Dieci anni fa molte cose erano diverse, i tempi cambiano alla velocità della luce con la tecnologia a farla sempre più da padrona; eppure un punto in comune c’è: l’Inter in una finale europea. Un decennio fa era quella di José Mourinho a Madrid contro il Bayer Monaco, oggi c’è Antonio Conte a Colonia contro il Siviglia.
I nerazzurri hanno sconfitto nettamente lo Shaktar Donetsk con un perentorio 5-0 marcato dalle doppiette di Lautaro Martinez e Lukaku, giunti a quota 54 gol di coppia in stagione. Inutile nascondersi, i due attaccanti ricordano la coppia d’oro del Triplete, Diego Milito e Samuel Eto’o. I due argentini in particolare hanno un filo conduttore tra passato e futuro dell’Inter: lanciati entrambi dal Racing Club de Avellaneda hanno sfondato in Europa con la maglia nerazzurra. Fu inoltre proprio Milito, a fine carriera, a consigliare l’acquisto di Lautaro che, spinto dal suo idolo, non ebbe dubbi ad approdare a Milano.
Ma l’attacco non è formato da un solo uomo, come in passato con Mauro Icardi: dopo il suo addio Conte ha insistito per avere in squadra Romelu Lukaku e la sua fiducia è stata abbondantemente ripagata. Impossibile non spendere un ulteriore parallelo: Samuel Eto’o forse non lo ricorda per la potenza in area di rigore, ma il loro cinismo sotto porta è molto simile. Uno camerunense, l’altro belga ma con origini dallo Zaire sono il classico punto di riferimento per tutta la squadra con uno spirito di sacrificio fuori dal comune: l’arrivo di Eto’o di fatto regalò la Champions League a Moratti, ora Zhang si aspetta altrettanto da Lukaku.
Poi ci sono Antonio Conte e Josè Mourinho, due allenatori tanto diversi eppure molto simili: entrambi con un passato al Chelsea, i due approcciano la partita con due moduli diversi (la difesa a tre per l’italiano è un dogma, il portoghese non abbandona quasi mai lo schieramento a quattro) nonostante i risultati siano quasi sempre vincenti. La loro abilità principale sta nell’entrare nella testa dei giocatori motivandoli a dare il massimo in ogni situazione: dove non arriva il talento, la carica che i due tecnici infondono ai loro uomini colma il divario contro ogni avversario.
Forse i paragoni tra le due Inter finiscono qui: lo Zanetti del 2010 oggi è difficile da scorgere nonostante la fascia di capitano sul braccio di Handanovic. Nicolò Barella a centrocampo è il prototipo perfetto di giocatore moderno, a tuttocampo, che forse nella rosa del Triplete poteva essere Cambiasso. Lucio e Godin sono arrivati a Milano a carriera inoltrata, mentre il Brozovic di oggi potrebbe essere paragonato a Thiago Motta (assente per squalifica la notte della finale).
Per completare l’opera l’Inter deve fare un ultimo passo, battere il Siviglia nella finale di venerdì sera a Colonia; mai nessuna squadra italiana ha alzato al cielo l’Europa League e sono passati ventuno anni dall’ultima affermazione del Parma nella vecchia Coppa Uefa. Il tempo passa, veloce ed inesorabile: mettere in bacheca un trofeo è la base di partenza per il futuro vincente targato Inter.