Ieri sera, la notte del grande show: Messi contro Ronaldo. Ieri sera, la Juventus ha spazzato via un Barcellona in enorme difficoltà. Ieri sera, il mondo del calcio (professionisti, esperti, appassionati) ha dimostrato ancora una volta di viversi l’attimo, non il periodo.
Solo due settimane fa, eravamo incollati alla tv per guardare, commentare, le immagini dall’Argentina: era morto il Dio del Calcio, Diego Armando Maradona. Su MondoSportivo, due giorni di speciali, con tanto di hashtag #Dioèmorto, per celebrare il più grande. “Il Dio senza perdono” lo ha soprannominato, in un pezzo bellissimo – tra i più belli mai scritti sul D10S, fidatevi – il nostro Gaetano Allegra. Ne eravamo convinti: Maradona era diventato sicuramente megl’e Pelé. Addirittura, Piero Vitiello, giornalista di Sportitalia, gli ha dedicato un servizio in dialetto napoletano, per sottolineare l’estrema gratitudine di un popolo intero: Maradona, a Napoli, va oltre qualsiasi concezione di grandezza. Se non è ai livelli di San Gennaro, uagliù, stamm là.
Passano i giorni, la vita riprende a scorrere più o meno come sempre: pandemia, Natale che si avvicina, il campionato, la Champions League. Ed ecco che, all’improvviso, la naturale necessità umana di iperbolizzare le aspettative produce incongruenze che a primo acchito non percepisci. Ma che poi, scorticando via un po’ di pelle, neanche sono così nascoste. Dicevamo: Messi contro Ronaldo, al Camp Nou: partita senza storia. La Juventus vince, Ronaldo fa due goal, e noi? Noi apriamo la finestra e ci affacciamo sul mondo moderno, sfacciato, dei social network.
“GOAT”. Ronaldo, immediatamente, diventa il G.O.A.T. In realtà, secondo molti lo era già nelle ore antecedenti Juve-Barça; secondo qualcun altro invece, Barcellona in primis, lo era Messi, e continuerà a esserlo nonostante il ko di ieri sera. “GOAT”, ovvero, dall’inglese, “Greatest Of All Time”, il più grande di tutti i tempi. Fate una prova: cercate questa parola su Instagram, o Twitter, perfino Facebook, e guardate quanto sia inflazionata, ormai. Affiancata a mostri sacri dello sport a seconda del momento: Lebron James, Lewis Hamlton, Leo Messi, Cristiano Ronaldo. È il “momento” che fa la differenza: una giocata pazzesca, e nasce il bisogno di esaltare, applaudire, incoronare. Lebron James, prestazione da 50 punti: GOAT. Mike Tyson, ritorno sul ring a 50 anni suonati: GOAT. Hamilton, settimo mondiale vinto: GOAT. Cristiano Ronaldo, tre gol al Barça: GOAT. Poi, però, ci dimentichiamo di Michael Jordan, di Mohamed Ali, di Kobe, di Senna. Di Maradona. E allora che si fa, condividiamo il titolo? No: “greatest” non ammette compartecipazioni.
Pensateci: abbiamo perso la bellezza di particolarizzare il significato di ciò che diciamo. Ronaldo contro Messi è stata universalmente riconosciuta la sfida tra i due contendenti a diventare il GOAT del calcio, quindi tra i due più forti di sempre a caccia della corona di greatest. Possibile mai? Che siano due fenomeni, nessuno lo mette in dubbio. Ma tra due fenomeni e il PGDS c’è e ci sarà sempre un abisso. Eh già, il PGDS: il Più Grande Di Sempre, scriviamolo in italiano. Sarà meno social, più brutto, non avrà una emoji a forma di capra e sarà meno condivisibile. Però, almeno, se lo tiene stretto, il suo significato.