Le “wild card” della nuova Champions League faranno riemergere il problema della meritocrazia
Concluse le 48 ore più assurde, frenetiche, imprevedibili della storia recente del calcio con la vicenda SuperLeague, è già ora di guardarsi avanti. Mentre sui social e nelle interviste tifosi, politici, rappresentanti di organizzazioni e federazioni dicevano la propria, sostenendo o tentando di annientare l’idea della nuova competizione targata Florentino Perez, lunedì l’UEFA ha rispettato la propria scaletta, approvando all’unanimità la nuova formula della Champions League che dovrebbe prendere il via dal 2024, sebbene le ultime voci parlino di un potenziale avvio anticipato. Il sistema è complessivamente già noto: 36 squadre partecipanti in un unico girone, con minimo 10 partite da disputarsi per ogni società, con le prime 8 classificate che si qualificheranno agli ottavi, dalla 9a alla 24a posizione ci si qualificherà per un playoff andata e ritorno per accedere al turno successivo e le ultime 12 saranno direttamente eliminate.
Una delle novità più importanti riguarderà le modalità di accesso al torneo. Il sistema rimarrà complessivamente basato sul piazzamento in campionato, ma l’UEFA ha previsto che, tra le 36 partecipanti, due società potranno accedere attraverso delle “wild card”: inviti in grado di permettere l’accesso di due società che non sono riuscite a qualificarsi direttamente per la fase a gironi di Champions League, ma si sarebbero qualificate per Europa League o Conference League (in Italia, dunque, arrivate tra il quinto e il settimo posto oppure vincenti della Coppa Italia). Queste wild card si baseranno sulla posizione nel ranking e sui risultati degli ultimi 5 anni, permettendo così la partecipazione di società che hanno fatto bene negli ultimi anni in Europa, ma hanno semplicemente vissuto una stagione negativa in campionato.
Si tratta di una norma perfettamente in linea con le idee dell’ECA, o quantomeno del suo ormai ex presidente Andrea Agnelli, che lo scorso anno fece capire quale sarebbe stata la futura direzione delle competizioni internazionali: “Ho la massima ammirazione per quanto ha fatto l’Atalanta. Ma senza una storia europea, grazie solo ad una grande prestazione l’anno scorso, ha avuto immediato accesso alla competizione europea. E’ giusto o non e giusto? Penso per esempio alla Roma, che ha contribuito parecchio nelle passate stagioni a difendere il ranking dell’Italia. Lo scorso anno ha avuto una brutta stagione ed è fuori! Con gravi ripercussioni economiche”.
Tradotto, se una grande del calcio europeo vive una stagione negativa in campionato, sarà comunque potenzialmente invitabile alla nuova Champions League, purché conquisti in qualche modo l’accesso alle altre competizioni europee. Per fare degli esempi concreti, in Inghilterra quest’anno si sarebbe potuta vivere una situazione particolarmente chiara. Al momento, se finisse oggi la premier League, sarebbero qualificate in Champions League Leicester City e Chelsea, con West Ham, Liverpool e Tottenham costrette a giocare in Europa League e Conference League. Reds e Spurs, però, sarebbero a quel punto potenziali candidate a ricevere delle wild card: i primi risultano noni nella classifica dei coefficienti UEFA, i secondi quattordicesimi. Per paradosso, il West Ham, pur avendo fatto meglio in campionato, rimarrebbe costretto a giocare in Europa League, mentre squadre arrivate indietro in classifica potrebbero puntare alla massima competizione europea.
Chiariamo subito: questo sistema è decisamente più meritocratico rispetto a quello semichiuso della SuperLeague, che non prevedeva nemmeno una valutazione nel tempo dell’esistenza dei presupposti per potervi partecipare come ospiti fissi (problema particolarmente rilevato per squadre come l’Arsenal, per esempio). La questione della meritocrazia, però, rischierà di riemergere in futuro, anche se resta da capire con che forza: da tifosi, saremo disposti ad accettare che una squadra arrivata dietro in classifica venga comunque invitata in Champions League sulla base di quanto fatto negli anni precedenti?
In linea di massima, è chiaramente una via di mezzo tra un sistema quasi totalmente meritocratico come quello attuale e la volontà di garantire alle grandi del calcio mondiale una certa continuità che eviti gravi problemi finanziari, anche per le questioni legate ai diritti televisivi. Ma sappiamo tutti bene quale clima di sospetti e costante senso di ingiustizia attraversi il calcio, anche nostrano. E le magliette del Leeds che invitano i giocatori del Liverpool a “guadagnarsi” la Champions League saranno ancora un discorso valido?
La questione è che, prima che cominci questa nuova Champions League, dovremo chiarire cosa intendiamo per meritocrazia e che sistema vogliamo davvero. Per evitare che, al momento del dunque, si evitino nuove polemiche nello stile di questi, irrequieti giorni. L’UEFA, per il momento, non si pone il problema e forse mai dovrà farlo per davvero. In fondo, una delle grandi differenze emerse in questi giorni tra i dirigenti UEFA e quelli della SuperLeague è stata proprio la comunicazione e la capacità di farci accettare i cambiamenti. E, in questi anni, abbiamo dimostrato di poter digerire davvero qualsiasi novità, anche la più ingiusta, nel silenzio totale di politica ed esperti, gli stessi che si sono accesi negli animi in queste ore per la proposta della Super Lega. Scene che, per altre proposte targate UEFA o FIFA, difficilmente rivedremo con la stessa intensità.