L’Italia ha rischiato di restare fuori dalle Olimpiadi
Gli organizzatori delle Olimpiadi di Tokyo, previste per il 2021, hanno pensato di escludere l’Italia. La riforma dello sport, opera del primo governo Conte e poi non non modificata adeguatamente con il Conte-bis, non rispetterebbe l’articolo 27 della Carta Olimpica. Secondo il Comitato olimpico internazionale in questo modo il CONI sarebbe privo della propria autonomia. In termini sportivi gli atleti azzurri potranno comunque partecipare all’evento, ma da indipendenti assieme ai russi e ai bielorussi, coinvolti nello scandalo del doping.
The Olympic Games #Tokyo2020 will be held from 23 July until 8 August 2021.
— #Tokyo2020 (@Tokyo2020) March 30, 2020
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L’esclusione, che verrà ufficializzata il 27 gennaio, era ed è ancora evitabile. Infatti basterebbe riconsegnare i pieni poteri al CONI, ma come al solito la negligenza ha sfavorito il nostro Paese. Non è solo un danno morale per chi non potrà competere con il tricolore sulle spalle. Ma anche economico per tutti i cittadini. Infatti il Cio ha anche sospeso i fondi per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Sarebbe potuto essere una grande opportunità per rilanciare l’economia in ginocchio per colpa della pandemia. È ancora un’opportunità, ma c’è bisogno che il Parlamento si svegli subito.
La colpa ricade proprio su Palazzo Chigi e Montecitorio che non hanno avuto l’accortezza, peccando di presunzione, di evitare questa brutta figura a livello mondiale. Infatti era già da fine 2018 che Thomas Bach, vertice del Cio, aveva avvertito il sottosegretario con delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti. Questi avrebbe dovuto fare attenzione ad alcuni punti della legge che avrebbe destituito CONI servizi. Al suo posto arrivò Sport e Salute per gestire i fondi da elargire alle federazioni.
Da quel momento fino all’agosto 2019 nessuno ebbe la seria preoccupazione di gestire bene la situazione, se non che il CONI avvertì il Cio in maniera solo formale. La dormita collettiva portò così all’approvazione della riforma a disegno di legge e conseguentemente a legge vera e propria con 154 voti a favore, 50 contro e 52 astenuti. Quella fu la goccia a far traboccare quasi un anno e mezzo fa, costringendo il Cio a mandare un avvertimento lungo quattro pagine all’Italia. Già venivano menzionate eventuali sanzioni, come l’esclusione del Comitato italiano dai Giochi o anche della cancellazione dei Giochi invernali nel nord del Paese.
Con il decadimento del primo governo Conte e la nuova sua formazione nulla è cambiato. Vincenzo Spadafora, nonostante un primo approccio speranzoso, ha messo in scena in un tira e molla con Malagò. Questi ultimi aveva anche cercato di trovare un punto di incontro tra il ministro e Bach, ottenendo una burbera da parte del politico: “Non mi faccio prendere appuntamenti da nessuno, se mi arriva un invito rispondo io.”. Inoltre la pandemia e il rinvio delle Olimpiadi non hanno facilitato la comunicazione, risolvendo le varie discussioni in un nulla di fatto.
Dal settembre scorso a oggi sia Bach sia il CONI hanno sollecitato in tutti i modi un cambio di rotta del Governo. Spadafora, seppur tardi, ha cercato di risolvere la situazione con un decreto. Nessuno però lo ha mai preso in considerazione. Ora, a meno di due giorni dall’esclusione storica dai giochi dell’Italia, la politica sta attraversando una crisi e probabilmente non sentiremo l’inno di Mameli in Giappone.
Aggiornamento del 26 gennaio:
Solo un giorno prima della scadenza il Governo ha modificato la legge. Grazie alle pressioni continue il CONI ha riavuto una parte della sua autonomia. Ora perciò il Comitato Olimpico Nazionale Italiano potrà contare su 165 dipendenti e 10 figure dirigenziali che potranno amministrare i fondi per le federazioni è tutto quello che riguarda lo sport.
Tuttavia è solo una piccola manovra per evitare le sanzioni da parte del Cio. Il Governo dimissionario ha comunque voluto mantenere Sport e Salute, vendendo Malagò rinunciare alla creazione di una nuova S.p.a. in capo al CONI. Questo è quindi solo il minimo indispensabile per scusarsi nei confronti degli atleti e dei cittadini italiani dopo una figuraccia.