell’altra, a illuminare la sfida con un calcio di punizione che muore all’incrocio dei pali e porta in vantaggio i galletti poco dopo la mezz’ora. Dopo 6 minuti, però, Thuram abbatte in area Munitis e constringe il nostro Collina a fischiare il penalty. Gaizka Mendieta è un chirurgo dal dischetto e non sbaglia, 1-1. Quando l’intervallo sta per palesarsi, la Francia tenta l’ultimo assalto: Vieira al limite dell’area si accorge dell’arrivo di Djorkaeff e lo serve alla perfezione, il franco-armeno controlla con il destro e scarica una botta violenta sul primo palo, che sorprende Canizares e porta i transalpini nuovamente in vantaggio, 2-1 e ora sì, è tempo di riposare. Nella ripresa la Spagna prova l’assalto, Abelardo si fa atterrare in area da Barthez ed il secondo penalty che Collina assegna è la chiave di volta che può portare la gara ai supplementari. Dal dischetto si presenta Raùl, l’idolo madridista e di tutta la Spagna in quel momento, ma calcia alto, sancendo di fatto l’eliminazione delle Furie Rosse dal torneo.
Nelle altre sfide, il Portogallo liquida con un po’ di fortuna la Turchia, perché questi ultimi sbagliano un rigore con Arif, mentre Nuno Gomes, con un gol per tempo, è implacabile. Il duello più gustoso è quello di Rotterdam, dove Olanda e Jugoslavia arrivano al confronto da squadre più spettacolari del torneo. Le aspettative non tradiscono, ma a beneficiarne è solo la compagine di casa, che si abbatte sugli slavi con una “slavina” di gol: tripletta di Kluivert, doppietta di Overmars, autogol di Govedarica, sigillo finale e inutile di Milosevic per un 6-1 che fa rumore. La favorita per la vittoria finale è la selezione di Franklin Rijkaard!
E veniamo alle semifinali, un racconto nel racconto di questo europeo: da una parte Francia contro Portogallo a Bruxelles, dall’altra Olanda contro Italia ad Amsterdam. I pronostici vertono tutti sugli oranje padroni di casa e sugli uomini di Roger Lemerre, subentrato ad Aimé Jacquet quando la Francia si è aggiudicata la Coppa del Mondo 1998. Prima di allora, era stato per dieci anni il selezionatore della rappresentativa militare. Nel 2004 da allenatore della Tunisia ha vinto la Coppa d’Africa. Verrà ricordato per una sua celebre frase: “A una squadra serve un grande generale”.
Allo Stadio “Roi-Bauduin” si sente aria d’impresa quando, dopo venti minuti, Nuno Gomes segna ancora e porta in vantaggio i lusitani che, da anni e per DNA, hanno sempre difettato di un bomber (fino all’arrivo di Sua Maestà CR7) e ora sognano in grande. Il suo sinistro al volo dal limite è di rara bellezza. E conferma il suo talento, certificato già da 60 gol in 101 presenze con la maglia del Benfica. Al punto da convincere Cecchi Gori che sia il sostituto ideale del Re Leone di Firenze: Gabriel Omar Batistuta. Non rispetterà le attese, ma in quel momento viene visto come uno dei colpi di mercato dell’estate. In tutto ciò, però, c’è una Francia che trabocca di classe e comincia ad alzare il tiro. Zidane dirige l’orchestra e, 6 minuti dopo il rientro dagli spogliatoi, sono i solisti Anelka e Henry a duettare per il gol del pareggio, che porta la firma del 14 dell’Arsenal con un bel diagonale nell’angolino lontano. Potrebbe essere, però, di nuovo il Portogallo a festeggiare al 90’, ma il colpo di testa perfetto del platinato Abel Xavier esalta i riflessi da pantera di Barthez, salvifico come non mai per les bleus. Si va ai supplementari. Stancamente, la partita si trascina verso i rigori, ma nel calcio c’è spesso un “ma”. E arriva al 117’, quando Vitor Baia in uscita smorza la percussione di Trezeguet, ma non può evitare la ribattuta di Wiltord da posizione defilata. Il pallone viaggia minaccioso verso la linea di porta e c’è Abel Xavier che, cadendo, devia con la mano la palla in corner. Il guardalinee non ha dubbi, è in posizione perfetta: calcio di rigore. Xavier, biondo platinato discutibile e una discreta carriera a spasso per l’Europa, con puntate in Premier League (su entrambe le sponde della Mersey) e in Italia (Bari e Roma), non la prende benissimo. Le reiterate proteste, a sfiorare l’aggressione all’arbitro, gli costeranno ben ventiquattro giornate (!) di squalifica dall’UEFA. Dal dischetto si presenta Zinedine Zidane, non propriamente un “iceman” in queste situazioni ma, nella fattispecie, un chirurgo che manda il suo destro all’angolino e spiazza Vitor Baìa. In epoca di “golden goal” non c’è spazio per seconde chances, così la Francia si guadagna il diritto di giocarsi un’altra finale, dopo quella del 1984. Il Portogallo, mestamente, va a casa.
