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EUROTONFI – 10#: Mou demolisce la Lazio, l’Europa scopre lo Special One

Seconda competizione europea per club, per un decennio la Coppa UEFA ha avuto le sembianze della Coppa Italia: 8 vittorie, 10 finali, 4 “derby” in finale tra l’89 e il ’99 per il calcio tricolore, che in Coppa UEFA sprigionava lo strapotere di un Campionato all’epoca saldamente ai vertici del calcio continentale.
Nel nuovo Millennio, però, questo feeling si è bruscamente interrotto: da doppione della Coppa Italia, la Coppa UEFA si è tramutata in genitrice di amarezze e cocenti delusioni, che ci apprestiamo a raccontare nella speranza di vedere presto interrotto un digiuno divenuto oramai ventennale.

C’erano una volta le Sette Sorelle: Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio, Fiorentina e Parma. Sette squadre che, sul finire degli anni ’90, hanno dato lustro al calcio italiano rendendolo il Campionato più competitivo e seguito del mondo riuscendo ad attrarre nel Belpaese i migliori calciatori in circolazione.

Se pero le “grandi del Nord” riuscirono negli anni a farsi forti di una solidità strutturale tale da preservarne lo status, per un motivo o per un altro per almeno tre delle altre quattro sorelle l’apice raggiunto sul finire del secondo Millennio fu il preludio a un brusco ridimensionamento. Di Parma e Fiorentina abbiamo avuto modo di discorrere, finendo esse loro malgrado nei precedenti appuntamenti con Eurotonfi; oggi sotto i riflettori ci finisce la Lazio.

Anche in questo caso i biancocelesti sono vittime delle vicende “extracalcistiche” della proprietà, dovendo di fatto necessariamente smantellare una squadra capace di conquistare l’Italia e farsi rispettare in Europa. Nel 2002/2003 la Lazio, che di lì a breve diventerà quella di Claudio Lotito, riesce nonostante le avversità a regalarsi una stagione da protagonista in Italia, ma in Europa dopo una bella cavalcata andrà in contro a un vero e proprio tonfo in semifinale di Coppa UEFA contro il Porto di un allenatore molto preparato ma allora sconosciuto ai più: José Mourinho.

LA SQUADRA: LAZIO
Parlavamo di ridimensionamento: nell’estate del 2002 la Lazio di Sergio Cragnotti, travolta dallo scandalo Cirio, cede due colonne portanti della squadra Capitolina: Hernán Crespo vola all’Inter, Alessandro Nesta (capitano e simbolo) vola a Milano mentre si registra anche l’addio di Poborski che torna in patria allo Sparta Praga. Mercato in entrata poco effervescente: Corradi arriva a Roma nell’ambito della trattativa che porta Crespo a Milano, in un attacco rimpolpato da Chiesa mentre importante si rivelerà l’acquisto di Massimo Oddo dal Verona.

In panchina c’è Roberto Mancini, che dopo l’esordio da “primo allenatore” in una Fiorentina disastrata e disastrosa alla quale non riesce ad evitare la retrocessione in Serie B riparte dalla sponda biancoceleste del Tevere, presso la quale aveva già avuto un’esperienza come secondo di Eriksson. Anche in questo caso le acque nelle quali naviga la società non sono del tutto limpide, ma la situazione è (all’epoca) comunque meno critica di quanto registratosi a Firenze.

L’avvio di Campionato è uno shock: alla prima davanti al proprio pubblico la Lazio è superata 3-2 dal ChievoVerona di Delneri, reduce dalla storica ed entusiasmante prima stagione in Serie A. E’ un mero inciampo quello con i clivensi, perché nel girone di andata la Lazio di Roberto Mancini viaggia in maniera entusiasmante: 10 vittorie e 6 pareggi nei restanti incontri della prima tornata, con annesso lo scalpo della Juventus a Torino (piegata 2-1 con la doppietta di Fiore a ribaltare l’1-0 di Nedved). Davvero bella da vedere la squadra di Mancini, che trova in Claudio López e Corradi un tandem d’attacco affiatatissimo cui si somma il valore aggiunto di calciatori come Fiore, Stanković, César, Simeone, Mihajlović e Stam.

