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EUROTONFI – #25: tonfo di fine estate per la prima Roma americana

Copyright MondoSportivo.it/ Alex Milone

Seconda competizione europea per club, per un decennio la Coppa UEFA ha avuto le sembianze della Coppa Italia: 8 vittorie, 10 finali, 4 “derby” in finale tra l’89 e il ’99 per il calcio tricolore, che in Coppa UEFA sprigionava lo strapotere di un Campionato all’epoca saldamente ai vertici del calcio continentale.
Nel nuovo Millennio, però, questo feeling si è bruscamente interrotto: da doppione della Coppa Italia, la Coppa UEFA si è tramutata in genitrice di amarezze e cocenti delusioni, che ci apprestiamo a raccontare nella speranza di vedere presto interrotto un digiuno divenuto oramai ventennale. 

Il 2011 è ricordato, negli annali giallorossi, come quello dell’arrivo degli americani: si concretizza infatti in estate l’ingresso nell’azionariato capitolino della cordata capeggiata da Thomas Di Benedetto. I proclami, come molto spesso accade nel mondo dello sport, sono importati; la prima annata a stelle e strisce sarà però condita da più bassi che alti per i giallorossi. In Campionato la Roma risulterà troppo claudicante per poter essere anche competitiva, ma è in Europa che si concretizza una storica figuraccia: i Capitolini, infatti, sbattono nel playoff di Europa League agostano contro i non irresistibili slovacchi dello Slovan Bratislava.

LA SQUADRA: ROMA
La rivoluzione che coinvolge/stravolge la Roma non si limita agli assetti dirigenziali ma impatta anche roster e panchina dei giallorossi: su quest’ultima si siede infatti Luis Enrique, che all’epoca è ben lontano dall’essere il tecnico capace di arrivare alla guida della Roja avendo invece il profilo di un intrigante giovane tecnico che, forse spinti dall’esempio di Guardiola, i giallorossi si accaparrano dalla panchina del Barcellona B.

Porte scorrevoli con riferimento alla rosa, che coinvolgono anche giocatori importati del precedente lustro giallorosso: lasciano Trigoria Júlio Sergio, Doni, Mexès e Riise senza che i giallorossi registrino plusvalenze rilevanti. Più remunerativa, per quanto dolorosa, la cessione di Mirko Vučinić alla Juventus che su di lui conta per aprire il ciclo di successi targato Antonio Conte (15 milioni di euro circa alla Roma); Roma, e l’Italia, la lascia anche l’eterno incompiuto Ménez che per 8 milioni di euro si aggrega a un Paris Saint-German ancora distante anni luce dal rango attuale di super-potenza del calcio mondiale.

Pirotecnico il mercato in entrata: Marco Borriello e Bojan Krkić cercano riscatto dopo delle annate in chiaroscuro con Milan e Barcellona, mentre tra i tanti talenti portati a Trigoria citiamo Pjanić dall’Olimpique Lione ed Erik Lamela dal River Plate. Linfa nuova la apportano anche Pablo Osvaldo e Simon Kjær,  mentre Gabriel Heinze, Fernando Gago e Marten Stelekenburg completano una campagna acquista numericamente molto corposa.

Con una proprietà e una rosa nuovi di zecca c’è tanto entusiasmo a Roma, anche per la speranza che Luis Enrique possa replicare (anche in piccolo) quanto proposto da Guardiola a Barcellona; la sfida è sicuramente impegnativa per il tecnico catalano, che con un roster fortemente rivoluzionato ha alcuni punti di riferimento nella vecchia guardia, rappresentata da Totti, De Rossi, Perrotta e Pizarro.

Con l’inizio del Campionato spostato a settembre, i primi impegni ufficiali della Roma americana sono rappresentati dal playoff di Europa League che vede i giallorossi opposti agli slovacchi dello Slovan Bratislava: sulla carta, una formalità.

