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Suning, via Conte dall’Inter per ridurre le spese ed evitare uno Jiangsu 2.0?

Suning Inter

de MondoSportivo

Antonio Conte non è più l’allenatore dell’Inter, club che sta attraversando una fase di assestamento economico, nonostante la vittoria dell’ultima Serie A. L’ex tecnico nerazzurro avrebbe rifiutato un ridimensionamento economico e la rinuncia ai perni della squadra, tra cui anche Lautaro e Lukaku. Suning e Conte sarebbero giunti a un accordo per una buonuscita di 7 milioni di euro, a fronte dei 12 milioni dell’ultimo anno di contratto con l’Inter.

LE FINANZE

La dirigenza interista vorrebbe terminare l’imminente sessione di mercato con almeno 70 milioni di euro di utili. Quindi ciò significa che almeno un big dovrebbe sicuramente partire senza che venga rimpiazzato da nessuno. Evidentemente non bastano i 23,4 milioni provenienti dal trionfo in campionato, che con i vari sponsor sono arrivati a circa 40 milioni.

Anche se nell’ultima sessione di mercato, secondo Transfermarkt, l’Inter avrebbe speso circa 105 milioni, venendo però giocatori per circa 82 milioni. Con lo Scudetto il gap, circa 23 milioni, tra costi e ricavi si sarebbe perciò ridotto allo zero. Sicuramente non basta per affermare che la società con un campionato vinto abbia guadagnato, ma non ha nemmeno perso tanto da dover smantellare il fulcro della squadra attualmente più forte d’Italia.

Con l’arrivo della pandemia varie società hanno avuto molti problemi a pagare gli stipendi, un po’ come in generale tutte le aziende italiane e non. Il club milanese ha un monte ingaggi attuale di 149 milioni di euro. A maggior ragione il gruppo Suning, società cinese e proprietaria dell’Inter, ha accusato il colpo, viste le manovre del Governo cinese per proteggere l’economia del Paese asiatico.

JIANGSU SUNING

Anche lo Jiangsu Suning, squadra di calcio cinese appartenente a Zhang Jindong, ha cominciato a tagliare stipendi e ingaggi proprio in un momento vittorioso. Dopo aver vinto il campionato locale nel 2020, ha temporaneamente sospeso l’attività sportiva nel 2021.

Gli stranieri, principalmente Éder Citadin Martins (ex Inter e Sampdoria), si sono scagliati giustamente proprio contro Suning per le promesse non mantenute. La proprietà avrebbe promesso il saldo di tutti i salari, dagli atleti ai funzionari di ogni genere, senza poi adempire a tali obblighi. La dirigenza avrebbe dovuto avere almeno il coraggio di parlare in maniera chiara e onesta, senza promettere nulla di irraggiungibile.

Anche fuori dal calcio Suning non se la passa meglio, visto che entro settembre deve saldare 600 milioni di dollari di debiti. L’azienda, che si occupa di vendita al dettaglio di elettrodomestici e prodotti tecnologici di ogni genere, nel 2020 aveva già risanato le proprie casse, prosciogliendo debiti per 1,5 miliardi di dollari. La dismissione dello Jiangsu e di alcune quote dell’Inter probabilmente fa notare un minor interessamento degli investimenti di Suning nell’ambiente sportivo, dove sta guadagnando evidentemente poco.

Oltre alla diminuzione delle spese, la famiglia Zhang sta cercando soci per l’ambiente nerazzurro. Anche per gli affari esterni al calcio, secondo il Financial Times, Suning starebbe cercando di vendere 2,5 miliardi di dollari in azioni per assestarsi.

L’ECONOMIA CINESE E DEL CALCIO CINESE

In Cina c’è in atto una rivoluzione per quanto riguarda l’economia non solo dello Stato comunista, ma anche dello stesso calcio. Dopo il boom negli anni ’10 del XXI secolo, la federcalcio cinese sta cercando di limitare l’arrivo di stranieri, a favore dei calciatori locali. L’obbiettivo è la qualificazione della nazionale dei Dragoni ai mondiali 2030.

Perciò ora si è deciso di imporre un salary cap di 90 milioni di euro totali, di cui appena 10 sono destinati a calciatori esteri. Inoltre gli stranieri non potranno percepire più di 3 milioni di euro a stagione, come riportato da ESPN. Per questo motivo lo Jiangsu Suning non è riuscito a trattenere il brasiliano Alex Teixeira, che chiedeva uno stipendio più corposo.

La riforma comunque non colpisce solo questa piccola fetta di gestione che sono gli stipendi. I rischi e i costi erano ormai diventati più alti rispetto ai benefici in questo tipo di investimento. Dal 2017 il Partito Comunista Cinese ha richiesto a tutti i club un’imposta del 100% su ogni operazione economicamente importante. E su questo finora la famiglia Zhang ha sorvolato per mantenere gli equilibri con una politica dittatoriale che potrebbe rovinare i loro affari in un batter d’occhio.

Una riforma federale ha poi rovinato ogni piano per la salvezza dello Jiangsu Suning, che si sarebbe in futuro solo Jiangsu. La Chinese Super League ha obbligato i club a cambiare nome, togliendo così ogni tipo di sponsor dalla ragione sociale della società. La pandemia ha fatto il resto, portando Zhang a mettere fine alle attività della squadra, senza consultare giocatori e funzionari, da un giorno all’altro.

INTER UNO JIANGSU 2.0?

Le manovre molto arbitrarie della Cina ovviamente in Italia non potrebbero avere spazio, visti i due sistemi molto diversi, da una parte una dittatura e dall’altra una democrazia. Fortunatamente per il calcio italiano e per i tifosi nerazzurri l’Inter continuerà a esistere e potrebbe, nel peggiore dei casi, avere un cambio di gestione. Ci si augura che questa fase di riassestamento possa non prolungarsi di molto, perché i risultati in campo potrebbero risentirne nella prossima stagione. Bisogna evitare di scendere dal piedistallo come successe nel post Triplete.

Questa volta però non sarebbe per incompetenza di gestione come all’epoca, ma proprio per un’infima volontà di lavorare nel e con il calcio. Qualora non dovessero arrivare i fantomatici 70 milioni di euro dalla prossima sessione di mercato, che fine farebbe l’Inter di Suning? Gli stipendi sono sicuramente a rischio, anche se lo Stato italiano garantisce e protegge gli atleti e i lavoratori, almeno di più di quanto faccia quello cinese. Però momentaneamente i risultati in campo potrebbero non avere continuità per la scontentezza dei vari giocatori e dello staff interno al club, qualora mancassero i soldi.