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Il presidente della Federcalcio francese Le Graët ha detto che il razzismo nello sport non esiste. Ed è falso

In Francia, l’argomento che continua a dominare le prime pagine dei giornali è, in maniera indiscutibile, la partita tra PSG e Olympique Marsiglia di qualche sera fa. Una gara che ha lasciato dietro di sé enormi strascichi, una vera e propria partita della vergogna, ormai dimenticata per quanto accaduto sul piano tecnico e tattico e dominata dalle immagini di grande violenza emersa in campo tra risse ed espulsioni, fino allo sputo di Di Maria addosso a un avversario in piena pandemia.

Ma quella tra i parigini e i marsigliesi è stata anche l’ennesima partita caratterizzata da un episodio di razzismo: gli insulti di Gonzalez rivolti a Neymar avevano scaldato sin da subito gli animi in campo e ora sono l’oggetto principale di scandalo nella parte sana delle tifoserie francesi. Ma tra le accuse del PSG e i suoi giocatori e i tentativi di difesa dell’OM, è arrivato l’intervento meno opportuno possibile, soprattutto perché pronunciato dal massimo rappresentante del calcio d’Oltralpe: il presidente della Federcalcio Noël Le Graët.

Ci si sarebbe attesi una condanna ferma e dura da parte di uno dei massimi dirigenti del mondo sportivo francese (tra l’altro, anche ex politico, essendo stato sindaco di Guingamp per 13 anni) e, invece, Le Graët ha pensato bene di sminuire la vicenda con un’affermazione quasi paradossale: “Non so che cosa abbia detto (Gonzalez), non ho sentito. In una gara, può capitare che ci siano delle divergenze. Ma siamo a meno dell’1% delle difficoltà oggi. Quando un nero segna un gol, tutto lo stadio si alza in piedi. Il fenomeno del razzismo nello sport e nel calcio in particolare non esiste, o comunque poco”

Dichiarazioni sconvolgenti, ma non così sorprendenti: già lo scorso settembre, il presidente aveva chiesto agli arbitri di non fermare le partite in caso di cori razzisti. Completamente in controtendenza all’idea che si sta facendo sempre più avanti nello sport di oggi, Italia compresa.

Il vero problema di questa affermazione non è soltanto quello di tendere a minimizzare un fenomeno sociale esistente, in costante crescita e per troppo tempo fatto passare silenziosamente come cosa comunemente accettata. Ma è soprattutto falsa. In Francia il problema del razzismo dello sport e pure nel calcio resta una realtà concreta e drammatica ed è estremamente grave se il suo massimo rappresentante finge di non vederlo.

Nel 2018, per esempio, il giocatore dilettante Kerfalla Sissoko raccontò al New York Times la sua esperienza, rivelando di quanto fosse intriso di razzismo il calcio amatoriale francese. Lo aveva confermato, d’altra parte, anche una ricerca dello stesso anno della Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo, che aveva registrato 74 casi di razzismo, pur con la consapevolezza che fossero soltanto una parte di quelli realmente accaduti.

Ma anche tra i professionisti, sembra essere già finita nel dimenticatoio la vicenda avvenuta nell’aprile del 2019 durante Dijon-Amiens, quando l’arbitro fu costretto a interrompere la partite per diversi minuti a causa di alcuni cori e ululati razzisti verso il difensore Prince Gouano. Un caso che creò scandalo in tutto il mondo. Evidentemente, non per Le Graët.

E se i dati in Francia non sono sufficienti, basta vedere nel resto d’Europa altri dati ed episodi. In Inghilterra, per esempio, la nota organizzazione Kick It Out ha registrato nel suo rapporto annuale un aumento del 42% degli episodi di discriminazione e del 53% nei più specifici episodi di razzismo. Mentre nella nostra rubrica Razzie di Calcio (in cui vi avevamo raccontato poco prima del lockdown tutti gli episodi più gravi avvenuti nei vari week-end a livello dilettantistico) avevamo evidenziato ben 17 episodi di stampo razzista sul totale dei 39 segnalati.