Pallone in Soffitta – Il grande rimpianto di Viliam Schrojf
Metti un portiere praticamente sconosciuto nel resto del mondo, in un’epoca ben lontana da internet e dalla normalità della televisione presente in ogni attimo del calcio di alto livello. Una Cecoslovacchia talentuosa e forse sottostimata, capace al Mondiale 1962 di spingersi oltre ogni più rosea previsione. Poi, il “tradimento” del portiere Viliam Schrojf, che vide mutare quella Coppa Rimet da sensazionale a terribile nel giro di poche ore.
OLTRE LE PREVISIONI. La Cecoslovacchia fu la vera sorpresa della settima edizione della Coppa Rimet, disputata in Cile nel 1962. Una manifestazione a cui si qualificò per un pelo, con affanno, dopo l’arrivo a pari punti con la Scozia nelle eliminatorie. Lo spareggio in campo neutro a Bruxelles, nel novembre 1961, vide i britannici soccombere 4-2 ma solamente dopo i supplementari. Un viaggio sudato, insomma, quello dei cecoslovacchi verso il Sudamerica. Nella fase finale, l’inserimento nel raggruppamento 3 (interamente disputato all’Estadio Sausalito di Viña del Mar) insieme ai campioni uscenti del Brasile di Pelé, Messico e Spagna. Stibranyi match-winner dell’incontro inaugurale (1-0) contro gli iberici, poi il pari a reti bianche proprio con i verdeoro. La terza e ultima gara vide una sconfitta indolore (3-1) nel match con il Messico: alla fine, la Cecoslovacchia passò come seconda dietro il Brasile. Ecco il momento del “dentro o fuori”, quando la competizione entra nel vivo con i match a eliminazione diretta. La Cecoslovacchia di Vytlacil pesca l’Ungheria nei quarti e l’affronta a Rancagua, uscendone vincitrice con il minimo scarto: stavolta, il ruolo del mattatore tocca a Scherer.
UN GATTO TRA I PALI. Tra i pali della Cecoslovacchia staziona un portiere precocemente stempiato, dalla divisa completamente nera e che colpisce per lo sguardo deciso: si chiama Viljam Schrojf, sta per compiere 31 anni e milita nello Slovan Bratislava. Disputa il suo terzo Mondiale, il primo da titolare. Descritto dal giornalista Gian Paolo Ormezzano quale unico giocatore di classe di quella squadra insieme al sobrio Josef Masopust (successivo vincitore del Pallone d’Oro quell’anno), ma pure “sin troppo spettacolare”, Schrojf aveva contribuito durante il Mondiale alla cavalcata dei suoi grazie a numerosi interventi decisivi. In semifinale il copione si ripete, grazie al 3-1 con cui i cecoslovacchi regolano la Jugoslavia accedendo, per la seconda volta nella storia, alla finalissima iridata. Ed è quel giorno, il 17 giugno 1962 all’Estadio Nacional di Santiago, che si consuma una beffa colossale.
MACCHIA INDELEBILE. Il citato Masopust porta in vantaggio il collettivo europeo al quarto d’ora, però appena due minuti dopo Schrojf ci mette del suo: il portiere sbaglia l’uscita lasciando scoperto il primo palo su Amarildo che sta per calciare dalla sinistra. Il “Garoto” lo infila senza pietà proprio su quel corridoio colpevolmente lasciato sguarnito. 1-1. La partita vede la Cecoslovacchia in fase contenitiva, forse Vytlacil confida nei supplementari. Ma nessuno ha fatto i conti con la giornataccia di Schrojf, che si fa prima scavalcare da un cross di Amarildo per Zito, a segno comodamente di testa. Poi non trattiene un pallone calciato da Djalma Santos, lasciando via libera a Vavà per la ribattuta vincente da due passi. Il Brasile, forse andando ben oltre i propri meriti, si decora con la seconda corona iridata. La Cecoslovacchia è stata invece affossata da uno dei suoi protagonisti principali, incappato nella giornata più brutta della sua storia da calciatore. A poco servirà l’elezione della Fifa nella squadra del torneo come migliore portiere di quella Rimet: su Viljam Schrojf resterà indelebile la macchia di un’irripetibile occasione perduta – da lui e dal suo Paese – per scrivere una pagina leggendaria. È scomparso nel 2007 all’età di 76 anni, nella sua Bratislava. Sicuramente gli è andata molto meglio che al brasiliano Moacyr Barbosa, protagonista del “Maracanazo” 1950, a cui i gol presi in finale costarono un’etichetta permanente per il resto dei suoi giorni. Schrojf, nonostante tutti gli errori di quella finalissima ’62, può – e deve – essere considerato quale miglior portiere slovacco di sempre.
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