Uno dei primi stranieri arrivati in Italia alla riapertura delle frontiere, Orlando Pereira era un difensore quotato in Brasile. Lo acquistò l’Udinese nel 1981 e in Friuli disputò un solo campionato. Tanti anni dopo, ancora giovane, trovò la morte per i postumi di un incidente avvenuto in circostanze tuttora avvolte da un alone di mistero.
Terzino di personalità
Difensore di ottimo livello negli anni Settanta, Orlando Pereira – più conosciuto in patria come Orlando Lelé, per il calcio potente come il giocatore anni ’40 Djalma Lelé – è stato compagno di Pelé nelle ultime stagioni al Santos di “O’ Rey”. Nel periodo bianconero fu soprannominato Orlando Amarelo, in quanto “piccolo e giallo” da ragazzo. I successivi passaggi nel Coritiba e nell’América di Rio lo condussero al suo periodo migliore, nella retroguardia del Vasco da Gama. Arrivò pure a vestire per sei volte i colori della Seleção. Sapeva saltare l’uomo, ma all’agilità abbinava una certa dose di cattiveria agonistica e personalità. Un cocktail che, appunto, gli portò una buona popolarità. Quando arrivò in Italia, all’Udinese, era il 1981. In Friuli disputò il suo unico campionato italiano (ed europeo) della carriera giocando 23 partite. Classe 1949, Orlando appende le scarpe al chiodo proprio a Udine: la barba folta che porta all’epoca e i lineamenti duri disegnano un uomo forse più maturo, rispetto ai suoi 33 anni.
L’incidente sospetto
Il motivo trainante di questo articolo non riguarda però la parabola agonistica del protagonista: ci interessiamo al <dopo>. Orlando diventa allenatore e il suo nome riemerge nei primi anni Novanta. Lavora con Goiatuba, Santos, Jabaquara e Portuguesa Santista, finché ritorna al Vasco da Gama nel settore giovanile. Nel 1998 cambia tutto. Orlando Lelé resta vittima di un incidente dai tratti poco chiari: un incidente domestico – una caduta, nella fattispecie – gli provoca la frattura della quinta vertebra cervicale, a quanto pare in seguito a un attacco di labirintite. L’ex calciatore diventa tetraplegico e allettato, può solamente muovere la testa e parlare. Una situazione drammatica, che lo porta alla depressione e alla morte nel giro di pochi mesi per sopraggiunti problemi cardiaci e polmonari. Orlando Pereira muore a 50 anni.
Una verità avvolta nella nebbia
In realtà l’ultimo anno di vita non convince, e così tra chiacchiericcio e leggende metropolitane saltano fuori altre versioni circa quell’incidente. Quella più forte e portata avanti nel corso del tempo, riconduce a un selvaggio pestaggio che Orlando avrebbe subito dagli scagnozzi di un politico di Brasilia, la cui moglie si sarebbe intrattenuta con Pereira in una relazione extraconiugale. Una lezione esemplare quindi, per aver offeso l’onore di un uomo molto in vista e – a quanto pare – senza scrupoli. Alcuna conferma ufficiale, ovviamente. Però due giornalisti brasiliani, Bruno Doro e Vanderlei Lima, hanno deciso di andare a fondo alla faccenda solo alcuni mesi fa. Per tracciare una volta per tutte le linee mancanti a questa storia.
Le tessere mancanti
I due giornalisti, che hanno pubblicato la loro indagine sul portale UOL Sport, sono andati alla ricerca della verità passando tra interviste, indizi, piste, testimonianze contraddittorie. Condotto con la forza in un luogo e pestato? Pedinato e poi assalito? Aggredito nel bagno di un ristorante? L’unico filo conduttore di queste versioni sembra essere la presenza di uomini poco raccomandabili, esecutori della vendetta di un marito tradito. L’unica cosa da fare, per stabilire la dinamica dei fatti, era raggiungere la vedova di Orlando: il quale lasciò Sueli e i figli Orlando junior (oggi 39 anni), e le gemelle Roberta e Renata (42). Ma prima di lei, Doro e Lima si imbattono nell’ex calciatore (e cognato di Sueli) Osmar Alves Filho “Marinho”, il quale fa da tramite per arrivare alla moglie di Pereira. “Il fatto che gli avessero fatto del male è sempre stato nell’aria. Però non abbiamo mai avuto luoghi o nomi coinvolti nella vicenda“.
La vedova
Marinho procura il numero di telefono di Sueli. A quel punto, per i due giornalisti si tratta di trovare il modo giusto per affrontare il discorso con la vedova di Orlando. Argomenti delicati, ferite mai rimarginate: “Avremmo festeggiato 50 anni di matrimonio. Orlando era un marito e padre meraviglioso. Ma poi smise di essere tranquillo“. Il riferimento è alle tante scappatelle attribuite al coniuge: “So esattamente ciò che sapete voi, ovvero nulla di chiaro. Abbiamo sentito in questi anni un sacco di cose attorno all’ultimo periodo di vita di mio marito. Quando ebbe quei problemi di salute, io per prima mi focalizzai sul suo recupero, sugli interventi chirurgici. Non abbiamo continuato a scavare per sapere cosa fosse successo… volevamo solo che le cose si rimettessero a posto. Quando è morto, il tormento per la verità è scomparso con lui. E poi… Per dare ascolto a questa o a quella versione?“.
L’ultima testimonianza decisiva
Ma come nei misteri più fitti, la nebbia non accenna a diradarsi per la testimonianza di José Benjamin Barbosa, vicepresidente del Goiatuba quando Orlando lavorò lì come allenatore: “Un donnaiolo? Sì, e Sueli lo scoprì. Saltò fuori che non corrispondeva alla moglie il mantenimento per i figli” e per questo l’ex calciatore fu arrestato nel 1997, quando allenava la Vila Nova di Goiás. L’ultima parola, quella che sembrerebbe mettere fine alle speculazioni su Orlando, è del presidente del Gama Antônio Alves do Nascimento Neto, a contatto con l’ex terzino nel momento cruciale della sua vita: “Fu onorato per il centenario del Vasco da Gama e si presentò con una donna, che non era sua moglie. Trascorsero alcuni giorni insieme e, in albergo, una notte dopo un’ubriacatura, Orlando andò in bagno. La sua vera mania era quella di chiudersi sempre a chiave. Cadde, sbattendo la testa contro il bidet e non riuscì a chiamare aiuto. La donna, allarmata, chiamò i vigili del fuoco e lì scoprirono Orlando dopo l’incidente, da cui iniziò la sua personale tragedia“. I ritardi nei soccorsi furono devastanti. L’ultimo testimone conferma che, inoltre, Orlando avesse avuto un figlio da un’altra donna. Una verità clamorosa, su cui ora probabilmente non si tornerà sopra dopo malelingue e ipotesi. Riposa in pace, Orlando Lelé.