Il 29 Giugno 2000 all’Amsterdam Arena (che diventerà Johan Crujiff Arena) va in scena il thriller più avvincente della storia degli europei. Olanda contro Italia. Sulla carta, non c’è storia. Nel 3-5-2 disegnato da Zoff, alla vigilia del match contro i tulipani, tiene banco il dilemma: gioca Totti o Del Piero? Il Ct a sorpresa sceglie quest’ultimo, preferendo la carta romanista a partita in corso. Totti, inquadrato dalle telecamere a bordocampo, freme. In porta c’è Toldo, aiutato da una difesa solida composta da Iuliano, Cannavaro e Nesta. Nell’impostazione accorta di Zoff, a centrocampo Maldini copre la fascia sinistra, Zambrotta quella destra e, in mezzo, Di Biagio e Albertini sono i ragionieri. Stefano Fiore, calabrese dai piedi buoni, è il trequartista. Davanti, come detto, la coppia collaudata della Juventus: Inzaghi-Del Piero. Gli olandesi, cullati dalla filosofia offensiva del giovane commissario tecnico Franklin Rijkaard (immenso ex-centrocampista formato da Cruijff, Sacchi e Van Gaal), sono più spregiudicati: in porta c’è Van der Saar, che alla Juve non sta lasciando una traccia indelebile, ma è un portiere affidabile. Difesa a quattro con Bosvelt, il gigante Stam, Frank de Boer e Giovanni van Bronckhorst. Cocu fa da regista, Edgar Davids morde le caviglie degli avversari. Di lì in poi, è tutto attacco con il tridente Overmars-Bergkamp-Zenden ad attaccare la profondità alle spalle dell’unica punta, Patrick Kluivert. E pensare che resta in panchina gente del calibro di Clarence Seedorf, Ronald de Boer, Roy Makaay e Pierre van Hooijdonk.
Lo stadio ribolle d’arancione come un campo di papaveri, l’inizio di partita è tutto di marca olandese. Bergkamp ispira la manovra e al 14’ centra il palo, per il resto il muro azzurro regge ed è compatto. Maldini sulla sinistra annulla Overmars, mentre sulla destra Zambrotta ha più grattacapi contro il peperino Zenden, che gli sguscia via da tutte le parti. Al 15’ l’esterno della Juventus becca il primo cartellino giallo, al 34’ firma il trattato di espulsione, con un intervento da dietro che gli costa il secondo, sacrosanto, cartellino.
Lì per lì, sembriamo spacciati. Dopo 4 minuti, ci arriva un rigore a sfavore che ci lascia esterrefatti. Nesta alita sul collo di Kluivert in area, l’attaccante goffamente non riesce a controllare bene la sfera, ma Merk vede una trattenuta (solo lui) e fischia il penalty. Maldini protesta vivacemente, mostra all’arbitro il dito puntato contro la tempia ripetutamente, come a dire “tu sei matto”. Dal dischetto va Frank de Boer, uno specialista. La rincorsa è corta, il capitano piazza il sinistro a destra, la conclusione è molto angolata, ma Toldo si tuffa dalla parte giusta e impatta il pallone, mandandolo in calcio d’angolo. Rigore fallito, siamo ancora vivi! Si, ma per quanto? Portiamo a casa lo 0-0 all’intervallo e sembra già un miracolo.
