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Bulgaria-Italia, pensando al ’68 e alla morte di Armando Picchi

Oggi a Sofia, per le qualificazioni mondiali, si affronteranno Bulgaria e Italia. Per gli appassionati di calcio vintage e della Nazionale azzurra, riaffiora la partita del 1968 e l’incidente occorso ad Armando Picchi: sarebbe morto tre anni più tardi. Eventi probabilmente collegati, nella breve parabola di un gigante del calcio italiano.

Un fuoriclasse

Armando Picchi, leader difensivo e capitano della grande Inter euromondiale anni Sessanta, ebbe una storia molto difficile con la Nazionale azzurra. Trovò pochissimo spazio nel periodo del suo massimo splendore agonistico, durante la gestione di Edmondo Fabbri. “Mondino” fece altre scelte, pur chiamando con regolarità tutti i suoi compagni di squadra. Dopo il debutto avvenuto nel 1964 contro la Finlandia, gli concesse appena altre due presenze. Per la Coppa Rimet in Inghilterra, fu lasciato addirittura fuori dai 22: dato l’elevato spessore tecnico-caratteriale di Picchi, all’epoca massimo esempio di libero e tra i giocatori italiani più ammirati all’estero, fu un’esclusione clamorosa. Poi la figuraccia rimediata dall’Italia con la Corea del Nord fece il resto e Fabbri perse il posto.

Rilancio

Dopo l’avvicendamento sulla panchina azzurra tra Fabbri e Ferruccio Valcareggi, coadiuvato da Helenio Herrera, la compagine nostrana si trovò ad affrontare le qualificazioni per l’Europeo 1968. Con il parere evidentemente decisivo di Herrera, che poi litigò con Picchi nell’Inter e portò alla partenza del giocatore verso Varese, il calciatore livornese ritornò in Nazionale nel novembre 1966: oltre un anno e mezzo dopo l’ultima apparizione. Fu così che Armando si ritagliò un posto da titolare durante il percorso verso la rassegna continentale, scendendo sempre in campo con la casacca numero 6 sulle spalle. Come detto, nel frattempo era passato al Varese. Una squadra dalle modeste ambizioni dopo il traumatico divorzio dall’Inter, che però gli consente ugualmente di restare in orbita azzurra.

Sofia

L’Italia arriva ai quarti dopo le qualificazioni, un doppio confronto con la Bulgaria che mette in palio uno dei quattro pass per la fase finale da disputarsi nel nostro Paese. Il match d’andata a Sofia, allo stadio Vasil Levski, ha luogo il 6 aprile 1968. Valcareggi schiera: Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Bercellino, Picchi, Domenghini, Juliano, Mazzola, Rivera, Prati. La partita non va nel migliore dei modi e si conclude 3-2 per i padroni di casa, complicando la gara di ritorno. Ma, evento ancora più nefasto, Armando Picchi si infortuna al 24° a causa di una rovinosa caduta dopo un contrasto con Yakimov. Esce in stato confusionale, lascia la squadra in dieci e poi rientra, però inutilmente confinato all’ala: in difesa, il suo posto viene preso da Juliano. In ospedale a Sofia, gli viene riscontrata la frattura del bacino, incidente inusuale, oltre a una leggera commozione cerebrale. Sarà l’ultima delle 12 presenze del calciatore in azzurro e di fatto il crepuscolo della carriera da calciatore.

Il dramma

Comincia in panchina al Livorno, poi nel 1971 viene ingaggiato come allenatore dalla Juventus che ne fa il tecnico più giovane della Serie A. Primi mesi positivi in Italia e in Europa, ma poi un terribile male – un tumore alla colonna vertebrale – rapisce Picchi ad appena 35 anni tra lo sgomento della famiglia e di tutti gli sportivi italiani. Nel 2003 il fratello medico Leo, all’epoca dell’indagine Guariniello sulle morti sospette nel calcio, parlò di cure sbagliate in occasione della frattura al bacino quali possibile innesco del male incurabile. Fa piacere pensare che stasera, sull’erba del Vasil Levski, l’Italia di Mancini avrà dalla sua parte un guerriero invisibile e sorridente: il monumentale Armando Picchi, mito sfortunato del nostro calcio.