Seconda competizione europea per club, per un decennio la Coppa UEFA ha avuto le sembianze della Coppa Italia: 8 vittorie, 10 finali, 4 “derby” in finale tra l’89 e il ’99 per il calcio tricolore, che in Coppa UEFA sprigionava lo strapotere di un Campionato all’epoca saldamente ai vertici del calcio continentale.
Nel nuovo Millennio, però, questo feeling si è bruscamente interrotto: da doppione della Coppa Italia, la Coppa UEFA si è tramutata in genitrice di amarezze e cocenti delusioni, che ci apprestiamo a raccontare nella speranza di vedere presto interrotto un digiuno divenuto oramai ventennale.
Il nostro viaggio tra gli Eurotonfi delle rappresentanti nostrane in Coppa UEFA/Europa League inizia a Brema, cittadina di mezzo milione di abitanti dell’omonimo Land sito nel nord della repubblica teutonica e famosa agli occhi dei non indigeni per essere la sede della Beck’s e la destinazione di un bizzarro gruppetto di animali nella fiaba “I musicanti di Brema” dei Fratelli Grimm.
E’ qui che il 9 marzo del 2000 il Parma cade contro il Werder da detentore della Coppa UEFA vinta nella stagione precedente contro il Marsiglia in una Finale che, allora, nessuno avrebbe mai pensato poter rappresentare l’ultima vinta da una squadra italiana.
LA SQUADRA: IL PARMA
Ai nastri di partenza della stagione 1999/2000 il Parma si presenta forte del double Coppa Italia-Coppa UEFA conquistata nella stagione precedente, e di un quarto posto che vale i Preliminari di Champions League. In estate salutano Veron, Sensini (alla Lazio), Fiore (Udinese), Balbo, Chiesa (Fiorentina) e Asprilla (Palmeiras); al Tardini, di converso, sbarcano Di Vaio, Amoroso, Paulo Sousa e Ortega a rinforzare una compagine che sogna di portare il Tricolore in Emilia.
Alla sfida con il Werder Brema, valida per gli Ottavi di Finale, arriva però un Parma in piena burrasca. Gli emiliani di Malesani in stagione hanno fallito la qualificazione alla Champions League sbattendo ai Preliminari sui Glasgow Rangers, riuscendo però a strappare la Supercoppa Italiana al Milan; l’avvio di Campionato è deficitario (2 punti in 4 partite), ma un lungo filotto positivo consente agli emiliani di recuperare terreno pur trovandosi presto fuori dalla lotta al vertice.
Il Nuovo Millennio comincia malissimo: un solo successo in nove gare a inizio 2000 rende pericolante la panchina di Malesani, che nelle ultime due uscite prima del Werder si fa rimontare dall’Hellas a Verona da 3-1 a 3-4 per poi (con la squadra in ritiro) farsi travolgere a domicilio 4-0 dalla Fiorentina di Trapattoni.
La sfida, per i gialloblù, arriva nel peggior momento possibile.
In Coppa UEFA, superati in carrozza Kryvbas (3-2 e 3-0), Helsingborgs (1-0 e 3-1), servono le proverbiali sette camicie per avere la meglio dello Sturm Graz: gli austriaci rendono al Parma il 2-1 del Tardini, e nei supplementari sognano la qualificazione fino al minuto 110, quando un cross di Stanić diventa il gollonzo del 3-2 che apre al pareggio firmato da Crespo nel finale.
L’AVVERSARIO: IL WERDER BREMA
Il Werder Brema che incrocia le lame con il Parma è una squadra che, dopo un fisiologico periodo di transizione successivo all’addio di Otto Rehhagel, si sta gradualmente riassestando. Decisivo, in questo senso, l’avvento di Thomas Schaaf che nel finale di stagione 1998/1999 subentra a Felix Magath salvando un Werder addirittura in zona retrocessione; l’ex-bandiera del Werder conduce in salvo la squadra, riuscendo anche nell’impresa di battere il Bayern ai rigori in finale di Coppa di Germania guadagnandosi quindi il pass per la Coppa UEFA 1999/2000.
Confermato nella stagione successiva, Schaaf si disimpegna bene in patria grazie anche a una squadra capace di contare sull’esperienza del 37enne (ex Juve) Júlio César in difesa, la sostanza di Baumann e Frings in mezzo al campo e un attacco nel quale Claudio Pizarro si aggiunge in estate all’estro di Bode ed Herzog e ai gol di Ailton. I ragazzi di Schaaf si sbarazzano senza esitazioni del Bodø/Glimt (5-0 in Norvegia e 1-1 in casa), mentre rimanendo in Norvegia si rivela più ostico il Viking (0-0 in Germania, 2-2 in trasferta). L’interrail del Werder sembra doversi interrompere al turno successivo, quando alla Gerland di Lione la disastrosa difesa tedesca manda a nozze i transalpini vittoriosi 3-0; al ritorno, però, i francesi ricambiano inspiegabilmente il favore e con i gol di Bode, Herzog, Baumann e Pizarro il Werder centra un clamoroso 4-0 guadagnandosi il diritto di lanciare il guanto di sfida al Parma.
