Come dice il proverbio “la fortuna aiuta gli audaci”. Ma la sensazione è che ieri, nella finale play-off contro il Bari, la Reggio Audace – ma che per tutti, pure per noi, è Reggiana – non sia stata premiata solamente dalla dea bendata. La vittoria di misura, scaturita grazie a una rete del giovane sierraleonese Kargbo, è stata il frutto di una gara giocata con lucidità e scaltrezza. Senza farsi troppo carico della delicatezza della posta in palio, che poteva far tremare le gambe nel momento meno opportuno. A differenza del Bari, auto-appesantito dal fardello di una promozione da centrare a tutti i costi e paradossalmente poco affamato sul campo.
I meriti dell’allenatore Massimiliano Alvini sono indubbi. Ha saputo gestire la pressione di una partita così importante senza sbagliare una virgola. Ha studiato tutto alla perfezione, affidandosi al pragmatismo che lo ha sempre contraddistinto. La Reggiana è partita forte, ha centrato due pali, ha atteso pazientemente che anche il Bari facesse le sue mosse. Senza mai disunirsi, sollecitata dalle urla fuoricampo del suo direttore di scena. E ha trovato il gol della vittoria cinque minuti dall’inizio della ripresa, con un’incursione di Kargbo che ha eluso il fuorigioco barese e ha battuto Frattali con un preciso colpo di testa.
Dopo la rete del vantaggio, la squadra ha continuato nella tattica utilizzata fino a quel momento. Stando magari più attenta in fase difensiva e facendo rifiatare via via i giocatori più sottoposti alla fatica. Anche quando il Bari non aveva più nulla da perdere e ha cominciato ad attaccare a capo basso, la Reggiana non ha mollato la presa. Anzi, si è data forza da sola: ha regalato meno allo spettacolo e ha riposto il fioretto in luogo della spada, ma non ha mai perso il controllo della situazione. Alla fine, anche se rimangono i dubbi baresi per il gol annullato ad Antenucci per fallo di mano, ha vinto la squadra più furba, più smaliziata, più concentrata.
D’altronde tutte queste qualità incarnano perfettamente lo spirito di Massimiliano Alvini. Un allenatore forse poco appariscente, ma la cui impronta sulla squadra si vede fin dal primo minuto. Determinazione, grinta, preparazione della partita dell’allenatore fanno il paio con la semplicità e l’umiltà dell’uomo. Qualità che gli hanno permesso di essere stimato anche in quelle piazze in cui ha fatto meno bene. A parlare per Alvini è la carriera, contraddistinta da tanta gavetta e da quell’incredibile exploit sulla panchina del Tuttocuoio, avvenuto tra il 2008 e il 2015. Il passaggio dalla Promozione all’Eccellenza, la subitanea promozione in Serie D, la vittoria della Coppa Italia dilettanti, le salvezze in D prima di essere promosso nella nuova Lega Pro unica, le due miracolose salvezze in C.
Già allora si pensava che prima o poi la carriera di Massimiliano sarebbe svoltata. Serviva l’occasione giusta, con la squadra giusta per lui. Questa squadra era la Reggiana.