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Il crollo del WBA, la prima retrocessione della carriera: come nasce la peggior stagione di Allardyce

Arrivato a dicembre per sostituire l’esonerato Bilić, Sam Allardyce si era presentato come l’ultima speranza dei tifosi del West Bromwich Albion in ottica salvezza. Non è affatto un’esagerazione dire che i Baggies già a dicembre intravedevano un destino quasi segnato, una stagione che avrebbe potuto riservare ben poche gioie. L’ex tecnico di Everton e Crystal Palace, però, sembrava essere davvero l’uomo giusto e anche noi presentammo Allardyce come un vero e proprio specialista, al limite del consulente, per provare a trascinare verso la salvezza squadre apparentemente condannate. L’esperto allenatore di Dudley, d’altro canto, aveva compiuto in passato imprese clamorose, creando attorno a sé la nomea di tecnico ideale per chi ha bisogno di ritrovare ordine, disciplina e praticità nel proprio gioco, nella misura necessaria per riuscire a ottenere i propri obiettivi.

Allardyce, come scrivemmo, non porta con sé un calcio spettacolare, non promette mai la luna, ma da buon manager inglese capisce bene quali sono i limiti propri e della squadra che si ritrova ad allenare: li accetta, li fa metabolizzare e prova a puntare totalmente su pochi, ma necessari punti di forza. In un calcio sempre più abituato alla velocità e allo spettacolo come quello della Premier League, allenatori come Allardyce rappresentano la memoria storica del gioco di un tempo: dinosauri destinati a essere cancellati dalle novità dei tempi moderni per alcuni, strenui difensori delle tradizioni come pilastri in un mondo veloce e continuo sviluppo per altri.

Al WBA, però, la cura del tecnico inglese non ha funzionato e la sentenza di questa stagione è stata netta, implacabile: retrocessione aritmetica dei Baggies a tre giornate dalla fine. Si sognava una squadra capace di brindare con qualche stoico 0-0 contro giganti come Liverpool, Manchester City o United, e invece è rimasto un progetto incompiuto. È stato l’ennesimo fallimento del WBA, che continua a vivere in questo limbo a cavallo tra Premier League e Championship, ma soprattutto il primo della carriera di Allardyce, tornato indietro dal proprio ritiro durato circa un anno e mezzo proprio per ritrovare la gioia del campo. Ma cosa non ha funzionato stavolta nei suoi metodi di lavoro finora così efficaci?

Troppo poco tempo (e troppe partite assieme) per far valere le sue idee di gioco

È una frase che abbiamo sentito ripetere tante volte in questa stagione: riuscire a lavorare sul campo di allenamento in un’annata così complessa, segnata dai continui episodi e problematiche del Covid-19 (con l’applicazione di precisi protocolli) e un ritmo medio di partite ben più elevato rispetto alle stagioni normali. Insomma, per Allardyce c’è stato troppo poco tempo per lavorare sul modello di gioco con cui ha costruito le fortune della propria carriera: porta inviolata a tutti i costi, non perdere possesso nella propria metà campo, giocare con il primo passaggio in verticale, vincere gli scontri di gioco e transizioni, dominio sui calci piazzati, sfruttare le debolezze avversarie e qualità nella trequarti finale. Per un tecnico così integralista nelle sue idee, dunque, il poco tempo a disposizione per preparare le gare ha sicuramente inciso.

L’impatto di Allardyce, in effetti, è stato quasi nullo, se non addirittura dannoso: nelle prime tre gare, i Baggies hanno subito 19 gol e realizzato 2 reti contro Manchester City, Aston Villa e Arsenal. Il WBA ha cominciato a macinare gioco solo nei mesi successivi, pur senza mai riuscire ad arrivare a quel mix di solidità e praticità che ci si sarebbe attesi di vedere. Ci sono pochi dubbi sul fatto che la squadra oggi sia decisamente più ordinata e incisiva rispetto a quella di inizio stagione, ma resta un livello non sufficiente per colmare il gap creato con le altre squadre. Le colpe di Allardyce non mancano, soprattutto alla luce della sua scarsa capacità di adattamento alle varie contingenze, ma i fattori esterni al campo hanno certamente avuto un ruolo nel rallentare la crescita della squadra.

Un mercato completamente sbagliato in estate, troppo tardivo in inverno

Per far funzionare le proprie idee di gioco, Allardyce ha bisogno di uomini ben specifici e non ci deve sorprendere se l’ex Everton sia normalmente piuttosto pretenzioso con la dirigenza per avere sostegno sul mercato. Il WBA partiva con una rosa decisamente inadeguata per la Premier League, in cui i pochi soldi a disposizione sono stati utilizzati per confermare alcuni giocatori che erano stati protagonisti lo scorso anno in Championship. A gennaio, il The Hawthorns ha visto arrivare diversi volti nuovi come Diagne, Maitland-Niles, Snodgrass e Yokuslu: tutti prestiti di giocatori alla ricerca di maggior spazio o di un’esperienza che permettesse loro di mettersi in mostra. Il loro impatto sulle prestazioni della squadra non è stato affatto secondario, ma per quasi tutto gennaio il WBA è rimasto quasi a secco di arrivi: risultato, un altro mese gettato al vento, con i nuovi acquisti che avrebbero necessitato di altre settimane per ambientarsi e alzare il livello della squadra.

È rimasto comunque un mercato limitato, perché Allardyce sapeva bene di aver bisogno di almeno un centrale di buon livello e un terzino di destra, ma le casse della società non hanno permesso altri arrivi. Il WBA ha dovuto quindi accontentarsi di qualche rinforzo in più, ma era difficile pensare che quella rosa avrebbe potuto fare tanto meglio rispetto a quella della prima parte di stagione. E, in effetti, i mesi successivi hanno confermato questi timori.

Un WBA troppo sprecone

Per un allenatore come Allardyce potrebbe quasi suonare come un’offesa: il suo WBA era più bello che efficace. Tutto sommato, i Baggies hanno offerto prestazioni piacevoli nella seconda parte di stagione, ma la poca cattiveria in fase difensiva e realizzativa hanno fatto gettare al vento punti pesanti in ottica salvezza: contro Fulham, Sheffield United, Newcastle, Brighton e Burnley il WBA non è riuscito a ottenere mai la vittoria, perdendo occasioni ghiotte per accorciare su dirette rivali per la lotta retrocessione. Anche ottime prestazioni come quelle mostrate contro Tottenham, Everton e Manchester United alla fine hanno fatto raccogliere appena un punto. Il 5-2 rifilato al Chelsea di Tuchel, finora l’unica sconfitta del tedesco con i blues, è stato l’emblema di ciò che i baggies avrebbero potuto fare, ma ormai la situazione era sostanzialmente compromessa.

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Francesco Moria