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Perché non si può parlare di rinascita per Eriksen?

Un anno di Christian Eriksen all’Inter ormai se n’è andato e, nonostante le tante voci di mercato, il giocatore è rimasto in maglia nerazzurra. Questo per il danese è stato un anno duro, caratterizzato da poche occasioni e un ambientamento tutt’altro che facile negli schemi di Antonio Conte. Ora si parla invece di rinascita, di un nuovo Eriksen, però per lui c’è ancora tanto da dimostrare.

IL VERO PROBLEMA DI ERIKSEN

Arrivato in pompa magna, sembrava dovesse essere il tassello mancante del centrocampo dell’Inter, reparto a cui mancava effettivamente un fantasista. In una tattica così organizzata come quella di Conte, perfezionista alla ricerca dell’organizzazione totale, un calciatore libero da schemi sembrerebbe non avere vita facile. Tuttavia non è la realtà dei fatti, visto che nella rosa nerazzurra ci sono vari giocatori che spaziano nei propri movimenti, come Barella, Hakimi o per certi versi Lukaku.

Il tecnico interista prevede nel proprio gioco il controllo della partita al minimo dettaglio, ma non limita di certo il lavoro negli spazi con il pallone. Eriksen, con il suo repertorio, potrebbe benissimo sfoggiare dei bei lanci lunghi o delle aperture improvvise per scatenare degli attacchi veloci, come si è intravisto per esempio nel Derby di Milano. Anzi, lo stesso allenatore probabilmente incoraggia questo tipo di soluzioni per aprire più spazi per la coppia davanti.

Non c’è nemmeno un problema di posizioni, visto che anche da regista davanti alla difesa i risultati sono stati molto simili. Contro la Fiorentina in Coppa Italia, la prima partita nel nuovo ruolo, non ha sicuramente sfigurato, comunque non entusiasmando. I suoi veri problemi sono la sua attitudine a non difendere e a non partecipare alle fasi di transizione assieme ai compagni. In questo modo non rimane solo libero di operare, ma perfino si isola da tutta la formazione.

LE SUE STATISTICHE

Nel suo caso le statistiche hanno avuto una picchiata notevole non solo nei gol e negli assist, ma anche nei contrasti e nelle grandi occasioni create. Nella voce contrasti di SofaScore c’è una media di 0,4 a partita contro quella di Barella di 1,7. Ovviamente questi ultimi è un giocatore diverso, ma pur sempre un centrocampista e compagno diretto di reparto di Eriksen. Solo Romelu Lukaku, un attaccante, ha una media peggiore di lui, con appena 0,3 contrasti a partita. Perfino Lautaro registra una media sorprendente di 0,6 contrasti.

Prendendo in considerazione l’ultima stagione completa (2018/19) con il Tottenham, le partecipazioni ai gol sono passati da 20 (8 gol e 12 assist) in una sola edizione della Premier League, avendo collezionato 35 presenze, ad appena 10 (6 gol e 4 assist) in tutte le competizioni con l’Inter, avendo alle spalle 50 presenze. Andando a guardare i minuti totali, 2.772 nel campionato inglese e 2.143 in Italia, si ottengono rispettivamente le medie di una partecipazione ogni 139 e 214 minuti.

Non solo bonus, dato che il calcio non è fantacalcio, ma è saper costruire azioni funzionali allo scopo. Anche nelle statistiche delle grandi occasioni create la media a partita è calata da 10 a 2. Per un giocatore che dovrebbe inventare azioni nei momenti difficili da solo questi sono numeri preoccupanti. E qui non è colpa dei paletti imposti da Conte, visto che l’Inter, a pari merito con l’Atalanta è la squadra con più occasioni create della Serie A, ben 105 secondo FBref, ossia una media di 3,89 a partita.

SI PUÒ PARLARE DI RINASCITA?

Il gol su punizione in Coppa Italia contro il Milan ha risvegliato le discussioni su Eriksen e qualcuno ha azzardato una rinascita per lui. La vittoria sempre nel derby con i rossoneri e la buona prestazione, ma comunque nella media, del trequartista interista ha esaltato i tifosi. Tuttavia il suo gioco è rimasto quasi invariato.

Nelle ultime cinque, sempre avvalendosi delle statistiche, si può notare come abbia fornito appena due passaggi chiave per creare occasioni, proprio nel derby. Contro Genoa, Parma, Atalanta e Torino non ha quasi per niente inciso, trovando sempre meno minutaggio, andando dalla titolarità nella prima sfida fino ai soli 38 minuti con i granata. L’atteggiamento apparente di Eriksen sembra migliorato, ma i numeri non fanno intravedere grandi rivoluzioni per poter parlare di rinascita.