Lavrentiy Beria è stato considerato come l’anima nera di Stalin, il quale lo presentò al presidente americano Roosevelt nientemeno quale “il nostro Himmler“. Ma in quell’Unione Sovietica della prima metà del Novecento, Beria era pure legato a quella che si sarebbe rivelata la più importante squadra georgiana di sempre: la Dinamo Tbilisi. Un intreccio poco conosciuto, sicuramente impolverato, tra calcio, storia e politica.
Scalata rapidissima
Lavrentiy Pavlovich Beria – Lavrentij Pavlovič Berija secondo la grafia attuale – nasce in un piccolo paese nell’odierna regione georgiana dell’Abkhazia, a Merkheuli, il 29 marzo 1899. Cresce in una famiglia ortodossa e frequenta l’istituto tecnico nella vicina Sukhumi, prediligendo matematica e scienze. Gli viene dato il soprannome di “detective”, per la curiosa capacità di recuperare oggetti rubati a compagni e insegnanti: tuttavia, più di una voce riportò che in realtà Beria nascondesse tali oggetti, per ingannare le persone facendo credere loro di avere una buona indole. Si avvicina al bolscevismo e la sua scalata vede imprimersi un’accelerata, quando diventa un membro del comitato centrale del partito comunista sovietico negli anni Trenta. Da qui, riesce a ingraziarsi la simpatia di Stalin che dal 1927 teneva in mano le sorti dell’URSS.
Il pallone
Ma facciamo un piccolo salto indietro, per legare un elemento fondamentale che ci permette di raccontare questa storia e inserirla in ambito sportivo. Nel 1924, Beria aveva guidato la repressione nazionalistica a Tbilisi. Venne nominato in seguito a questa operazione capo della “divisione politica segreta” dell’OGPU (Direttorato Politico Combinato di Stato) della Transcaucasia e gli venne conferito l’Ordine della Bandiera Rossa. Un anno dopo, nel 1925, l’appassionato di calcio Lavrentij Beria gioca come centrocampista nella Dinamo Tbilisi: la società dell’odierna Capitale georgiana era stata fondata proprio nel ’25 e Beria ne divenne in breve il massimo referente, sebbene fuori dal campo. In seguito, grazie alla sua scalata al potere, dovette vedere come fumo negli occhi lo Spartak Mosca, sodalizio più centrale – politicamente parlando – all’interno dell’Unione Sovietica. La posizione di Beria nella Dinamo Tbilisi ne fece, di fatto, l’uomo più potente del calcio nazionale.
Profilo agghiacciante
In tal senso, esiste un’agghiacciante descrizione del nostro protagonista, elaborata dallo storico americano Robert Edelman:
“Come se il proprietario dei New York Yankees venisse combinato con il numero uno dell’FBI e gli venissero conferiti i poteri del capo della Gestapo”.
L’anima nera
La carriera di Beria è rapidissima. Stalin ne fa uno dei suoi uomini più fidati, le conseguenze per la popolazione e la storia dell’Unione Sovietica saranno devastanti: ma questa non è la sede adatta per approfondire una pagina così importante e dolorosa. Il 1° marzo 1953 Stalin ha un malore, muore quattro giorni dopo. Beria si attiva immediatamente, affamato di potere, per screditare il leader appena scomparso. La sua parabola sta tuttavia per esaurirsi. Il colpo di stato voluto da Krushev porta all’incriminazione di Lavrentiy Beria per alto tradimento: viene giustiziato il 23 dicembre. Nei decenni seguenti, testimonianze e documenti lo inquadreranno come “l’anima nera” o “l’architetto del terrore” del baffuto dittatore sovietico.
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