LA SQUADRA: SLOVAN BRATISLAVA
Squadra più titolata del calcio slovacco, lo Slovan Bratislava che si presenta ai nastri di partenza della stagione 2011/2012 è (per la 6/a volta nella propria storia) chiamato a difendere il titolo. Alla guida dei biancocelesti c’è una vecchia e amara conoscenza del calcio italiano, quel Vladimir Weiss che con con la Slovacchia detronizzò nel 2010 l’Italia Campione del Mondo ai Mondiali sudafricano. Il tecnico slovacco conduce congiuntamente il doppio incarico proprio a partire dalla stagione 2011/2012, e guida un organico nel quale gli elementi più interessanti sono i centravanti Jurai Halenar e Mirko Šebo, e i due fantasisti Igor Žofčák e Marko Milinković.

Differentemente dalla Roma, lo Slovan Bratislava arriva all’appuntamento di fine agosto ampiamente rodato da una stagione avviatasi da un pezzo. Gli slovacchi infatti hanno già nelle gambe cinque giornate di un Campionato che li vede primi con 12 punti su 15; sul versante europeo in qualità di Campioni di Slovacchia i ragazzi di Weiss sono ammessi in Champions League ma dopo aver eliminato i kazaki del Tobol Kostanay sbattono sull’APOEL Nicosia (0-0 in casa, 0-2 a Cipro) retrocedendo quindi in Europa League.

LA DOPPIA SFIDA
C’è molta curiosità per la prima Roma di Luis Enrique che, però, tra ritardi di preparazione dovuti al Mondiale e necessità di oliare alcuni meccanismi si presenta a Bratislava in veste parecchio rimaneggiata: senza molti big l’undici scelto dal tecnico spagnolo vede Cassetti e Burdisso agire da centrali, il giovane Viviani destreggiarsi tra Brighi e Fábio Simplicio e in attacco un tridente composto da Bojan, Okaka e Caprari.

Totti, Perrotta e Borriello partono dalla panchina, ma l’impressione che dà la Roma nella prima frazione è quella che l’apporto dei tre quotati panchinari possa non essere necessario. Il primo tempo parla infatti di una Roma che tiene saldamente le redini dell’incontro in mano, sfiorando a più riprese il gol (in particolare con Caprari) nonostante i non eccelsi ritmi di gioco e la squadra devota al possesso del pallone.

I giallorossi sembrano poter fare propria la contesa, ma nel secondo tempo la stanchezza comincia inesorabilmente a fare capolino e lo Slovan, sornione, prende coraggio; i locali sono anche aiutati dalla dea bendata, che poco dopo l’ora di gioco soffia via sul palo un bel destro di Caprari sul quale apparentemente Putnocký è battuto. Entrano in campo Totti, Perrotta e Borriello, ma il gol incredibilmente lo trovano i locali: corre il minuto 80 quando su calcio d’angolo in favore dello Slovan Dobrotka stacca di testa sul primo palo inchiodando Stekelenburg e scrivendo il gol dell’1-0 al quale i giallorossi non riescono a replicare.

Nel tripudio degli oltre 10 mila del Pasienky lo Slovan di Weiss si porta a casa un 1-0 di platino che, però, a detta di addetti ai lavori e non la Roma ha le carte in regola per ribaltare sette giorno dopo all’Olimpico.

La settimana successiva, in uno Stadio Olimpico che risponde alla grande per un playoff di Europa League contro una squadra dal blasone non eccelso, Roma e Slovan Bratislava si affrontano nella gara che assegna il pass per la Fase a Gironi di Europa League. Torna Totti nell’undici titolare, affiancato ai lati dell’attacco da Caprari e Bojan; Perrotta trova posto da interno di centrocampo, mentre in difesa confermati Cassetti e Burdisso centrali. Lo Slovan adotta un abbottonato 4-5-1 nel quale Sebo è il riferimento offensivo, mentre Milinković è comprensibilmente sacrificato in favore di una maggiore copertura.

Dieci minuti e la Roma porta la contesa in parità, a livello aggregato: di Perrotta il primo gol ufficiale dell’era Luis Enrique, con il centrocampista barese bravo a sbucare sul secondo palo infilando il pallone sotto le gambe di Putnocký. Sembra poter essere l’abbrivio di una notte da ricordare, ma vuoi per il caldo agostano e la condizione atletica ancora non ottimale, o per la filosofia di gioco di Luis Enrique, la Roma non è arrembante; i giallorossi non mettono alle corde lo Slovan, pur creando un paio di buone occasione non tramutate in gol dagli avanti giallorossi.

