L’ultimo terremoto nel mondo AIA ha messo per l’ennesima volta in cattiva luce tutta la classe arbitrale. Lo scandalo di questi giorni dei rimborsi spese gonfiati ha seguito la polemica di qualche settimana fa sollevata da alcuni ex arbitri in fatto di meritocrazia interna all’associazione. Come al solito si sono sprecate le opinioni di parte, scaturite sempre dal tifo cieco.
L’opinione pubblica ha correlato questi fatti, esterni al campo, con ciò che accade dentro al campo o in sala VAR, sollevando dubbi sull’integrità morale degli stessi direttori di gara. E le rumoreggianti tesi prive di fondamento invece di essere smentite da chi è dentro al mondo del calcio, vengono alimentate.
“Con i mezzi a disposizione, il calcio può fare a meno di discutere dei massimi sistemi e fermarsi a guardare le immagini, che hanno visto tutti. Tutti le hanno viste, tranne Mazzoleni: non ho mai parlato di arbitri, tutti sanno che Mazzoleni è messo lì sempre per ammazzare le squadre del Sud.” ha dichiarato il presidente Vigorito dopo un’amara sconfitta del Benevento contro il Cagliari, dove il VAR Mazzoleni ha richiamato l’arbitro Doveri per rivalutare la decisione su un rigore per i giallorossi.
Senza entrare nel merito di “c’era o non c’era”, non è stato Mazzoleni prima ad accordare e poi a togliere il penalty per il Benevento. Il verdetto finale spetta sempre all’arbitro in campo, in questo caso Doveri. Questo per far capire il livello basilare di competenza di chi spesso parla di arbitraggio.
Vigorito evidentemente non ha grande esperienza in materia, ma esiste anche chi accusa l’AIA dopo aver passato anni e anni in associazione. L’esempio più famoso è Claudio Gavillucci, ex arbitro di Serie A dismesso dopo aver sospeso una gara tra Sampdoria e Napoli per cori razzisti contro i tifosi partenopei.
O almeno questa è la versione di Gavilucci che ha ricominciato una vita arbitrale in Inghilterra. Invece l’AIA sostiene che l’arbitro fosse tecnicamente inadeguato per la categoria, visto che l’associazione ha delle graduatorie e soprattutto delle regole interne per selezionare i vari arbitri.
Anche Daniele Minelli e Nicolò Baroni, ex arbitri di Serie B, si sono uniti nella battaglia legale di Gavillucci contro l’AIA. I primi due erano stati dismessi per limiti d’età, visto il mancato passaggio di categoria. Secondo loro l’AIA avrebbe manipolato le graduatorie per portare in A Eugenio Abbatista, all’ultima chance di salire in categoria sempre per limiti di età, e per non bruciare dopo un anno di B Ivan Robilotta, ultimo in graduatoria.
Che l’AIA sia un mondo chiuso, non è una grande novità. C’è al momento non molta trasparenza, anche se il nuovo presidente Alfredo Trentalange sta cercando di remare verso a un’AIA più aperta. Tuttavia bisogna anche parlare di un discorso che chi sta fuori ignora e chi esce dall’associazione finge di non conoscere. L’arbitraggio non è fatto solo di prestazioni sportive in campo, ma anche di impegno fuori dal rettangolo di gioco.
Gli Osservatori attribuiscono un voto agli arbitri dopo ogni partita, almeno nelle categorie alte, mentre esistono anche gli Organi Tecnici che valutano in complessivo il percorso del singolo arbitro. Il voto dell’Osservatore è solo un numero freddo, mentre le considerazioni dell’Organo Tecnico sono molto più importanti.
Il freddo voto dell’Osservatore non considera il percorso in generale di un direttore di gara, ma solo la singola partita o la singola stagione. L’Osservatore non può racchiudere nel voto anche l’impegno che un arbitro dimostra negli allenamenti al polo, dove una sezione di arbitri si ritrova per allenarsi insieme. L’Osservatore non può sapere se in sezione l’associato aiuta o meno i nuovi arrivati a spiccare il volo o se sa relazionarsi bene con gli altri colleghi.
Invece il compito dell’Organo Tecnico è quello di valutare tutto ciò. L’Organo Tecnico deve anche prevedere quanto un arbitro potrebbe in futuro sviluppare il proprio talento. Perciò spesso si preferisce un arbitro meno forte tecnicamente, ma che lavori giorno per giorno duramente per migliorare, a uno forte, ma poco dedito al lavoro.
Ed è quello che alla fine succede anche nelle squadre con i calciatori. L’allenatore durante le sessioni di allenamento, durante tutte le riunioni tattiche osserva i propri atleti per decidere chi mandare nel week-end in campo. Non è detto che l’undici titolare sia effettivamente il migliore tecnicamente.
I torti ovviamente esistono e derivano soprattutto dalla poca trasparenza che nell’AIA c’è attualmente. La poca trasparenza ha portato Fabrizio Pasqua, Federico La Penna e Ivan Robilotta a rischiare la carriera, forse anche in maniera sciocca. Per guadagnare qualche soldo sui rimborsi spese, questi arbitri avrebbero gonfiato i prezzi dei vari biglietti di aereo e treno per raggiungere gli stadi in cui avrebbero diretto le gare.
Ora che si è deciso di indagare, di rendere tutto più trasparente, l’AIA e la FIGC sono riuscite a individuare almeno altri 4 arbitri che esercitavano questo tipo di frode ai danni dell’associazione.
Appresa la notizia, alcuni tifosi, con il pretesto di questi atti di disonestà, hanno riportato alla luce i vari “torti arbitrali” subiti dalle proprie squadre in questa stagione. I rimborsi spese gonfiati però non c’entrano nulla con quello che succede in campo, dove gli occhi dell’AIA sono vigenti. Basterebbe poco per stanare un arbitro che di proposito commette un errore.
Errore che ci sarà sempre in una partita, con o senza VAR. Errare fa parte della natura umana, anche se implementiamo tecnologie sofisticate. Chi non si è mai svegliato tardi pur avendo impostato un allarme sul telefono? Bisognerebbe sensibilizzare chi tifa a tifare in maniera più cauta responsabile. Come un attaccante che fallisce un rigore non deve essere insultato o accusato di averlo sbagliato apposta, anche un arbitro non deve essere insultato o accusato di un errore intenzionale.
I problemi nell’AIA sicuramente ci sono, i torti del resto fanno parte della vita di tutti i giorni e dobbiamo combatterli con ogni mezzo. Mettere zizzania però non porterà da nessuna parte, anzi farà chiudere ancora di più il mondo dell’arbitraggio, come una tartaruga impaurita.
Gli stessi AIA e Alfredo Trentalange sono in prima linea per combattere ogni tipo di torto, perché non è nell’interesse del calcio tutto questo disordine, sia come sport sia come azienda. Il calcio così come l’arbitraggio hanno bisogno di nuovi appassionati e di nuovi sponsor per sopravvivere. Con la confusione che aumenta sempre più i bambini preferiranno sport con principi più sani, con gli sponsor che di conseguenza si discosteranno.
Lo scenario è davvero catastrofico e al momento poco probabile, ma non inverosimile. Di questo passo, senza un cambio di mentalità il calcio perderà appeal. E questo cambio di mentalità passa anche da una maggiore comprensione di chi non è arbitro al mondo AIA. Però ci vuole la complicità di tutti, oppure si andrà avanti come i gamberi.