Quando si parla di grandi giocatori uno dei pensieri che spesso si crea nelle menti di tifosi e addetti ai lavori è quello di una possibile carriera da allenatore: la storia calcistica di questi esempi né è piena, ma il percorso non si rivela per nulla facile e arrivare a vincere qualcosa si dimostra davvero complicato. Nel giugno 2014, quando è stato ufficializzato come nuovo allenatore del Milan, in molti hanno sicuramente pensato che Filippo Inzaghi, grande attaccante dei rossoneri nel precedente decennio, potesse diventare uno dei migliori allenatori del panorama calcistico italiano, ma la realtà dei fatti si è dimostrata molto dura. Il grande salto è stato forse troppo avventato…
Ma andiamo con ordine. SuperPippo lascia il calcio nel maggio 2012 e nel biennio successivo allena le selezioni giovanili del Milan, venendo poi promosso nell’estate del 2014 alla guida tecnica della prima squadra. L’esperienza si rivela fallimentare: i rossoneri chiudono la stagione in decima posizione, dimostrando di non riuscire più a essere una grande squadra. Non solo a livello di singoli, perché la disorganizzazione a livello tattico è stata lampante, con diversi squilibri nelle due fasi di gioco, in particolare in quella difensiva. Un’avventura da dimenticare, ma che ha lasciato un prezioso insegnamento: non si può diventare un grande allenatore dal nulla, anche per i grandi giocatori è necessario un periodo di gavetta, l’esperienza la si matura col tempo e con gli errori, perché questi saranno fisiologici e soprattutto perché, come dice un vecchio proverbio, “sbagliando si impara”.
Pensieri questi che probabilmente avrà fatto anche Inzaghi, che ha avuto l’ambizione ma anche l’umiltà di rimettersi in gioco partendo dal basso: nel 2016 viene ufficializzato come nuovo tecnico del Venezia, in Lega Pro, con cui vince il campionato e la Coppa Italia di categoria. L’anno successivo, in Serie B, conduce la squadra fino ai play-off, venendo poi eliminato in semifinale dal Palermo. La buona stagione in cadetteria gli vale una nuova chiamata dalla Serie A: il Bologna decide di affidargli la conduzione tecnica della prima squadra per la stagione 2018-2019. Anche questa volta, però, l’avventura nel massimo campionato italiano non è delle migliori: rispetto a quanto fatto vedere al Milan ha saputo lavorare diversamente e meglio sulla fase difensiva, fossilizzandosi forse troppo sul 3-5-2, tanto da sacrificare Orsolini nel ruolo di mezzala, non riuscendo però a creare i giusti meccanismi offensivi per sviluppare la manovra e bucare le difese avversarie. L’esonero è risultato inevitabile a gennaio, quando lascia i felsinei in una posizione di classifica molto complicata anche a causa delle sole due vittorie ottenute nelle ventuno gare disputate.
A quel punto in molti avrebbero desistito, ma non lui: nell’estate successiva è di nuovo in sella a una squadra di Serie B, il Benevento. L’annata è straordinaria, con i campani batte ogni record: promozione ottenuta con sette turni di anticipo, record di punti ottenuti (86) nella B a 20 squadre, miglior attacco e miglior difesa. La sensazione è che questa esperienza lo abbia completato dal punto di vista formativo, in modo da riuscire a sintetizzare al meglio i propri concetti di gioco. La controprova sembra arrivare dall’attuale Serie A, in cui la selezione beneventana non sta affatto sfigurando: dopo tredici giornate occupa la dodicesima posizione con 15 punti all’attivo. A inizio stagione in molti erano scettici circa rendimento della Strega, che non ha un organico tale da poter puntare a una salvezza tranquilla. Per essere chiari: ci sarà da soffrire, e anche tanto. Una cosa però sembra certa: il Benevento ha una buon allenatore, pronto a guidarlo verso il traguardo. Non sarà facile, ma Inzaghi ha dimostrato di saper crescere e imparare, e in più questa volta potrà fare una nuova cosa, impressionare tutti facendo una bella figura e salvare la sua squadra. Non è impossibile, perché col duro lavoro si può raggiungere qualunque obiettivo.