Nella ripresa Bergkamp e soci comandano sempre le operazioni, ma il caldo e la fatica si fanno sentire per tutti, così i ritmi lentamente calano e l’apporto offensivo dei terzini e delle ali si fa affannoso. Nel complesso, stiamo meglio noi, perché ci difendiamo, corriamo meno e se possiamo ripartire in contropiede siamo più freschi. Al 62’, però, la ruota della fortuna sembra girare ancora in favore dei tulipani: Davids entra in area e viene falciato in scivolata da Iuliano, è calcio di rigore. Ma come, di nuovo?! Ci è andata bene la prima volta, ora c’è poco da fare. Doveva andare così. Stavolta dagli undici metri non si presenta più de Boer, provato dal primo errore, ma c’è Kluivert. La rincorsa è più lunga, felpata, l’attaccante del Barcellona sceglie l’angolo sinistro e calcia. Toldo stavolta non intuisce, si tuffa completamente dalla parte opposta…. è gol dai, non può che essere così… e invece no, perché il pallone si stampa sul palo, ritorna in area e Maldini in scivolata lo spazza via. Siamo ancora salvi! Gli dei del calcio, è evidente, a quel punto hanno deciso che quella partita aveva ancora molto da raccontare. Un divertito Pelè, in tribuna, parla con un amico seduto accanto e, sgranando gli occhi alla Totò Schillaci, mima con le dita prima il numero 1 e poi il numero 2, dal labiale si intuisce: “Non un rigore hanno fallito, bensì 2, incredibile!”.
Poco prima dei supplementari, l’occasione buona ce l’ha il subentrato Delvecchio, ma calcia debolmente davanti a Van der Sar, che raccoglie la palla senza problemi. Finiscono i novanta minuti e già questi sembrano un campionato intero. Dovevamo soccombere come agnellini in pasto ai lupi, ma abbiamo resistito. Si va ai supplementari, dopo 10 minuti la pistola va ancora nelle mani di Delvecchio: il lancio di Maldini è perfetto, la fuga verso la porta è lanciata, Marco esplode il colpo in diagonale e Van der Sar si salva soltanto con la punta del piede. Peccato. Si arriva stancamente, ma molto stancamente, al 120’: calci di rigore.
È l’Italia a battere per prima: Luigi Di Biagio, che a Parigi si presentò dal dischetto da ultimo della serie con serenità e incoscienza, questa volta va a calciare per primo con una paura fottuta. Rincorsa breve, quattro passi e destro secco a sinistra sotto la traversa. Van der Sar intuisce la direzione, ma non può arrivarci. Gol. Dopo due anni, può tornare finalmente a dormire la notte Gigi. Anche Pizzul si toglie un peso e urla: “Fa gol stavolta!”. Tocca a loro e c’è ancora il capitano, Frank de Boer. È scuro in volto mentre raggiunge l’area di rigore, come un condannato a morte che percorre il miglio verde. La rincorsa è la stessa, il tiro è peggiore del precedente. Toldo va ancora a sinistra e si oppone con i guantoni. Sbagliato! Il secondo penalty consecutivo, nella partita più importante. Pessotto: gol, il suo dovere è compiuto. Arriva Stam che, solo a vederlo camminare, mette paura. Sguardo severo, mono-espressivo. Potrebbe fare il cattivo nei film di Tarantino. Ma, di sicuro, non calciare un rigore. Il suo tiro, infatti, va letteralmente alle stelle, stampandosi sicuramente addosso ad uno spettatore dell’ultimo anello. Su quattro rigori calciati fin qui, tra i tempi regolamentari e la serie finale, l’Olanda non ne ha segnato nemmeno uno. La storia sta cambiando. A questo punto, tocca a Francesco Totti. Nato a Porta Metronia nel 1976, tre mesi dopo l’invenzione del “cucchiaio” di Panenka. E questo è il dialogo tra lui, Gigi Di Biagio e Paolo Maldini, nel cerchio di centrocampo, prima che la lotteria dei rigori prendesse il via:
Di Biagio: “A Francé, io c’ho na paura…”
Totti: “Eh, a chi lo dici, ma hai visto quant’è grosso quello (riferendosi a Van der Sar – ndr)?”
Di Biagio: “Ah, così m’incoraggi?”
Totti: “Nun te preoccupà, mo je faccio er cucchiaio”
Maldini: “Ma che sei pazzo? siamo a una semifinale degli europei!”
