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Swansea, sette giorni senza social contro il razzismo

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Era il 25 maggio 2020, in pieno inizio di pandemia e con il calcio quasi del tutto fermo ancora, quando George Floyd moriva, scatenando le proteste anti-razziste in ogni campo, anche nello sport. I primi a protestare erano stati i giocatori dell’NBA, dell’MLS, dell’NFL, della Premier League e della Bundesliga più europee con il loro pugno al cielo e le ginocchia piegate. Man mano si sono poi aggiunti altri sportivi, perfino arbitri.

Un gesto semplice che avrebbe dovuto scuotere le coscienze anche di chi vivesse solo di sport, ignorando magari il mondo esterno. Tuttavia nella maggior parte dei casi ha generato malumori di chi pensa che gli sportivi si debbano dedicare solo al proprio lavoro, come se vivessero in un videogioco progettati solo per giocare. E i risultati si sono visti in questi mesi, durante i quali non è cambiato nulla, o quasi. L’unica cosa che è cambiata è stato il coraggio di denunciare degli atleti.

ENOUGH IS ENOUGH

Grazie a queste denunce qualcosa finalmente si è mosso tra i club e proprio ieri il Sweansea City, squadra militante in Championship (seconda divisione inglese) ha deciso di prendere una posizione. I gallesi hanno deciso, a seguito di insulti e abusi di ogni genere sui social network nei confronti di tre calciatori del club, Jamal Lowe, Ben Cabango e Yan Dhanda. Il primo è un inglese di origine giamaicana, il secondo un gallese di Cardiff e il terzo un inglese di madre inglese e di padre inglese con genitori indiani del Punjab.

Tre elementi della nostra squadra hanno subito abusi nelle ultime settimane e abbiamo voluto prendere questa posizione – spiega lo Swansea nel suo comunicato –. Un nuovo appello per attuare il cambiamento che è necessario ora e per il futuro. È assurdo che si parli ancora di razzismo e abusi di questo tipo. Gli aspetti positivi dei social media sono riconosciuti, ma gli abusi disgustosi e vili a cui assistiamo ogni giorno sono del tutto inaccettabili. Siamo una famiglia e lotteremo sempre fianco a fianco, sia in campo che per aiutare a combattere le ingiustizie. Quando è troppo è troppo.

BOICOTTAGGIO DEI SOCIAL

Lo Swansea ha deciso di mettere il silenziatore ai propri account per 7 giorni, fino al 15 aprile. Rangers e Birmingham non sono rimasti a guardare e si sono schierati con lo stesso metodo, la disattivazione dei social temporaneamente. Tuttavia il club di Glasgow, pur andando a sostegno del boicottaggio delle reti sociali dei calciatori, continuerà comunque a postare sui propri canali ufficiali. Questa presa di posizione mira ad attirare l’attenzione di chi gestisce queste applicazioni e siti, luoghi di incontro per milioni di utenti da ogni parte del mondo.

COME SIAMO MESSI IN ITALIA?

Al momento non ci sono club italiani aderenti a questa campagna, ma ciò non vuol dire che siamo salvi dal problema del razzismo e delle discriminazioni in generale. La vicenda dello Swansea ci riguarda da vicino. Si ricordano le battute infelici e sul calciatore di fantasia Opti Poba e sul calcio femminile di pochi anni fa dell’ex presidente della FIGC, Carlo Tavecchio, e dell’ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Felice Belloli.

Dichiarazioni di Tavecchio durante un suo intervento sulla questione extracomunitari in Serie A: “Le questioni di accoglienza sono un conto, le questioni del gioco sono un altro. L’Inghilterra individua i soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare . Noi, invece, diciamo che Opti Poba è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio. E va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree.

Frase di Belloli durante una riunione della LND, riportata sul verbale della stessa: “Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche…

Se due cariche così importanti si permettono tali dichiarazioni in situazioni pubbliche e ufficiali, cosa ci si può aspettare un malintenzionato che si nasconde dietro a uno schermo, a una tastiera e magari a un profilo falso?

INSULTI A SIMY E OUNAS

Nelle ultime settimane due giocatori del Crotone, Simy e Ounas, sono stati presi di mira da alcuni insulti razzisti. Fortunatamente hanno trovato il coraggio di denunciare, direttamente sulle proprie stories Instagram senza alcuna censura sui nomi. Ciò non per ridicolizzare chi manda questi messaggi deplorevoli, ma proprio perché infastiditi dai continui abusi nei loro confronti. È probabile che questo non sia il primo attacco ricevuto dai due.

Nel caso di Simy il messaggio riguardava il figlio, che dopo il fatto ha guadagnato perfino la cittadinanza onoraria di Crotone. Di seguito il messaggio ricevuto dal’attaccante: “…in Nigeria si deve propagare la peste bubbonica, zingaro di m*rda, godo che tuo figlio muore per cancro al pancreas.

Uno dei tanti pubblicati invece da Ounas recita così: “Speriamo che quando mangi il panino strozzi ah è vero non c’è l’hai il cibo africano di m*rda.

L’OBBIETTIVO DELLO SWANSEA

Silenziare i canali social per 7 giorni non cambierà nulla nell’immediato, soprattutto se ad aderire a questa campagna saranno pochi club. Tuttavia è un chiaro richiamo alle aziende perché si impegnino di più nel controllo di ciò che viene postato nelle proprie app e nei propri siti. Se i club, oltre a Swansea, Rangers, Birmingham, decidessero di chiudere i propri canali social, Twitter, Facebook, Instagram perderebbero una grande fetta di condivisioni e pubblicità, quindi di conseguenza soldi.

Se più società sostenessero la causa, potrebbero veramente cambiare le cose. Le aziende si adeguerebbero alla clientela, come al solito, e si impegnerebbero di più nel contrastare questo tipo di commenti e messaggi, visto che i governi al momento hanno fatto davvero poco. Recentemente un uomo di 46 anni di Modena è stato condannato a 400 ore di lavoro socialmente utile dopo aver scritto su Facebook alcune frasi razziste nei confronti di una famiglia di origine sinti. Una condanna abbastanza lieve per un atto così grave.

Nella vita reale invece la Legge Mancino condanna ogni crimine d’odio con una reclusione fino a un anno. Invece ci si ostina ancora a pensare che un insulto sia meno grave, quando invece il pensiero e il carattere che una persona assume in Internet riflette il pensiero e il carattere della vita reale.

COSA FARE NEL NOSTRO PICCOLO?

Tuttavia non ci sarà mai alcuna legge, alcuna campagna contro il razzismo, che parta dallo Swansea o da altri club, che potranno cambiare veramente il pensiero razzista. Le uniche armi per combattere questi abusi sono l’educazione e la cultura. Bisogna crescere i futuri adulti all’insegna del rispetto, in ogni situazione, anche di fronte a un campo da calcio o a uno schermo. Quando ritorneremo negli stadi e porteremo i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri fratellini, dovremo cercare di tifare in maniera ancor più pulita di prima, facendo attenzione a ciò che gridiamo.