Perché dobbiamo chiedere scusa a Paola Fraschini
Non ce ne vogliano gli altri organi di informazione dedicati italiani, ma dal 1896 il giornalismo sportivo tricolore ha come stella polare La Gazzetta dello Sport. Un riferimento che unisce sia gli atleti sia chi scrive di sport. Perché, per entrambe le categorie, essere protagonisti nelle rispettive vesti sulla Rosea per un articolo è un piccolo sogno che si realizza.
Paola Fraschini, questo sogno, l’ha realizzato pochi giorni fa. E ha celebrato l’evento con un eloquente post sulla sua pagina ufficiale Facebook, dal testo: “Ho sempre sognato di avere un articolo sulla Gazzetta dello Sport! Eccolo qui“.
E nessuno meglio della 36enne pattinatrice genovese avrebbe meritato tale onore. Il suo palmarès parla chiaro. La Fraschini è una delle atlete italiane più medagliate delle storia, grazie a 7 titoli Mondiali nel pattinaggio artistico a rotelle. Di questi, 6 sono stati conquistati consecutivamente nella specialità “Solo dance senior” tra Friburgo 2009 e Reus 2014, mentre a Novara 2016 si fregiò dell’alloro iridato nella specialità “quartetto“. In aggiunta, poi, vi sono 2 titoli Europei nel 2010 e nel 2011 vinti in coppia con Marco Brogi. Ebbene, dove sta il problema?
Il problema è che questo articolo è arrivato non per una prestazione della Fraschini in una competizione sportiva, ma per le esibizioni (splendide) della stessa che hanno reso ancora più lustro alla canzone “Musica Leggerissima” di Colapesce e Dimartino durante il recente 71/o Festival della Canzone Italiana di Sanremo, tenutosi la scorsa settimana.
E si percepisce una sensazione dolce-amara. Dolce perché finalmente Paola Fraschini può avere quella cassa di risonanza che merita e che permette di far conoscere ai più la disciplina del pattinaggio artistico a rotelle e la sua carriera non solo sportiva ma anche professionale a tutto tondo, in quanto l’atleta ligure si esibisce da 3 anni nel prestigioso Cirque du Soleil, attualmente fermo considerata la situazione pandemica. Amara perché non è possibile che 7 titoli Mondiali non siano stati sufficienti per ottenere a suo tempo un adeguato riflesso mediatico.
Non nascondiamoci dietro un dito. Anche noi, cosiddetti addetti ai lavori, abbiamo conosciuto Paola Fraschini solo perché ha pattinato sul palco dell’Ariston. D’accordo, la spiegazione della manchevolezza è il solito ritornello trito e ritrito: i giornali sportivi non sono ONLUS ma necessitano di profitti e se alla maggior parte della potenziale “clientela” piace esclusivamente il calcio o, al massimo, Formula 1 e MotoGP, non ci si può comportare altrimenti a meno che tutte le redazioni siano permeate da puro masochismo.
Però deve esserci un limite alla “dittatura del mercato”, altrimenti si incorrono in autentiche figuracce come quella che l’intero mondo del giornalismo sportivo (il sottoscritto in primis) ha compiuto nei confronti di Paola Fraschini. E no, non regge neanche la scusa che il pattinaggio artistico a rotelle non sia, a differenza del suo fratello “su ghiaccio”, sport olimpico (per il solito motivo di logistica e di costi, ma quanto sarebbe figo festeggiare medaglie a cinque cerchi non solo nelle rotelle, ma anche nelle freccette o nel Subbuteo).
Quindi, cospargiamoci tutti il capo di cenere e chiediamo scusa a Paola Fraschini. Lo facciamo offrendole virtualmente un mazzo di fiori. Quelli reali glieli avrebbe dovuti offrire Amadeus a Sanremo, ma non l’ha fatto. In questo caso, toccherà a lui rimediare al danno.