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La lepre-Juventus e Maurizio Sarri, l’allenatore venuto da lontano

L’eterna lotta tra juventini e anti-juventini è un po’ come quella tra guelfi e ghibellini. O appartieni a una fazione o appartieni all’altra. E all’indomani dello scudetto, il nono consecutivo, questa diatriba si rinfocola. I tifosi bianconeri mostrano fieramente il petto e indicano le tre stelle d’oro che sovrastano lo stemma di “Campioni d’Italia”. Facendolo eccedono spesso nella spocchia di chi sa di essere il più forte e se ne vanta senza troppo ritegno. I loro oppositori masticano amaro e cercano un modo per non pensarci. Si mischiano l’avversione e, sotto sotto, l’ammirazione. La lotta si effettua a colpi di post sui social, di hashtag. La Juventus parla di #stron9er, gli avversari rispolverano il sempreverde #finoalconfine.

Se vogliamo, la novella della “Juve contro tutti” rappresenta una moderna rivisitazione de “La lepre e la tartaruga”. Solo che stavolta finisce diversamente, con la lepre che, pur gingillandosi durante il percorso, taglia per prima il traguardo. Merito suo ma anche demerito delle altre contendenti. In un campionato più equilibrato del solito, e reso ancora più incerto dalla pausa forzata, le tartarughe all’inseguimento avevano una grande occasione. Ma si sono impantanate da sole e, una ad una, sono uscite dalla lotta: prima la Lazio, poi l’Inter e l’Atalanta, non sono riuscite a tenere un passo deciso e hanno finito per consegnare lo scudetto alla Juventus. Con due giornate d’anticipo, nonostante gli innegabili alti e bassi della squadra di Sarri.

A proposito di Sarri. Lui sì che è un personaggio fiabesco. Uno che raggiunge la Serie A a 55 anni, dopo aver girovagato nelle serie minori, e poi arriva al Napoli, quindi al Chelsea e alla Juventus in una continua escalation, appartiene quasi alla fantasia. È la rappresentazione ideale della lucida testardaggine che lo ha sempre contraddistinto. Senza corsie preferenziali, in un mondo in cui spesso la spinta della “gente che conta” ti aiuta a superare di slancio gli ostacoli. In un momento buio in cui molti si sarebbero arresi – era stato esonerato dal Sorrento – ha avuto la fortuna e la bravura di cambiare il corso della sua carriera. Potrà piacere o non piacere il suo modo di giocare, pure il suo modo di porsi, ma Sarri andrebbe ammirato solo per questo.

Se parliamo poi della sua esperienza juventina, Sarri ha dovuto cambiare fisionomia alle sue idee, tramutarle in base ai giocatori a disposizione. Credo che questo sia un motivo di forza, non di debolezza. Certo, non sempre la squadra ha giocato un calcio spumeggiante. Ma in un ambiente in cui non basta più vincere e basta, ma bisogna stravincere, è facile finire nella traiettoria del fuoco amico. Adesso qualcuno si è zittito, qualcun altro è salito sul carro in attesa di ridiscendere nell’eventualità di una precoce eliminazione dalla Champions League. Per ora Sarri ha incassato le critiche ma sa benissimo che i suoi detrattori sono dietro l’angolo, pronti a tornare alla carica. C’è solo un modo per prendersi una rivincita completa: vincere la coppa dalle grandi orecchie. Nel “magico mondo” di Maurizio Sarri – l’allenatore che ha vinto in qualunque categoria – tutto è possibile.