Se vi trovate a Kazan – capitale del Tatarstan, stato musulmano, e sesta città più popolata della Russia – e fate il nome di Kurban Berdyev, probabilmente vi offriranno da bere. Perché la favola del Rubin Kazan porta assolutamente la firma di questo allenatore turkmeno, alla guida del club per dodici anni, dal 2001 al 2013. In questo periodo la squadra ebbe una escalation significativa, che la portò a conquistare per la prima volta la promozione in Prem’er-Liga (2002) e a fregiarsi per due volte consecutive del titolo di Campione di Russia (2008 e 2009).
Come detto, Berdyev giunge sulla panchina del Rubin nel 2001, dopo una lunga gavetta (aveva allenato prevalentemente squadre kazake, oltre ai turchi del Gençlerbirliği e la Nazionale del Turkmenistan). Non ci mette molto a dare un’impronta alla squadra e infatti nel 2002, appena un anno dopo il suo ingaggio, trascina il Rubin in Prem’er-Liga per la prima volta nella sua storia. Il primo anno è sorprendente, tant’è che i russi riescono a centrare un terzo posto impensabile alla vigilia. Ciò gli permette di qualificarsi per la successiva Coppa UEFA, ma anche a causa della scarsa esperienza internazionale non vanno oltre il secondo turno preliminare, superati dal Rapid Vienna. Seguono stagioni interlocutorie, nelle quali il Rubin Kazan si piazza rispettivamente decimo, quarto, quinto e ancora decimo.
Nessuno osa immaginare cosa accadrà nel 2008. Certo, la società si era mossa con solerzia sul mercato, prelevando calciatori di assoluto livello. Dalla Dinamo Kiev era arrivato il 34enne attaccante Rebrov, colonna della Nazionale ucraina; dal Newell’s Old Boys il promettente terzino Ansaldi; dal FC Mosca il centrocampista Semak; dall’Osasuna l’esperta punta Milošević, vecchia conoscenza del campionato italiano; dal Trabzonspor il promettente centrocampista Gökdeniz Karadeniz. L’inizio è devastante, gli uomini di Berdyev riescono a vincere le prime sette partite, concedendosi gli scalpi di Lokomotiv Mosca, Zenit e Dinamo Mosca. Segue un periodo di appannamento, in cui il Rubin ottiene solamente nove punti in nove partite (frutto di una vittoria e ben sei pareggi).
Ma dal 10 agosto 2008, giorno della roboante vittoria (4-1) contro lo Zenit, la marcia viene ripresa. Stavolta il Rubin ne vince sei di fila, prima di capitolare in casa contro l’FC Mosca. Chi si aspetta un nuovo scivolone, però, si sbaglia di grosso. Stavolta la concentrazione viene mantenuta e gli uomini di Berdyev possono festeggiare il loro primo titolo, con tre giornate di anticipo. È un trionfo epocale, non solo perché è il terzo club non moscovita a vincere il campionato, ma perché la vittoria del Rubin porta alla ribalta un club che fino a pochi anni prima non aveva mai conosciuto la Serie A.
Nel 2009, in virtù dello scudetto conquistato l’anno precedente, può partecipare alla Champions League. Capita in un girone di ferro, in compagnia Barcellona, Inter e Dinamo Kiev. Ma riesce a farsi valere. Rimane imbattuto contro il Barça, pareggiando 0-0 in casa e addirittura vincendo 2-1 al Camp Nou. Una favola che si arresta solo nell’ultima partita del girone, persa a Milano con l’Inter, che lo rassegna alla “retrocessione” in Europa League (qui giungerà fino agli ottavi di finale, sconfitto dal Wolfsburg).
Se in Europa il Rubin sfiora l’impresa di qualificarsi alla seconda fase di Champions, in campionato è quasi senza rivali. Comincia col piede giusto, ma è soprattutto nel girone di ritorno che innesta la marcia decisiva. Come l’anno precedente ottiene un filotto di successi consecutivi (6) a cui fanno seguito tre partite deludenti (un pareggio e due sconfitte). Ma è solo un incidente di percorso, il Rubin è deciso a fare il bis: non sbaglia più, conquista cinque vittorie e un pareggio e stravince il campionato distanziando di ben otto lunghezze lo Spartak Mosca. Ancora una volta l’elmetto d’oro – simbolo della vittoria – viene calzato sulla testa del condottiero Kurban Berdyev e dei suoi fidi soldati.