Venti grandi campioni del tennis, di oggi e del passato: tutti sappiamo chi sono e cosa hanno vinto, ma agli albori delle loro carriere per cosa si contraddistinguevano e quali erano i loro aneddoti più particolari? Oggi il protagonista di questa nostra rubrica che ripercorre la giovane età di questi predestinati è Björn Borg.
Björn nasce in Svezia nel 1956 e inizia a giocare a tennis all’età di sette anni quando suo padre gli regalò una racchetta che ricevette come premio per aver vinto un torneo amatoriale di tennis tavolo. Il suo talento è evidente a tutti fin da subito e già a tredici anni batte facilmente i migliori under18 svedesi. Pur essendo fisicamente gracile, Borg possedeva doti atletiche fuori dal comune e a quindici anni entrò a far parte del team di Coppa Davis sconfiggendo Oddy Parun della Nuova Zelanda.
Borg (che in svedese significa “orso”) divenne famoso per le sue rotazioni che riusciva ad imprimere alla pallina: fu infatti il pioniere dell’attuale top spin che contraddistingue il tennis moderno. Il rovescio a due mani, visto non di buon occhio dagli addetti ai lavori dell’epoca, era tanto inelegante quanto efficace; lo svedese infatti concentrava il suo gioco sulla regolarità e respingeva ogni colpo dell’avversario di turno iniziando a vincere affidandosi alla tenuta fisica e alla costanza nel palleggio, insidie ancor più incisive dal tentare una conclusione vincente.
Impose inoltre standard tecnico-atletici all’epoca sconosciuti e dedicò moltissime ore allo studio della preparazione fisica: la sua solidità mentale delineò i tratti di un campione proiettato nel futuro. Lo svedese faceva tirare le corde della sua racchetta fino a 40 kg, che per i telai tradizionali di allora era una tensione fuori da ogni standard. L’impatto della palla con le corde aveva un suono inconfondibile, molto acuto. Borg dimostrò che si poteva essere forti senza saper giocare bene a tennis: era il numero uno, ma almeno un centinaio di giocatori al mondo colpivano al volo meglio di lui, servivano meglio di lui e avevano un braccio più “virtuoso” del suo. Ma nessuno aveva la sua velocità di spostamento, la sua capacità di concentrazione e la sua stessa resistenza negli incontri-maratona.
L’uomo di ghiaccio però fuori dal campo non seppe resistere alle innumerevoli tentazioni che lo avrebbero portato sulla strada dannata di sesso e droga finendo per vincere molto meno di quello che avrebbe effettivamente meritato. Cercò di fare del tennis la cosa più semplice del mondo, rimando la palla dall’altra parte una volta in più dell’avversario: non un pallettaro, ma uno dei più grandi tennisti della storia. Peccato solo si ritirò proprio all’apice della carriera.
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