LA DOPPIA SFIDA – Al Tardini, il 29 febbraio 2000, va in scena l’Atto I della sfida italo-tedesca: ancora privo di Amoroso Malesani si affida al tridente Stanić–Crespo-Ortega per scalfire la fragile retroguardia di Schaaf, che in Emilia si presenta senza Marco Bode. I gialloblù, in crisi di gioco e risultati, approcciano bene la sfida con il Werder e al 5′ trovano l’1-0 con Crespo a infilare in porta un traversone dalla destra di Ortega, facilitato da un buco di Baumann. I locali sembrano giocare per “rinchiodare” i bulloni traballanti sulla panchina di Malesani e, nonostante qualche spavento nel finale, producono un buon calcio non arrotondando però quello che comunque è successo importante se non altro per il clean-sheet.
Teutonici ed emiliani rinnovano la sfida una settimana più tardi in un Weser Stadion bollente e pronto a spingere i locali verso la rimonta, anche in virtù di quanto successo con il Lione. Malesani conferma lo stesso undici iniziale del primo round, mentre Schaaf ritrova Bode. Come è lecito aspettarsi il Werder conduce le danze, con un baricentro molto alto che mette in difficoltà un Parma incapace di gestire il pallone. L’equilibrio è rotto con merito dal Werder alla mezz’ora, con Herzog che approfitta di un errato anticipo di Sartor per sfondare in area e servire a Dabrowski il pallone del vantaggio; paradossalmente il Parma trova l’immediato pari grazie alla solita dormiente difesa tedesca, con Stanić bravo di testa a infilare un cross di Sartor su uno dei pochi spunti ospiti della gara.
La sliding door della partita arriva pochi minuti più tardi, con un colossale tre contro uno che al Parma capita forse sui piedi sbagliati, quelli di Dino Baggio che grazia il Werder. I locali ringraziano, e applicando la più dura delle leggi non scritte del football colpiscono sul gong con un’azione fotocopia rispetto all’1-0: il Werder sfonda ancora dalle parti di Sartor, e con Ailton va al cross che Bode spinge comodamente in rete. Il 2-1 qualificherebbe ancora il Parma, motivo per cui l’abbrivio di ripresa è furibondo da parte del Werder che attacca a testa bassa fino a trovare un 3-1 quasi inesorabile, dopo un paio di pericoli scampati per un soffio dagli ospiti: Buffon smanaccia in corner un traversone forse destinato sul fondo, sull’angolo che ne consegue uno sfortunato Sartor prolunga sul secondo palo dove nella carambola con Ailton Cannavaro insacca il gol qualificazione del Werder.
Per trovare il 3-2 ci sarebbe quasi mezz’ora, ma per il Parma non è serata: con Ortega uscito all’intervallo a Malesani non resta che la carta Di Vaio, che in campo per Paulo Sousa non sfrutta le uniche due palle gol degli emiliani. Al fischio fa festa il Werder, alla seconda rimonta dopo quella contro l’Olympique Lione: il Parma, detentore del trofeo, è sorprendentemente fuori dalla Coppa UEFA.
…E POI? Dopo l’amara notte di Brema al Parma non rimane che il Campionato. L’assenza dell’impegno europeo sembra giovare ai ragazzi di Malesani, che inaugurano una lunga serie utile interrotta solamente dalla sconfitta di Torino contro la Juventus (quella del contestatissimo gol di Cannavaro annullato da De Santis). Il Parma accusa un nuovo calo sul traguardo e chiude quarto ex-aequo con l’Inter vedendosi costretto allo spareggio Champions: a Verona ridono i nerazzurri, che trascinati da Roberto Baggio vincono 3-1 chiudendo nel peggiore dei modi la stagione di un Parma che di lì a poco avrebbe subito un brusco ridimensionamento.
Il Werder, dal canto suo, con Schaaf porrà le basi di una squadra destinata a militare nell’elite del calcio tedesco per diversi anni, ma in Coppa UEFA si arena nel turno successivo sbattendo su un Arsenal nettamente superiore e vittorioso in entrambe le sfide: 2-0 ad Higbury e 4-2 al Weser Stadion per i ragazzi di Arsène Wenger che, però, non vinceranno la Coppa.
A trionfare, in una Coppa UEFA priva di italiane tra le prime otto per la prima volta dopo 17 anni, sarà il Galatasaray di Fatih Terim capace di sconfiggere ai rigori i Gunners regalando al calcio turco una delle pagini più memorabili della propria storia; sarà solamente la prima una lunga serie di Coppe UEFA che l’Italia, suo malgrado, sarà costretta a guardare da spettatrice.