L’atleta Kudin sarà estradato in Bielorussia e ora i suoi diritti sono a rischio
Della storia di Alexey Kudin, campione del mondo di kickboxing e thai boxe e ancora attivo nella MMA, ve ne avevamo parlato già nei mesi precedenti, anche attraverso le parole della moglie. Dopo aver partecipato a una protesta pacifica dello scorso agosto a Molodechno, per manifestare contro i brogli elettorali avvenuti durante la rielezione di Lulaschenko ed essere stato inizialmente messo ai domiciliari in Belarus, l’atleta era fuggito dal Paese per evitare il processo e per provare a ottenere altrove asilo politico, ma lo scorso gennaio era stato arrestato e incarcerato in Russia.
L’accusa attuale è quella di “resistenza a un agente di polizia o a un’altra persona che protegge l’ordine pubblico” e le autorità Bielorusse ne avevano già richiesto l’estradizione: un rischio enorme, visto che le forze dell’ordine bielorusse, secondo l’amico Vadim Kyrniala (manager nel campo delle arti marziali e combattente delle forze speciali della legione francese) avrebbero già promesso di vendicarsi facendo uso della forza, al di fuori di ogni norma di legge.
La comunità sportiva bielorussa si era subito unita per inviare una lettera, firmata da 322 personaggi del mondo dello sport, in difesa di Kudin al Procuratore Generale della Federazione Russa per chiedere la sospensione dell’estradizione. Ma al momento lo sforzo sembra essere stato inutile: secondo le ultime fonti, l’atleta avrebbe già ricevuto la documentazione sull’ormai prossima e inevitabile estradizione in Belarus. Gli avvocati di Kudin si sono già dichiarato contrari all’estradizione e sarebbero pronti a portare il caso del combattente davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani, nella speranza di poter ottenere la necessaria tutela a livello internazionale, laddove la giustizia interna non sarebbe evidentemente in grado di svolgersi nella regolarità.
Un’estradizione dell’atleta in Belarus, al momento, significa privarlo di qualsiasi diritto all’equo processo e a non subire torture e trattamenti inumani e degradanti, mettendo a rischio la sua salute fisica e mentale ma anche la possibilità di ottenere giustizia. Nella Belarus di Lukashenko, dove si trovano attualmente in carcere 360 prigionieri politici, Kudin rischia di essere l’ennesimo cittadino contrario all’attuale Governo a pagare sulla propria pelle l’aver liberamente espresso il proprio dissenso.