Due giorni fa, il 7 maggio, è scomparso a 86 anni Martín Pando. Un nome che a molti appassionati di calcio probabilmente dirà poco o nulla: ma si tratta del mentore dell’allenatore del River Plate Marcelo Gallardo, il tecnico più in vista del panorama sudamericano in questo momento.
Sul campo
Nato a Buenos Aires nel giorno di Santo Stefano del 1934, Martín Estéban Pando iniziò presto il suo percorso nel calcio. Attaccante sgusciante e di piccola taglia (appena 159 cm), non trovò tuttavia spazio prima del 1955 con la maglia del Platense. La carriera proseguì nell’Argentinos Juniors e in Ecuador nel Mushuc Runa, poi nel River Plate. Nel frattempo aveva debuttato in Nazionale, sulla strada della Rimet ’62 in Cile. Rassegna a cui avrebbe preso parte giocando solo nello 0-0 contro l’Ungheria. Chiuse nel 1967 con il Lanús, contando 11 presenze e 3 gol nella Selección. Il suo gustoso soprannome era <La Radio>, per la tendenza alla parlantina senza sosta nei confronti di avversari e arbitro durante la partita.
Il maestro
Pando entrò come allenatore nelle giovanili del River Plate, guidando varie categorie tra il 1973 e il 1991, con un paio di rarissime puntate sulla panchina della prima squadra in caso di necessità. Qui ebbe la possibilità di formare numerosi futuri protagonisti ad alto livello nel calcio argentino. La lista è lunga e annovera gente come Ramón Díaz, Claudio Caniggia, Hernán Crespo e Marcelo Gallardo. Quest’ultimo è considerato oggi quale il tecnico sudamericano di riferimento, grazie ai molteplici successi alla guida del medesimo sodalizio biancorosso: dal 2014 ha conquistato ben dodici titoli (tra cui due Libertadores), diventando il tecnico più vincente nella gloriosa storia del River.
L’omaggio del Muñeco
L’ex calciatore e allenatore è scomparso giovedì all’età di 86 anni. Proprio Marcelo Gallardo aveva descritto in questo modo il proprio mentore nel 2019, tracciando un profilo che la dice lunga sul ruolo di Pando nella sua formazione calcistica:
“Lo ricorderò sempre. Non ebbi la possibilità di averlo come allenatore per molto tempo, ma è stato ad ogni modo sufficiente. Perché oggi, che sono adulto, posso sapere grazie a lui cosa significa essere formatore e maestro. con quattro palloni e dirigendo tre categorie alla volta, ci ha insegnato come diventare calciatori”.