Un paradosso tutto italiano e il dilemma del “the show must go on”
I campionati europei hanno ripreso la propria corsa ovunque e, tutto sommato, fino a questo momento sono state limitate le situazioni più scomode nel tentativo di conciliare calcio e tutela della salute. Nuovi casi sono sorti in numerose squadre, alcune hanno finito per giocare quasi decimate, come il PSG a inizio stagione, ma mai si era creato un paradosso tutto italiano come quello che stiamo vivendo in queste ore con il caso di Juventus-Napoli: mettere i risultati sportivi sullo stesso piano della protezione della salute individuale e collettiva, facendo scontrare protocolli del calcio e leggi nazionali e regionali.
Situazioni limitate, ma non del tutto evitate. Perché, va detto, lo 0-3 a tavolino che ora spaventa e indigna il Napoli e la sua tifoseria è una decisione che ha già dei precedenti: abbiamo visto partite cancellate in Champions ed Europa League, ma anche in Inghilterra con la Carabao Cup (l’ultimo caso noto è stato il ko d’ufficio del Leyton Orient contro il Tottenham). La morale resta la stessa di qualche mese fa, quando si decise di ripartire: the show must go on. A tutti i costi. C’è davanti la stagione più difficile di sempre, con calendari fittissimi e l’obbligo di finire entro una certa data, perché poi ci sono da recuperare pure gli Europei: fermarsi e rinviare è quasi impossibile.
In questo week-end abbiamo assistito al primo rinvio in Serie A a causa di contagi da COVID-19. Genoa-Torino, giustamente, non si è disputata, perché nei rossoblù si è creato un vero e proprio focolaio. È stato l’episodio, però, che ha smascherato l’impreparazione di Lega e FIGC sulla modalità di gestione di situazioni simili, come se il risalire dei contagi di queste settimane fosse una sorpresa (e non lo è, almeno per chi ha voluto ascoltare pareri dal mondo della medicina). E così, oltre ad aver accolto la normativa UEFA (si gioca se vi sono almeno 12 giocatori di movimento più il portiere), abbiamo deciso di aggiungere una postilla che farebbe ridere, se non ci fosse da piangere: se si hanno almeno 10 positivi in squadra, un vero e proprio focolaio, si può richiedere il rinvio, ma una volta sola. Insomma, diventa un bonus che ci si può giocare, come se le società potessero decidere di volta in volta quanti contagiati avranno. Ma appunto, the show must go on.
🔴🔵 Ufficiale: rinviata la gara #GenoaTorino di @SerieA ➡️ https://t.co/Q9XFiFGkj7 pic.twitter.com/RlumVwIqBo
— Genoa CFC (@GenoaCFC) October 1, 2020
Non c’è stato nemmeno il tempo di sollevare dubbi e perplessità su questa norma che ci si è ritrovati all’assurda situazione da cui siamo partiti, Juventus-Napoli. L’Asl ha bloccato la trasferta degli azzurri con un provvedimento che ha delle tracce di ambiguità, soprattutto dopo quanto accaduto con il Genoa, sceso in campo comunque contro il Napoli, salvo poi scoprire che stavano giocando calciatori contagiati: isolamento fiduciario per i positivi e persone che hanno avuto diretti contatti, ovvero i calciatori messi in elenco (in cui mancano Meret e Milik), e riferimenti alla circolare del 18 giugno 2020 del Ministero della Salute, secondo cui può scendere in campo coloro che risultino negativi al tampone a cui sono sottoposti 4 ore prima della sfida, per poi tornare in isolamento fiduciario dopo la gara.
Dall’altra parte, Juventus e Lega hanno pensato bene di entrare a gamba tesa: la gara resta in programma e se il Napoli non si presenta sarà 3-0 a tavolino. I social bianconeri hanno fatto il resto, con pure la pubblicazione di un tragicomico post con il “matchday” di giornata poco fa. Benzina sul fuoco per creare un clima ancora più incandescente, in cui nessuno finirà per vincere e saranno i calciatori, vittime di questo teatrino, a rimetterci la salute.
Matchday! ⚪️⚫️ #JuveNapoli pic.twitter.com/KGsU5nkRHU
— JuventusFC (@juventusfc) October 4, 2020
Hanno tutti provato a cercare il cavillo nei vari protocolli, ma un principio pensavamo fosse già assodato: in materia sanitaria, prevale la legislazione concorrente di Stato e Regioni. Lo stabilisce l’articolo 117 della nostra Costituzione che, per buona pace di chi vuole giocare a tutti i costi, vale ben di più di un protocollo della Lega Calcio. Più in particolare, come confermato anche dal Ministero della Salute, il provvedimento dell’Asl prevale in queste decisioni, gestendo così tutte le questioni relative a isolamento in caso di positività a COVID-19 e gestione dei casi e focolai.
In fondo, non è da qui che eravamo partiti qualche mese fa, quando questo virus ci faceva ancora paura? Siamo arrivati a chiudere le Regioni, a bloccare gli spostamenti di intere famiglie per evitare che si creassero nuovi focolai. E ora che si crea una potenziale diffusione dei contagi in un ambito lavorativo fatto di contatti inevitabili, perché questo caos legislativo e un tale tentennamento della FIGC? Attendiamo gli ultimi sviluppi, perché finalmente si parla di rinvio della gara. È un’ipotesi che fa paura, certo, perché il campionato sarà difficilissimo da portare fino alla fine. Ma evitiamo, in nome del calcio, di creare situazioni paradossali, pianeti a sé, anche sul piano legislativo, con trattamenti ad hoc e continue deroghe. Come se quanto accaduto negli scorsi mesi non fosse mai esistito.