Totti: “Se, se, je faccio er cucchiaio…”
Francesco nota l’immensa muraglia arancione dietro la porta e la grande stazza del portiere. Per un attimo esita, forse non è il caso di azzardare. Poi, però, da romano orgoglioso qual è decide di provarci, perché non può fare brutta figura con i compagni, ormai lo sanno tutti. Prende la rincorsa, parte e al momento di tirare accarezza dolcemente la palla, che si solleva come una colomba della pace. Van der Sar vola alla sua destra, il pallone si adagia docile in rete a sinistra. Gol e beffa, per l’Olanda non potrebbe andar peggio. Per noi si aprono le porte del paradiso. Un gesto sfrontato, irriverente, una follia lucida. Tornando a centrocampo, Totti se la ride di gusto.
Va Kluivert, rincorsa sicura e palla in rete sulla destra. Toldo immobile, per i tulipani il primo gol dopo cinque tentativi! Maldini può mettere la parola fine segnando, ma, nella sua leggendaria carriera in cui ha dimostrato di saper far tutto, questa volta si concede un piccolo errore. Incrocia un sinistro debole e centrale e Van der Sar, fin lì attonito e umiliato, si concede un sussulto d’orgoglio. Tocca a Bosvelt, un terzino: se segna, sarà Del Piero a concludere la serie azzurra. Ormai, però, il traghetto di Caronte verso l’Ade ha già mollato gli ormeggi e sfuggire al tragico destino è impossibile. La rincorsa è lunga, il destro di Bosvelt cerca l’angolino basso a sinistra… come va a finire? Ce lo dice Pizzul, urlando alla sua maniera: “Toldo para, siamo in finaleee!”. Game over, l’Italia compie il miracolo al termine di più di 120’ di sofferenza autentica, in cui il nostro portiere ha parato tre rigori e la sorte ci ha benedetto con un palo e un tiro in curva. Una partita giocata 10 contro 11 per 90 minuti e che resterà nella storia per sempre, dove lo spirito d’unione azzurro ha toccato i suoi massimi vertici. L’Italia vince alla sua maniera, difesa e contropiede. Le porte della finale di Rotterdam si sono spalancate.
L
Il 2 Luglio, nella “vasca” dove gioca solitamente in Feyenoord – il de Kuip – va in scena la finale del campionato europeo. Per entrambe le formazioni è l’occasione di bissare l’unico trionfo del rispettivo palmarès. Le scelte di Lemerre sono semplici: Barthez; Thuram, Blanc, Desailly, Lizarazu; Djorkaeff, Deschamps, Vieira; Zidane; Henry, Dugarry. Il nostro CT, Dino Zoff, predilige un undici iniziale accorto, con Pessotto che rileva lo squalificato Zambrotta e Delvecchio come punta atipica, cioè che rientra e collabora con il centrocampo: Toldo; Cannavaro, Nesta, Iuliano; Pessotto, Di Biagio, Albertini, Maldini; Fiore; Totti, Delvecchio.
Partita equilibrata nel primo tempo, da tipica finale in cui la paura iniziale non evita però sprazzi di bel gioco. È nei secondi 45’ che si scrive la storia. La mossa che cambia le carte è l’ingresso di Del Piero al posto di Fiore e lo slittamento di Totti in qualità di trequartista. E al 55’ è proprio un’invenzione di Francesco a mandarci in estasi: colpo di tacco geniale sulla trequarti che innesca l’inserimento di Pessotto, cross teso e tagliato in area e spaccata vincente di Delvecchio, che porta in vantaggio l’Italia! La Francia in bambola, il raddoppio potrebbe essere già realtà: in contropiede Totti smarca Del Piero sulla sinistra. Pinturicchio scivola nell’area francese come acqua corrente, ma calcia a lato alla sinistra di Barthez. Resistiamo agli assalti francesi con Henry e Wiltord e, al 77’, ancora una volta Del Piero ha il colpo del k.o. ma, ben servito dal neo-entrato Ambrosini, calcia debolmente tra i piedi del portiere. Sbagliare una volta si può, due è troppo, così la dea bendata cambia bersaglio: al 93’, proprio quando ci preparavamo ad uscire in piazza a festeggiare, arriva la beffa. Un diagonale sporco, passa sotto le gambe di Nesta e si chiude in porta all’angolino, a sancire un 1-1 che fa malissimo. Si va ai supplementari. L’Italia, stanca e affranta, cede completamente il passo al gioco dei francesi. Non finiamo nemmeno il primo degli extra-time: su un cross dalla sinistra di Wiltord c’è Trezeguet, che si coordina come una ballerina del Bolshoi e scaraventa il suo sinistro sotto la traversa, Toldo non può far proprio nulla stavolta. È il gol del 2-1, è il golden goal, è la fine del sogno azzurro. La Francia bissa il titolo mondiale con quello continentale e, in quel momento, è la squadra più forte del pianeta. Solleva la coppa al cielo Didier Deschamps, il capitano che ha vinto tutto, non male per un calciatore che era stato etichettato una volta come il “portaborracce” di Eric Cantona.
