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Marchisio ha ricevuto il premio “Sport e diritti umani 2021” di Amnesty International

cristiano barni / Shutterstock.com

È l’ex calciatore della Juventus e della Nazionale italiana Claudio Marchisio il vincitore della terza edizione del premio “Sport e diritti umani”, promosso da Amnesty International e Sport4Society. Un riconoscimento che viene assegnato da una giuria specializzata (presieduta dal giornalista Riccardo Cucchi) ad atleti, società o organizzazioni sportive che “per una sua scelta di vita, per un atto o un gesto simbolico o concreto di grande significato, un’idea creativa sportivamente e socialmente utile o qualsiasi altra iniziativa in favore dei diritti umani, abbia espresso una visione che merita il riconoscimento e la segnalazione all’opinione pubblica.”

Marchisio, dopo aver lasciato il calcio giocato ai 33 anni, ha cominciato a dedicarsi al mondo degli affari, della finanza, ma anche e sopratutto del giornalismo (in particolare, sul Corriere di Torino), mostrandosi costantemente attento alle più importanti tematiche sociali: una voce di sensibilizzazione fondamentale proveniente dal mondo del calcio, abituato spesso a preferire il silenzio per paura delle reazioni di quei tifosi convinti che i calciatori debbano soltanto allenarsi e giocare delle partite.

In più di un’occasione, l’ex centrocampista si è pronunciato su tematiche fondamentali come immigrazione e diritto di accoglienza, soccorsi in mare, omofobia, revenge porn, violenza sulle donne e così via, mostrando un punto di vista diverso, più critico. Anche a costo, come accaduto in passato, di inimicarsi vari tifosi, compresi quelli che lo hanno sostenuto per anni con la maglia della Juventus. Negli scorsi anni, il premio era stato riconosciuto al Pescara calcio e Pietro Aradori.

“In un mondo del calcio spesso impermeabile ai temi legati ai diritti, Claudio Marchisio – da calciatore prima e da opinionista oggi – non ha mai girato lo sguardo dall’altra parte, esprimendo con chiarezza il suo pensiero su temi sensibili. Utilizzando i social come strumento di comunicazione, la parola dunque come veicolo di messaggi e di sensibilizzazione, ha richiamato l’attenzione di tifosi e appassionati sulle tragedie in mare legate ai flussi migratori, sul rispetto dei diritti umani e sul ruolo del calcio come portatore di valori, non retrocedendo di fronte ai seminatori d’odio che pure affollano la platea dei social”.

Sono stati menzionati anche la società di rugby Zebre Rugby Club di Parma e la pallavolista Lara Lugli:

“Zebre Rugby Club è una squadra consapevole del proprio ruolo pubblico, pronta a schierarsi in favore dei diritti e per l’inclusione. Non ha sorpreso affatto quindi, dopo il calendario contro l’omofobia e altre iniziative solidali, l’adesione alla campagna “Libertà per Patrick Zaki”, l’esposizione degli striscioni nello stadio Lanfranchi di Parma e l’invito incessante ad aderire all’appello e alla campagna di Amnesty International per la scarcerazione dello studente egiziano dell’Università di Bologna”.

“Lara Lugli è stata citata per danni dalla sua società di pallavolo perché rimasta incinta. La sua denuncia ha spinto la squadra a ritirare la causa ed è servita a illuminare l’assenza di diritti fondamentali per molte atlete e molti atleti. Le sue parole richiamano con forza il mondo dello sport e le istituzioni a provvedimenti urgenti per assicurare agli sportivi gli stessi diritti garantiti ad altre lavoratrici e lavoratori. Un atto di coraggio per la conquista di diritti per tutte le ‘Lara Lugli’ dello sport italiano”.