Uno vero e proprio scandalo sta coinvolgendo il gigante delle telecomunicazioni cinese Huawei: il colosso di Shenzhen avrebbe collaborato con il gruppo Mevii nel 2018 per testare un sistema di riconoscimento facciale in grado di riconoscere nella folla l’età, il sesso, ma soprattutto l’etnia di ogni persona. E la questione diventa delicata quando il software riconosce un membro dell’etnia uigura, la minoranza etnica da anni oggetto di repressioni del governo cinese nella regione dello Xinjian, come testimoniato da diversi reportage internazionali.
Ad aver rivelato questo sistema è stato il Washington Post, che ha tratto le informazioni da un documento interno firmato da rappresentanti di Huawei scoperto dalla società di ricerca specializzata Ipvm. La Mevii, tra l’altro, è stata inserita nella black List statunitense dei gruppi considerati coinvolti nello sviluppo di tecnologie di sorveglianza, procedendo poi alle restrizioni alle esportazioni dei gruppi USA verso Huawei e altre 38 affiliate.
Huawei, in particolare, avrebbe fornito server, macchine fotografiche, infrastrutture di cloud computing e altre tecnologie, tutti strumenti necessari per sviluppare il sistema di riconoscimento. Questo tipo di riconoscimento facciale creato proprio per il riconoscimento di singole etnie come liguri, tibetani e coreani, risale probabilmente al 2018, con uno studio realizzato da ricercatori di intelligenza artificiale cinese che ha sottolineato l’esistenza di un algoritmo specializzato nella distinzione dei tratti somatici.
Uno scandalo che, in queste ore, ha portato anche Antoine Griezmann a rescindere il proprio contratto da ambasciatore di Huawei: “In seguito ai forti sospetti secondo cui l’azienda Huawei avrebbe contribuito allo sviluppo di “un’allerta figura” grazie a un sistema di riconoscimento facciale, annuncio che metto fine immediatamente al mio contratto che mi legava a questa società. Ne approfitto per invitare Huawei a non accontentarsi di negare queste accuse, ma di intraprendere al più presto azioni concrete per condannare questa repressione di massa e usare la sua influenza per contribuire al rispetto dei diritti umani di uomini e donne all’interno della società”.
Griezmann è soltanto l’ultimo di una serie di calciatori che si erano già pronunciati sul caso delle repressioni degli Uiguri: da Koulibaly (che aveva però poi cancellato il suo post di condanna) a Özil (uno dei principali volti in difesa della causa uigura in questi anni sul piano mediatico).