Il sesto campione diverso negli ultimi sei anni: dopo Murray, Djokovic, Dimitrov, Zverev e Tsitsipas è toccato a Medvedev l’onore e l’onere di essere il Maestro 2020. Abbiamo aggiunto anche onere perché gli ultimi tre vincitori non hanno poi avuto lo slancio immaginato da tutti e navigano tra alti e bassi; ci sentiamo però di dire che il russo avrà un futuro diverso, più roseo, e sarà proprio lui, insieme allo sconfitto in finale Thiem, a porre piano piano fine all’egemonia dei big three.
Medvedev chiude la parentesi delle Finals a Londra: dopo dodici anni nella capitale inglese dall’anno prossimo i migliori otto tennisti del mondo si sfideranno a Torino. La prima edizione nel Regno Unito nel 2009 fu vinta da Nikolaj Davydenko, un altro russo: la chiusura perfetta di un cerchio che riporta un sovietico nell’élite del tennis. Quello che spicca di Medvedev è la freddezza: mai una volta una reazione fuori posto, anche nei momenti dove non riesce a far funzionare il suo tennis è sempre concentrato nel saper trovare altre soluzioni. Capita spesso infatti, come in finale, che si trovi sotto nel punteggio: niente paura, Daniil ha una soluzione per tutto.
È apparso glaciale anche sul match-point con un’esultanza quasi fredda nonostante il torneo appena messo in bacheca sia tra quelli più importanti della stagione. Una stagione che l’ha visto protagonista soprattutto in questi ultimi mesi aggiudicandosi il terzo Masters 1000 della carriera a Parigi. E pensare che nel 2017, alle Next Gen ATP Finals, era riuscito a salire sul gradino più basso del podio soltanto grazie al ritiro di Coric. In tre anni il salto di qualità del russo è stato strepitoso e ora si gode un titolo meritatissimo dopo che la partecipazione dello scorso anno lo vide uscire subito con tre sconfitte nel round robin.
In queste ATP Finals Medvedev ha sconfitto Djokovic nel girone, Nadal in semifinale e Thiem nell’ultimo atto di ieri, i primi tre del mondo, concludendo il torneo da imbattuto. Nessuno di loro ha potuto nulla contro la brillantezza fisica, il servizio impeccabile e la tenuta mentale dell’attuale numero quattro. Da abile stratega in finale ha saputo cambiare tattica sfruttando un’inaspettata soluzione: le 37 discese a rete sono un dato inusuale per uno come lui che predilige il fondocampo, eppure vincente proprio grazie alla varietà dei colpi.
Il regno di Djokovic, Nadal e Federer ha una nuova minaccia, meno elegante di altre, ma molto più seria: la doppia personalità del russo (il cui nome significa “cammino dell’orso”) è destinata a diventare unica e vincente. Fidatevi del nuovo Maestro, sentiremo parlare ancora lungo di Daniil Medvedev.