Il 19 gennaio del 2003 il Milan si laurea campione d’inverno arrivando al giro di boa con 39 punti in classifica, ma la Lazio di Mancini tallona i rossoneri seguendo a tre sole lunghezze di distanza la capolista: 36 i punti dei capitolini, appaiati all’Inter di Zaccheroni e avanti di una lunghezza sulla Juventus di Lippi e Nedved. Nel girone di ritorno, però, gli uomini di Mancini si inceppano: al giro di boa la Reggina sorprende clamorosamente la Lazio imponendosi 1-0 all’Olimpico con un gol di Bonazzoli, mettendo al tappeto i Capitolini che mettono insieme la miseria di 6 punti in 7 partite. All’indomani del derby pareggiato 1-1 con la Roma, ultima sfida della striscia negativa, i biancocelesti sono al 4/o posto in classifica ma sono precipitati a 12 punti di distanza dalla vetta della Juventus e debbono guardarsi le spalle dal Chievo quinto a un solo punto di ritardo. L’ultima uscita in Italia prima della semifinale di Coppa UEFA è contro il Como di Preziosi, che all’Olimpico cade 3-0 lasciando i laziali ancora quarti in Campionato ma ora con tre lunghezze di margine sul Chievo.

In Coppa Italia il cammino si ferma in semifinale, contro il peggior avversario immaginabile: è la Roma infatti a sbarrare la strada ai biancocelesti, imponendosi per 2-1 e 1-0 nei due “extra-derby”. In Coppa UEFA l’esordio è sul velluto, 4-0 e 0-0 con i greci dello Xanthi: segue un più complicato incrocio con la Stella Rossa piegata 1-0 da Chiesa a Roma prima del pari del Marakàna. Meno impegnativo lo Sturm Graz, piegato 3-1 in Austria prima dell’indolore 0-1 dell’Olimpico mentre agli Ottavi il Wisla Cracovia reduce dallo scalpo del Parma è eliminato grazie al 2-1 in trasferta dopo il pirotecnico 3-3 casalingo. Ai quarti l’urna dell’UEFA regala il Beşiktaş: i biancocelesti piegano i turchi sia a Roma che a Istanbul, e si regalano il penultimo atto della manifestazione.

L’AVVERSARIO: PORTO
20 gennaio 2002: Boavista-Porto 2-0. I bianconeri di Oporto stendono 2-0 i cugini nel derby, regalandosi una notte da sogno e ponendo al contempo la pietra tombale sull’esperienza di Octávio Machado sulla panchina del Porto. All’indomani della sconfitta nel derby i Dragões sono addirittura al 5/o posto in Campionato, e la scelta per la successione ricade sul tecnico di una delle rivelazioni di quell’edizione della Superliga: il 39enne José Mourinho da Setubal.

Dopo aver accumulato una lunga esperienza come “vice” (anche con tecnici del calibro di Bobby Robson e Louis van Gaal a Barcellona), il giovane Mourinho approda alla panchina dell’União Leiria nella stagione 2001/2002 (dopo una prima e breve esperienza da tecnico del Benfica che lo stesso Special One interrompe dimettendosi dopo solo 9 giornate) e all’epoca dell’esonero di Machado e tra i principali artefici di un 4/o posto stupefacente per quella che di sicuro non può annoverarsi tra le grandi di Portogallo.

Tanto basta per convincere la dirigenza del Porto a puntare su Mourinho, che lascia l’União Leiria 4/o per il Porto 5/o. La prima di Mourinho al do Dragão è, curiosamente, nel giorno del proprio compleanno: corre il 26 gennaio 2002, e l’esordio si chiude con il 2-1 centrato ai danni del Marítimo. Al termine della stagione il Porto riuscirà  a risalire fino al 3/o posto, mentre per la cronaca l’União Leiria chiuderà al 7/o posto il Campionato.

