Dopo un solo anno solare potrebbe terminare, prima del previsto, il matrimonio tra l’Inter e Christian Eriksen: il talentuoso centrocampista danese, arrivato lo scorso gennaio dal Tottenham, non ha rispettato le attese che avevano riposto in lui la società nerazzurra e i suoi tifosi. Eppure la sua avventura non era iniziata malissimo: Conte ha preferito centellinarlo, almeno fino a marzo, con parecchi subentri nei secondi tempi, in cui ha sempre saputo sfoggiare la sua classe e la sua tecnica sopraffina. Resta sicuramente nella memoria di tutti la clamorosa traversa centrata nel derby col Milan lo scorso febbraio con una splendida punizione dalla medio-lunga distanza: una giocata non da tutti, un lampo che, al netto di quanto accaduto successivamente, rimarrà soltanto tale. Quando tutto sembrava andare per il verso giusto è arrivato il lockdown, che con la conseguente pausa forzata della Serie A non ha aiutato la sua integrazione negli schemi tattici interisti, senza dimenticare che, da quando si è ripartiti a giugno, il tempo per lavorare in allenamento è stato davvero poco in quanto il calendario prevedeva partite ogni tre giorni per cercare di chiudere il campionato entro i primi giorni di agosto. Fino ad arrivare, poi, ai primi scorci dell’attuale stagione calcistica, che ha evidenziato come il rapporto con l’allenatore e l’ambiente si sia incrinato sempre di più.
Qualche domanda, dopo solo dodici mesi, bisogna necessariamente farsela: cosa c’è alla base di questo clamoroso flop? Parliamo comunque di uno dei migliori centrocampisti di fama mondiale attualmente in attività e al suo arrivo in Italia non ci si immaginava mai e poi mai un fallimento così clamoroso. Probabilmente alla base di tutto c’è una questione di caratteristiche tecniche: al Tottenham ha dimostrato di poter giocare praticamente ovunque, favorito da un calcio inglese che, dettato da ritmi molto alti, favoriva una migliore aggressione degli spazi, indipendentemente dal ruolo. Contesto tattico nettamente diverso rispetto a quello a cui ha dovuto far fronte all’Inter: non solo per l’integralismo del suo allenatore che per certi versi è parso irremovibile nelle sue scelte, ma anche perché, rispetto all’impostazione di gioco tipica della Premier League, ha dovuto fare i conti con idee di gioco più speculative, cioè maggiormente votate alla fase difensiva, che di conseguenza hanno sacrificato i suoi spunti offensivi. Quando chiamato in causa, e non lo si può negare, il danese ha sempre saputo dare quella vivacità in più alla manovra neroazzurra, ma essendo spesso confinato nel ruolo di mezzala non è riuscito minimamente a scatenarsi come ci sarebbe potuto inizialmente aspettare.
Insomma, solo tante piccole scintille mai di fatto trasformatesi in fuoco vero, con la conseguenza che adesso l’Inter si ritrova in rosa un buon giocatore come Eriksen che non si è assolutamente integrato nel contesto di gioco di Conte e che oggi è utilizzato poco e male dall’attuale gestione tecnica neroazzurra: la cessione già a gennaio pare inevitabile, Marotta ha già rilasciato delle dichiarazioni piuttosto sibilline a riguardo (parlando di incompatibilità tattica e della volontà di non voler trattenere eventuali calciatori scontenti) e più di qualche club inglese pare essersi già mosso per riportarlo in Inghilterra. Il valore di acquisto iscritto a bilancio ammonta a circa 27 milioni di euro, con la conseguenza che sarà molto difficile realizzare una plusvalenza e dare ossigeno a una situazione economico-finanziaria come quella interista abbastanza compromessa dall’impatto del covid. Senza dimenticare che verrebbero meno i presupposti per godere degli sgravi fiscali previsti dal Decreto Crescita e che proprio un anno fa avevano favorito il suo arrivo in Italia. E non solo, perché considerando i presupposti iniziali la scommessa è decisamente persa: da possibile colpo in grado di spostare gli equilibri in Italia, il club milanese si ritrova a gestire uno scomodo esubero.