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Brutto da vedere, ma cinico: ecco il Manchester United, una potenza che vince senza piacere

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Peggio di così non poteva andare per un’italiana, il Milan nello specifico. Il Manchester United era senza dubbio l’avversaria da evitare in questi ottavi di finale e, invece, ai rossoneri toccherà giocarsi il doppio scontro con i Red Devils, in una gara che in altri tempi eravamo abituati a vedere nelle notti di Champions League. Rossoneri e inglesi si ritrovano così, undici anni dopo dall’ultimo scontro: un doppio ko dell’allora squadra allenata da Leonardo, che perse l’andata 3-2 a San Siro (unica vittoria dello United nella Milano rossonera) e con un netto 4-0 a Old Trafford.

Altri tempi, in cui le due squadre schieravano ancora nomi leggendari come Neville, Ferdinand, Scholes, Rooney, Ronaldinho e Pirlo. In questo decennio ne è passata tanta di acqua sotto i ponti, due storiche giganti del calcio europeo hanno subito un evidente ridimensionamento e oggi si ritrovano ad affrontarsi in un ottavo di finale di Europa League. È una gara che avrebbe meritato di essere giocata più avanti per il suo fascino e il valore delle due squadre e che invece condannerà una delle due a lasciare la seconda coppa europea in anticipo.

Il Manchester United di oggi è altra roba rispetto a quello di dieci anni fa, ma il Milan affronterà i Red Devils nella forma nettamente migliore degli ultimi anni. Gli inglesi sono secondi in classifica in Premier League e sono stati fin qui protagonisti di un campionato decisamente convincente: non abbastanza per poter stare al seguito di un Manchester City in versione schiaccia-sassi, ma ben di più rispetto alle squadre alle spalle costrette a lottare per un posto in Europa il prossimo anno.

La squadra di Solskjær ha avuto un improvviso cambio di marcia dallo scorso gennaio, a partire dall’arrivo di Bruno Fernandes, l’uomo chiave di questa rosa: il portoghese ha cambiato il volto di una squadra che stava parecchio faticando nella precedente stagione, al punto da mettere a rischio la panchina del suo allenatore e aprire alla possibilità dell’ennesimo ribaltone al termine del campionato. Anche il progetto di Solskjær, insomma, stava per morire, diventando così l’ennesimo tentativo fallito di trovare almeno parzialmente un erede di Ferguson. Fino a Fernandes, appunto, perché con l’ex Sporting Lisbona la storia è cambiata, diventando l’esempio di come un acquisto azzeccato possa cambiare l’andamento di una squadra intera.

Il portoghese è diventato l’uomo tutto fare dei Red Devils: è il secondo miglior marcatore e assistman del campionato (15 reti e 10 assisti, dietro rispettivamente solo a Salah e Kane), è un rigorista quasi infallibile, sa battere i calci piazzati, si assume la responsabilità di creare gioco e mostra un’intelligenza tattica unica. Di fatto, sta riuscendo a ripetere a Old Trafford quando fatto allo Sporting Lisbona, con numeri molto simili, ma in un campionato ben più complesso: capacità di adattamento che non tutti possono vantare.

Ma questo United non è ovviamente solo Fernandes. Solskjær può contare su una rosa piuttosto assortita, un buon mix di giovani di talento ma con già parecchia esperienza alle spalle (Wan-Bissaka, McTominay e Rashford, per citarne alcuni) e campioni già affermati e, tra l’altro, pagati anche a peso d’oro. In porta, il tecnico norvegese può contare sul duo più forte d’Inghilterra: De Gea come titolare in campionato, il talentuoso Henderson, riportato a Old Trafford dopo una stagione straordinaria allo Sheffield United, per le coppe. In difesa, si punta sulla qualità di Wan-Bissaka e Shaw sulle fasce e sulla quantità di Lindelof e Maguire in mezzo. La coppia centrale dello United è effettivamente una buona sintesi dei Red Devils: talvolta brutti da vedere, poco eleganti, spesso persino goffi, eppure capaci di garantire buona solidità e fisicità al reparto, garantendo continuità ed efficacia.