In estate con le cessioni di Jorge Andrade al Deportivo la Coruña (13 M €) e Paredes alla Reggina (4 M €) i Dragões foraggiano una corposa campagna acquisti: Nuno Espirito Santo in porta, Jankauskas e Derlei a rimpolpare un attacco orfano di McCarthy, Maniche, Paulo Ferreira, Nuno Valente e Maniche sono i tasselli che compongono un roster destinato a rimanere nella storia.

In patria la prima stagione “completa” di Mourinho alla guida del Porto è a dir poco trionfale: il Campionato regala un illusorio e momentaneo testa a testa tra i Dragões e il Benfica, ma quando alla 15/a giornata cala il sipario sull’anno solare i biancoblù hanno già 9 lunghezze di vantaggio sui rivali in maglia rossa. Il Porto che ad Aprile arriva alla sfida con la Lazio di punti di vantaggio sul Benfica ne ha addirittura 13 a 7 giornate dalla fine: un dominio che, probabilmente, permette ai ragazzi di Mourinho di focalizzarsi al meglio sui giovedì di Coppa UEFA.

Se in patria il cammino dei biancoblù è netto, in Coppa UEFA è a dir poco devastante: l’uragano lusitano spazza via Polonia Varsavia (6-0 e 0-2), Austria Vienna (1-0 e 2-0), Lens (3-0 e 0-1) e Denizlispor (6-1 e 2-2). Ai Quarti di Finale una battuta d’arresto improvvisa, e particolarmente scomoda: il Panathinaikos si impone 1-0 al do Dragão con un gol di testa di Olisadebe. Sembra volgere al capolinea l’interrail dei Dragões, ma ad Atene è Derlei a trarre d’impaccio i biancoblù con una doppietta che stende gli ellenici: tra il Porto e la Finale di Coppa UEFA c’è la Lazio di Roberto Mancini.

LA DOPPIA SFIDA
Il 10 aprile del 2003 è di scena gara-1 al do Dragão, che per l’occasione ospita quasi 50 mila persone. Tra le fila dei padroni di casa la stella è il brasiliano Deco, che ispira le trame offensive di un attacco nel quale trovano posto Derlei (7 gol in Coppa UEFA) e Hélder Postiga (5 gol). Deco è il vertice alto di un rombo nel quale l’ex-romanista Alenichev e Maniche garantiscono corsa e inserimenti, mentre Costinha scherma la difesa dei lusitani. Nella Lazio sono indisponibili Corradi e Stam, ma per il resto da Mihaijlović a Claudio López passando per Stanković, César e compagnia è la Lazio migliore.

Cinque minuti e i capitolini zittiscono il do Dragão: è Claudio López a infilare Vitor Baía su traversone di Favalli, illudendo gli ospiti di poter vivere un’altra notte magica in Coppa UEFA. La notte si rivela magica, ma per il Porto: i biancoblù di Mourinho, scossi dal gancio subito, prendono per il collo (in senso figurato) gli avversari di giornata cominciando a manifestare da subito un predominio netto e totale sul campo: al 10’ Maniche pareggia con una conclusione deviata, inaugurando una partita a una porta sola.

I locali travolgono per intensità e controllo della gara i Capitolini, con Peruzzi che cerca di tenere a galla i suoi ma presto finisce per assomigliare all’orso a cui si tirano le palline al Lunapark. Il 2-1 del Porto è fisiologico e arriva con Derlei sugli sviluppi di corner: incredibile come negli ultimi dieci minuti del primo tempo i ragazzi di Mourinho sfiorino la rete addirittura altre quattro volte, con in particolare l’istintivo e miracoloso intervento di Peruzzi sul colpo di testa ravvicinato di Hélder Postiga a tenere in vita la Lazio.

Il primo tempo ha un solo padrone, ma l’intervallo non desta la Lazio: come uno squalo infervorato dal sapore del sangue, il Porto percepisce le difficoltà degli ospiti e riparte spingendo in maniera insostenibile per i biancocelesti che al 56’ sono sotto 4-1: Peruzzi, salvifico nel primo tempo, controlla malissimo una punizione da 40 metri di Deco con Derlei che si avventa sul pallone e fa doppietta prima che Hélder Postiga la chiuda definitivamente.