Nel secondo tempo il copione non cambia, anche se come all’andata l’autonomia dei giallorossi non è di 90 minuti; José Angel e Caprari sprecano due palle gol clamorose per regalare la qualificazione ai giallorossi, che tengono aperta la partita a oltranza. A un quarto d’ora dalla fine Luis Enrique sostituisce Totti con Okaka e per la Roma, gradualmente in debito di ossigeno, la luce si spegne; i giallorossi il gol non lo trovano e, ancora una volta a dieci minuti dalla fine, anzi incassano la rete ospite. Di Štepanovský il gol dello Slovan, a castigare una Roma lunga sul terreno di gioco e male organizzata nella fase difensiva: proprio Štepanovský innesca la corsa di Guedè sulla sinistra, ed è il più bravo a fiondarsi sul pallone infilandolo sul secondo palo quando il traversone basso del numero 19 ospite viene spazzato solo in parte dalla terza linea Capitolina.

L’1-1 fa calare un gelo surreale sull’Olimpico: la Roma deve trovare due reti in una dozzina di minuti, ma non va oltre la colossale palla gol sciupata da Bojan, l’ennesima cestinata dalla Roma. All’Olimpico termina 1-1, in Europa League ci va lo Slovan. Peggio di così, l’avventura di Luis Enrique, non poteva comininciare.

…E POI?
L’avventura Capitolina di Luis Enrique, cominciata con questo passo falso, sarà da dimenticare da ambo le parti. Il tecnico catalano, portatore di un’idea di gioco vicina alla cultura calcistica spagnola, non riuscirà mai a conciliare il proprio credo con il materiale tecnico a disposizione e con un Campionato italiano culturalmente molto lontano dall’idea di calcio poc’anzi menzionata. Ne scaturisce una squadra volenterosa e a tratti affascinante, ma decisamente poco equilibrata e troppo fragile in difesa, incapace di recepire del tutto i dettami di un allenatore sempre meno saldo sulla panchina giallorossa: la stagione è da incubo per i giallorossi, che a fronte di qualche grande partita incassano una quantità esorbitante di sconfitte e di reti. Il 7/o posto finale non racconta a pieno le montagne russe che caratterizzano la stagione romanista di Luis Enrique, che a fine stagione saluta Roma e la Roma; il tecnico catalano troverà maggior fortuna in Spagna, dove dopo l’ottima stagione al Celta Vigo si guadagnerà la guida de Barcellona prima e della Nazionale Spagnola poi.

Lo Slovan Bratislava, incredibilmente, si trova tra le mani un pass per la Fase a Gruppi di Europa League che, già da solo, rappresenta un grande traguardo per Weiss e i suoi ragazzi. Il girone, come pronosticabile, è improbo per gli slovacchi: con Paris Saint-Germain, Salisburgo e Athletic Bilbao i biancocelesti riescono a raccimolare un solo punticino (0-0 casalingo con il Paris), comunque decisivo per eliminare i francesi in vaore di austriaci e spagnoli. In patria, al contrario, dopo lo sfavillante avvio di stagione lo Slovan non riuscirà a confermarsi sullo scranno più alto di Slovacchia dovendo abdicare in favore dello Žilina.

L’Europa League 2011/2012 la alza al cielo l’Atletico Madrid del Cholo Simeone nella finale tutta spagnola contro l’Athletic Bilbaco, battuto 3-0 in Finale; da dimenticare la seconda competizione europea per le italiane, con Roma e Palermo eliminate in estate. La Lazio si arrende ai Sedicesimi di Finale all’Atletico Madrid, mentre ben figura l’Udinese di Guidolin che si arrende solamente agli Ottavi all’AZ Alkmaar.

EUROTONFI – L’Italia e la Coppa UEFA: ci eravamo tanto amati