A
Nonostante l’Italia avesse giocato un buon Europeo e la stampa fosse in gran parte favorevole al tecnico, subito dopo la conclusione del torneo Silvio Berlusconi, all’epoca leader dell’opposizione, si lasciò andare ad una critica feroce nei confronti di Zoff: “Si poteva vincere e bisognava vincere. I problemi riguardano la conduzione della squadra: non si può lasciare la fonte del gioco Zidane sempre libero. Era una cosa che non si poteva non vedere, anche un dilettante l’avrebbe vista. Non ce l’ho con Zoff in persona. Volevo solo dire che c’è stata una scelta sbagliata, cattiva, sciagurata, quella di impostare in quel modo la marcatura su Zidane. Era lui la fonte del gioco avversario. Possibile che nessuno se ne sia accorto? Possibile che solo io abbia notato questa mostruosità tecnica? La mia critica, sia chiaro, è esclusivamente tecnica”.
Ventiquattr’ore dopo, a mente fredda (ma non troppo), la replica puntuale di Dino Zoff: “Dal signor Berlusconi – dice – non prendo lezioni di dignità. Non è giusto denigrare il lavoro degli altri pubblicamente, non è giusto che non si rispetti un uomo che fa il suo lavoro con dedizione e umiltà. È stato offeso un uomo e la sua professionalità, è mancato il rispetto per un lavoratore e questo io non posso accettarlo. Devo rispondere – afferma il ct – al signor Berlusconi, solo a lui, non a quello che rappresenta. Non è una presa di posizione politica, lo sapete, la mia unica politica è sempre stata lo sport. Ci sono rimasto particolarmente male per le sue parole. Certamente non ho dormito bene. So che questa decisione mi costerà. So che probabilmente non uscirò bene da questa storia, so che cosa diranno i fedeli collaboratori del signor Berlusconi”.
Anni dopo, nel 2015, rivelerà al Corriere dello Sport: “Le critiche le ascolto tutte, non sono un integralista, non ho inventato io il calcio. Ma fu usato il termine ‘indegnità’ e io questo non lo potevo accettare, anche perché era stato pronunciato da chi aveva alte responsabilità pubbliche. Così mi dimisi. Fu un gesto ‘rivoluzionario’, inusuale e che ho pagato. Ma tutti parlano di etica solo quando concerne gli altri. Quando riguarda te è più facile far finta di niente. Io non ne sono capace”.
La rivincita, anche se in modo decisamente goliardico, Zoff potè riceverla, invece, l’anno prima, nel 2014. Giuseppe Cruciani, dai microfoni de “La Zanzara”, il programma che lo ha consacrato a Radio 24, giocò uno scherzo a Berlusconi, con una telefonata di un “finto Zoff” che chiedeva spiegazioni per le parole proferite quasi quindici anni prima. Berlusconi fece buon viso a “cattivo gioco” e, dopo una serie di polemiche sollevate nel mondo politico sulla legge della privacy, concesse la liberatoria sbloccando la trasmissione dello scherzo in cui ripetutamente diceva a Zoff: “Non ti ho mai dato dell’indegno”.
Questo il “Dream Team” di Euro 2000:
POR: Fabien Barthez (Francia), Francesco Toldo (Italia)
DIF: Laurent Blanc (Francia), Lilian Thuram (Francia), Marcel Desailly (Francia), Fabio Cannavaro (Italia), Paolo Maldini (Italia), Alessandro Nesta (Italia), Frank de Boer (Olanda)
CEN: Demetrio Albertini (Italia), Patrick Vieira (Francia), Josep Guardiola (Spagna), Rui Costa (Portogallo), Edgar Davids (Olanda), Luís Figo (Portogallo), Zinédine Zidane (Francia)
ATT: Thierry Henry (Francia), Savo Milosevic (Jugoslavia), Raúl González (Spagna), Patrick Kluivert (Olanda), Nuno Gomes (Portogallo), Francesco Totti (Italia)