A Firenze si cambia pagina di nuovo, anzi si ritorna al punto di partenza. In data odierna Cesare Prandelli ha rassegnato le proprie dimissioni da allenatore della Fiorentina; il suo addio dovrebbe riaprire le porte per un ritorno in panchina di Beppe Iachini, ma la società gigliata non ha ancora comunicato la decisione. In una settimana in cui erano stati altri gli allenatori messi in discussione, la scelta di Prandelli ha lasciato stupore non solo per il gesto, ma soprattutto per la lettera scritta dall’ormai ex tecnico gigliato.
Righe in cui traspare tutta la delusione e l’amarezza di chi ha visto un obiettivo allontanarsi sempre di più. Prandelli era tornato a Firenze carico, con la voglia di rimettersi in gioco tipica di un allenatore reduce da stagioni poco brillanti. Una scommessa rischiosa perché qui aveva lasciato bei ricordi in passato e un’annata disastrosa poteva mettere tutto a repentaglio. Prandelli e i colori viola rappresentano un rapporto oltre l’aspetto professionale: la voglia di far bene non per mera soddisfazione personale, dietro c’è amore profondo nei confronti di questi colori. Così diventa più difficile guidare la squadra perché la sofferenza per la sconfitta è amplificata.
In passato un altro noto sostenitore viola, Emiliano Mondonico, ebbe la fortuna di guidare la Fiorentina: alla domanda di un giornalista sulla mancanza di risultati il Mondo scherzò, sostenendo che da tifoso avrebbe cacciato subito l’allenatore. Mondo ai tempi dell’Albinoleffe disse inoltre che ogni tecnico ha il suo stress: Prandelli purtroppo è stato sopraffatto proprio dall’eccessiva pressione, le redini della squadra sono saltate e si è ritrovato in una realtà diversa da ciò che aspettava, una realtà che non gli apparteneva. Era asincrono, come lui stesso ha evidenziato, il calcio viaggia a una velocità diversa e lui non sembra tenere il passo. Prandelli ha capito quindi di non essere l’uomo giusto per questa Fiorentina; restare in panchina sarebbe stato solo un azzardo per le sorti della società. Capacità di determinare i propri limiti, debolezza e spirito di autocritica riconosciuti da tutti oggi come simbolo di grande signorilità; l’uomo si è fatto da parte e questo addio alla panchina dà l’idea di essere per sempre.
Ora a Firenze ci si interroga su cosa accadrà. La squadra deve difendere il vantaggio dalla zona retrocessione, evitando una serie negative simile a quella di Vincenzo Montella del 2019. Ogni singolo elemento dello spogliatoio è chiamato a un senso di responsabilità. La piazza però guarda già al futuro. Qualsiasi cosa accadrà al termine del campionato, la sensazione e la voglia è quella di una forte rivoluzione su tutti i livelli. I tifosi sono stanchi, chiedono un progetto su cui avere fiducia, una programmazione seria perché fino a oggi si è notata solo confusione.