Ieri, 31 ottobre, il calcio tedesco ha idealmente festeggiato i cento anni dalla nascita di uno dei suoi figli prediletti: Friedrich, detto Fritz, Walter. Il capitano della Rimet vinta dalla Germania nel 1954 ha legato il proprio nome a doppio filo con la città (e la principale squadra calcistica) di Kaiserslautern.
Nato a Kaiserslautern il 31 ottobre 1920, i genitori di Fritz Walter lo introdussero indirettamente al calcio: lavoravano entrambi, infatti, nel ristorante del club biancorosso. Colori che inizia ad indossare all’età di 8 anni e che lo vedranno in prima squadra nel 1937, nemmeno diciassettenne. Un rapporto, quello tra Walter e i “diavoli rossi”, destinato a non interrompersi mai se non per cause di forza maggiore. Fino alle soglie della quarantina e dopo innumerevoli tentativi da parte di altre società locali e straniere: allettanti proposte rispedite al mittente per restare nella sua città, accanto alla moglie Italia Bortoluzzi (originaria di Belluno) e senza rischiare il posto nella Nazionale di Helmut Schön. Giocava da interno di spiccate doti offensive, come testimoniano le cifre della sua carriera da attaccante puro.
Con il fratello Ottmar ha rappresentato la prima coppia di questo genere capace di laurearsi campione del mondo. In occasione della Coppa Rimet organizzata dalla Svizzera nel 1954, Fritz Walter era già da diversi anni il capitano nonché leggenda della Nationalmannschaft. Fu lui a sollevare il trofeo, dopo il trionfo sui favoriti magiari nella finalissima vinta per 3-2. Un’istantanea che ha reso immortale il figlio di Kaiserslautern. Con la squadra del cuore milita fino al 1959, ormai prossimo ai 40 anni, vincendo due campionati e mettendo a referto un micidiale score: 364 presenze e 357 reti, nell’arco di un ventennio minato dal secondo conflitto mondiale che lo vide chiamato alle armi. Fece il suo ingresso nella Wehrmacht nel dicembre ’40 e trasferito in Francia sei mesi dopo.
Fu in terra francese che nel ’43 ebbe modo di riassaporare un po’ di calcio, giocando con Diedenhofen (l’odierna Thionville) e Saargem’nd (Sarreguemines). Durante il conflitto ebbe dei passaggi pure in Sardegna, Corsica e Isola d’Elba. L’avventurosa presenza di Fritz Walter non si esaurisce così. Lo trasferiscono alla Luftwaffe e qui si fa valere nella squadra dei “Cacciatori Rossi”, finché non viene catturato dagli americani in Boemia nel maggio ’45 e consegnato all’Armata Rossa. La sua fortuna, stando a quanto tramandato ai posteri, sarebbe stata il riconoscimento in un campo ucraino che salvò lui e il fratello Ludwig da un gulag siberiano. L’agognato ritorno a casa avvenne nell’ottobre 1945.
Con la Germania aveva debuttato nel 1940, presentandosi con una tripletta alla Romania. Le prime di 33 reti con la rappresentativa, in 61 incontri ufficiali e un ulteriore torneo iridato, giocato nel ’58 ormai al tramonto. Un’ulteriore curiosità riguarda le migliori condizioni in cui sarebbe stato in grado di eccellere: più il tempo era ostile, soprattutto sotto la pioggia battente, e più Fritz sciorinava prove fantastiche. Questo anche a causa della malaria contratta durante la guerra, malattia che portava Walter a mal sopportare le giornate assolate. Nel 1985 lo stadio del “suo” club diventò il Fritz-Walter Stadion, mentre nel 2004 fu scelto quale miglior giocatore tedesco degli ultimi 50 anni in occasione del Giubileo Uefa.
Uno degli sportivi più amati della storia tedesca, Fritz Walter è morto a Enkenbach-Alsenborn, cittadina a nord-est di Kaiserslautern, il 17 giugno 2002 all’età di 81 anni. Negli anni Ottanta e Novanta salì alla ribalta un attaccante suo omonimo: il più giovane Fritz Walter vinse la Bundesliga ’92 con lo Stoccarda e da capocannoniere del campionato. I due, tuttavia, non erano legati da alcuna parentela.