Incredibile da dirsi, ma la fortuna per la Lazio è che la gara termini “solo” 4-1: raramente in una semifinale di coppe europee si assiste a un match così a senso unico, che in casa Porto è a distanza di venti anni ancora menzionato tra le più grandi partite della storia del Porto.

Tra la gara di Oporto e il return-match dell’Olimpico passano due settimane, nelle quali la Lazio trova quattro punti tra Modena e Piacenza e il Porto, manco a dirlo, trova la vittoria in Campionato. Per la gara del 24 aprile i Capitolini riempiono l’Olimpico vendendo a 1 euro i biglietti della gara nella speranza di creare un catino infuocato che possa guidare la Lazio a una notte storica. Mancini si affida al tridente Chiesa-Simone Inzaghi-Claudio López, con Fiore in panchina e Marchegiani che prende il posto dell’infortunato Peruzzi.

I padroni di casa ci provano, ma il Porto di Mourinho è una falange romana compatta che rispetto alla gara di Oporto, comprensibilmente, si concentra in primis a difendere le tre reti di vantaggio lasciandosi andare anche (con molto anticipo) a un ostruzionismo che di fatto penalizza il tentativo di rimonta dei biancocelesti. La Lazio spinge e cerca con determinazione di trovare l’episodio che possa aprire alla rimonta ma il fraseggio del Porto funziona bene e le continue interruzioni di fatto spezzano il forcing della Lazio: succede quindi che il primo brivido vero Vitor  Baía lo corre su sinistro di Claudio López a valle di un primo tempo condito anche dalla simultanea espulsione di César e Hélder Postiga che a più riprese si erano punzecchiati.

Nel secondo tempo la Lazio  riparte forte, e all’undicesimo trova l’episodio tanto ricercato: un calcio di rigore per atterramento di Inzaghi. Un gol potrebbe incendiare la gara, ma Vitor  Baía si traveste da pompiere e si stende alla sua sinistra sbarrando la porta a Claudio López. Di fatto, la gara finisce qui: il rigore fallito taglia le gambe alla Lazio, e il Porto prende possesso di una gara che termina a reti inviolate e lascia in dote ai lusitani la finale di Siviglia.

…E POI?
La semifinale persa lascia il giusto amaro per la Lazio, arresasi al cospetto di un avversario mostratosi superiore sul campo ma che di fatto ha suggellato la qualificazione alla Finale in una notte nella quale della Lazio si è visto poco e nulla. In Campionato i ragazzi di Mancini ripartono pareggiando 1-1 a San Siro con l’Inter; arriva poi il pari a reti inviolate con la Juventus, prima di un trittico di vittorie che blinda il 4/o posto e chiude un Campionato fantastico.

Alla guida del Porto Mourinho scriverà la storia, già dal suo primo anno pieno: la stagione 2002/2003 si chiude con un Campionato stravinto e chiuso con 11 lunghezze di vantaggio sul Benfica (27 vittorie 5 pareggi e 2 sconfitte) e di una Coppa Nazionale vinta dai Mourinho boys 1-0 su quell’União Leiria che consacrò il tecnico di Setubal tra i grandi di Portogallo (con rete di un altro ex-Uniao, Derlei). La ciliegina sulla torta è la Coppa UEFA vinta 3-2 a Siviglia contro il Celtic Glasgow in una finale molto emozionante: Larsson per gli scozzesi risponde a Alenichev e Derlei, prima che lo stesso Derlei a cinque minuti dai rigori regali il Triplete ai biancoblù.

Il Porto stupisce l’Europa, ma il meglio deve ancora venire: da lì a un anno Mourinho e i suoi ragazzi saranno capaci di prendersi il Vecchio Continente conquistando la Coppa dei Campioni, contro il Monaco battuto 3-0 in una delle finali di Champions League più sorprendenti che si ricordino.

EUROTONFI – L’Italia e la Coppa UEFA: ci eravamo tanto amati