È giusto parlare già di cambi in panchina?
In effetti, dopo quattro giornate, dire che ci sono già allenatori a rischio può sembrare esagerato. In realtà, per due realtà su tutte, c’è da valutare se continuare così o cambiare il prima possibile. Perché il calcio è fatto in questo modo: pieno di decisioni da prendere, e perfino in fretta.
Appurato che Simone Inzaghi non rischia, seppur la sua Lazio sia lontana parente di quella che lo scorso anno ha stupito, chissà cosa starà pensando Cairo, in queste ore in cui il suo Torino è ancora a zero in classifica, nonostante una squadra costruita per centrarla senza troppi patemi la salvezza. Anzi, che l’obiettivo dei granata sia provare a tornare in Europa è un dato di fatto, ma la cura Giampaolo non funziona. È vero, il Toro ha una partita in meno per la sfida col Genoa da recuperare, ma un avvio così, non fa sperare. C’è bisogno di tornare indietro nel tempo fino alla stagione 2002/2003, per trovare un avvio altrettanto choc dei granata: altri tempi, situazione simile. E dire che Cairo, in estate, aveva dichiarato di voler aprire un ciclo nuovo. Chissà, però, se lo proseguirà ancora con Giampaolo in panchina, che non è riuscito a dare un’identità a questa squadra, nonostante i gol ritrovati di Belotti e un gioco verticale, a volte eccessivamente.
Torino, dunque, con la panchina che balla, e Firenze, pure. Perché ok l’addio di Chiesa, giunto a campionato iniziato, ma la conferma meritata di Iachini qualche mese fa, si sta dimostrando molto meno tale adesso. Vittoria alla prima, due sconfitte poi, il pareggio di Cesena con lo Spezia nell’ultimo weekend: è vero, forse alla Fiorentina manca qualche tassello, nonostante Callejón sia un ottimo innesto, ancora da rodare. Commisso è uno che ha tanta pazienza (ricordiamoci della conferma di Montella) ma nel frattempo, c’è una suggestione, a Firenze, che stuzzica: Sarri. Che magari ha anche voglia di rimettersi in gioco, dopo la delusione, che ancora scotta, in bianconero. E perché non provarci, allora, a Firenze, storicamente e sportivamente avversa a quella bianconera.
Detto ciò, la sensazione è che in questi casi sia sempre troppo presto per poter pensare di cambiare allenatore. Quattro giornate son effettivamente poche per un giudizio ragionato, anche con risultati così negativi. Si rischia di vanificare preparazione e progettazioni iniziali, per quanto la pandemia abbia stravolto le cose, quest’anno. Ma nel calcio non si sa più attendere: ed è questa, forse, la prima vera cosa da cambiare.