A centrocampo, spicca ovviamente il nome di Pogba, un giocatore che, dal suo ritorno in Inghilterra, ha sempre alternato periodi di crisi e anonimato ad altri in cui diventa uomo imprescindibile: non è più il centrocampista appariscente dei tempi della Juventus, ma è più simile alla sua versione da Nazionale, in cui si mette a disposizione per la squadra davanti alla difesa offrendo le sue migliori qualità (grande tecnica, ma anche fisico). Con la presenza al suo fianco di un vero e proprio regista (Fred o, meno di frequente, Matic), il francese è più libero di spaziare in mezzo al campo, garantendo così la sua presenza tanto nella copertura difensiva quanto in fase di attacco. Sulla trequarti ci si sarebbe aspettati di vedere più spesso van de Beek, attesissimo acquisto arrivato dall’Ajax lo scorso anno, ma che Solskjær non ha saputo finora gestire. Al suo posto gioca McTominay, classe ’96 prodotto delle giovanili diventato la chiave dell’equilibrio a centrocampo: sa recuperare palloni, ma anche spaziare nella trequarti offensiva, mostrando anche delle discrete qualità da finalizzatore, in parte dovute a un passato da attaccante.

Infine, nel reparto offensivo Solskjær può puntare sulla freschezza di Rashford che, oltre a essersi dimostrato una personalità straordinaria fuori dal campo, è da anni un altro gioiellino cresciuto diligentemente nelle proprie giovanili. Oggi, però, il numero 10 dei Red Devils non è più il giovane esordiente che sorprendeva tutti: è un attaccante affermato, forse non ancora arrivato al suo massimo, ma pur sempre in grado di offrire tanta corsa e un numero discreto di gol e assist. Una storia simile a quella di Rashford caratterizza un altro gioiellino come Greenwood che, dopo una crescita impetuosa nelle scorse stagioni, sta vivendo quest’anno qualche problema in più per un carattere non sempre maturo e adeguato. Un limite enorme per un ragazzo che, in realtà, aveva mostrato delle potenzialità enormi soprattutto lo scorso anno.

Per il ruolo di punta, i Red Devils hanno due scelte a disposizione: Martial nel ruolo di quello che una volta era definito “Falso nove”, ma il francese sta vivendo una stagione tutto sommato deludente (appena 7 reti e 8 assist in 32 presenze in tutte le competizioni) e ora l’impressione è che al talento ex Monaco sia mancato l’adeguato salto di qualità per diventare effettivamente il fenomeno previsto a inizio carriera; oppure una vecchia conoscenza per il calcio italiano come Cavani che, dopo qualche mese di adattamento, è oggi un riferimento importante per Solskjær, riuscendo ancora a garantire parecchi gol e buon peso offensivo nonostante l’età avanzata.

In definitiva, questo Manchester United è una squadra che fa tanto discutere in Inghilterra: non piace quasi a nessuno per il modo di giocare spesso molto sporco, al punto da trasformare i suoi giocatori in meme (in primis Maguire), solo a fasi alterne bello da vedere, eppure straordinariamente efficace nel portare a casa a ogni costo il risultato. In fondo, ai sedicesimi di finale i Red Devils hanno praticamente chiuso la pratica Real Sociedad già all’andata, mostrandosi manifestamente superiori pur in una gara teoricamente insidiosa. Eppure, è forse questa notevole praticità l’aspetto che avvicina lo United di oggi alla miglior versione degli anni di Ferguson: Solskjær non è certo talentuoso come il suo maestro, ma finora ha saputo portare a casa buoni risultati, salvo l’abbastanza clamorosa eliminazione dai gironi di Champions League a inizio anno. Avversario imprevedibile quello contro cui il Milan, in 180′, dovrà fare i conti: non sono i tempi dei campioni degli anni ’10, ma Manchester United-Milan è sempre una sfida imperdibile.