Lo scorso fine settimana la Juventus Women, la squadra femminile guidata da Rita Guarino, ha battuto al campo “Ale e Ricky” (dedicato ai diciassettenni Alessio Ferramosca e Riccardo Neri che annegarono in un laghetto nei pressi del centro sportivo di Vinovo mentre tentavano di recuperare alcuni palloni) il Napoli Femminile con le reti di Girelli e Bonansea e concluso un cammino da autentica schiacciasassi.
Eh sì, perchè alle piemontesi è bastato vincere al terzultimo turno per suggellare un campionato dominato in lungo e in largo: 20 vittorie su 20 gare disputate, 69 gol fatti (miglior attacco della Serie A Femminile) e soli 10 gol subiti (migliore difesa della Serie A Femminile con i suoi 12 clean sheet), questi sono i numeri che portano la Vecchia Signora a conseguire il suo quarto scudetto di fila, diventando il secondo club a laurearsi Campione d’Italia per quattro anni di fila dopo la storica Torres, che ci riuscì tra il 2010 e il 2013.
La squadra della Guarino ha ottenuto questo storico risultato con un undici pressochè rodato e collaudato: Laura Giuliani in porta, difesa a quattro con Matilde Lundorf a spingere sulla destra e Lisa Boattin a spingere sulla sinistra, due centrali di sicuro affidamento come il capitano Sara Gama e Cecilia Salvai, centrocampo anch’esso a quattro con la brasiliana Maria Alves sulla destra, l’estro di Barbara Bonansea sulla sinistra e due mediane come l’ex giovane promessa (e ora giocatrice fondamentale) Arianna Caruso e il solito motorino instancabile Martina Rosucci, il tutto condito da un attacco micidiale composto dalla ceca Andrea Stašková e da Cristiana Girelli, capocannoniera del torneo con le sue 21 reti.
Eppure la squadra bianconera ha avuto i suoi momenti di difficoltà, come le vittorie in rimonta nel girone di andata contro Florentia e Napoli, ma ha avuto sempre la forza di rialzarsi e far volgere i risultati a proprio favore, grazie anche a una panchina lunga e di qualità, che ha visto giocatrici come Linda Sembrandt, Aurora Galli, Valentina Cernoia, Annahita Zamanian e Lina Hurtig fare la differenza nei confronti delle avversarie. Questo almeno in Italia.
Purtroppo la stagione della Juventus ha due nei, uno più piccolo e uno a mio avviso più grande: il primo neo riguarda l’eliminazione ai sedicesimi di finale dalla UEFA Womens’ Champions League. È vero che l’urna ti aveva punito assegnandoti come avversario il più duro in assoluto, ovvero il Lione che ha dominato in Europa negli ultimi cinque anni, ma nella gara di andata avevi comunque fermato il risultato sul 2-3 per le ospiti e questo aveva dato un barlume di speranza per il ritorno: questo barlume però si è spento sotto i colpi di Melvine Malard, Janice Cayman e Dzsenifer Marozsán che hanno fissato il risultato su un 3-0 senza appello. Vedremo ora cosa succederà con la nuova formula della Women’s Champions League e se le bianconere avranno più possibilità di andare avanti nella competizione europea.
Il neo più grande a mio avviso è però quello della Coppa Italia Femminile, competizione assolutamente alla portata delle juventine: dopo le nette vittorie in trasferta contro Pink Bari e Pomigliano era arrivato il doppio confronto contro l’Empoli, che aveva visto la squadra toscana sfiorare l’impresa in casa con un rocambolesco 4-5 per poi perdere nettamente a Vinovo con un 5-0 senza appello. La doppia semifinale contro la Roma di Betty Bavagnoli ha però avuto un esito infausto per la Juve: prima la sconfitta di misura nella capitale con le reti di Serturini e Thomas (intervallate dalla rete di Hurtig per il momentaneo pareggio) e poi la vittoria, inutile ai fini dell’approdo in finale, con le reti di Pedersen, Girelli e Gama che hanno risposto alle marcature di Thomas e Lazaro ma che non hanno permesso alla squadra di casa di giocarsi il trofeo contro il Milan, la squadra con cui le bianconere hanno lottato quest’anno per conquistarsi lo scudetto.
Certo, bisogna aggiungere che la Juventus è riuscita quest’anno a portarsi a casa anche la Supercoppa Femminile, battendo la Fiorentina con un risultato all’inglese figlio della doppietta di una scatenata Barbara Bonansea, ma mai come quest’anno si è avuta la sensazione di una squadra troppo forte per il campionato italiano, come se giocasse quasi un campionato a parte, e troppo debole invece per la vetrina europea. Vediamo se il fascino del brand e il professionismo porterà la Vecchia Signora a essere più appetibile per le grandi campionesse (italiane e non) e se altri giovani talenti vestiranno la maglia bianconera per portarla a nuovi successi. Il futuro (juventino e di tutto il calcio femminile) è tutto da scrivere.