Edoardo Bennato e Gianna Nannini, Ricky Martin, Shakira, Diana Ross e… Ennio Morricone! Ebbene sì, tra i lasciti che il più grande maestro della musica italiana del XX Secolo ci ha fornito non ci sono soltanto le meravigliose opere e le ballate che hanno fatto da colonna sonora ai più bei film che abbiamo visto nella vita. Spaghetti Western, Trilogie, pellicole da Oscar che ci accompagnano per una vita intera. No, c’è dell’altro e, del resto, un genio come il suo non poteva contenersi dentro confini prestabiliti.
Ennio Morricone ha messo la firma anche nel calcio, più precisamente nel campionato mondiale organizzato dall’Argentina nel 1978. “El Mundial” (conosciuta popolarmente come “25 milioni di argentini”) è una canzone strumentale, tranne che per una sola voce nei primi secondi che annuncia “Argentina, ecco i Mondiali”. Il pezzo è semplice e allegro, decorato con un coro costante che accompagna il suono degli strumenti e arricchito da strumenti a fiato e sintetizzatori. Silvia Dionisio, attrice italiana degli anni ’70, prestò il suo volto per la copertina dell’album inciso in quell’anno. A dire la verità, gli inni erano due: se questo era quello considerato “ufficiale”va livello internazionale, ce n’era poi un altro che risuonava spesso nelle case degli argentini e si chiama “La marcia ufficiale della Coppa del Mondo”, composta da Martín Garré ed eseguita dalla Banda Sinfonica Municipale della Città di Buenos Aires con il coro stabile del Teatro Colón.
All’epoca, molti artisti, intellettuali e anche calciatori (vedi Cruijff), si rifiutarono di appoggiare il mondiale argentino, vista la dittatura disumana del generale Jorge Videla, e anche Morricone subì numerose polemiche, per aver prestato la propria arte al servizio del regime. Non è un mistero, però, che in quegli anni il legame tra il nostro Paese e la terra d’argento fosse molto forte, cementato da legami politici occulti, come ad esempio le relazioni tra Licio Gelli e Juan Domingo Perón. Quando questi, il 13 ottobre 1973, toma trionfalmente in Argentina dopo l’esilio, è la compagnia aerea Alitalia a portarcelo e non Aerolineas Argentinas, perché è Gelli ad organizzare il viaggio. La P2, dopo la morte del Caudillo nel ’74, è stata poi coinvolta nella pianificazione del colpo di Stato del 24 Marzo del 1976 e ha avuto una grande influenza. Basti pensare che Licio Gelli aveva, durante la dittatura, un posto all’ambasciata argentina in Italia e un passaporto diplomatico argentino – uno dei tanti – che era stato materialmente fabbricato dai prigionieri nel campo clandestino di concentramento della ESMA. Gelli arruolò nella P2 importanti uomini di potere, coinvolti in qualche modo anche nell’organizzazione del mondiale: José Lòpez Rega (l’influente ministro del Benessere sociale), Alberto Vignes (ministro degli Esteri), l’ammiraglio Eduardo Emilio Massera (capo maggiore della Marina), l’ammiraglio Carlos Alberto Corti, e altri militari; così anche in Argentina come in precedenza in Italia, Gelli instaura strettissimi legami con ufficiali e uomini chiave dei Servizi Segreti.
Nel dicembre del ’76, anno del golpe, venne creato l’EAM (Ente Autàrchico Mùndial), con l’avallo silenzioso della FIFA. Ben si capisce, dunque, come Morricone, all’epoca già un’icona della musica nel mondo, fosse stato il prescelto per dare una melodia alla Coppa del Mondo. Il Maestro, in una delle tante interviste rilasciate nella sua vita, non ha mai fatto mistero nemmeno del suo tifo per la Roma, dichiarando che gli sarebbe piaciuto scrivere un inno anche per la sua squadra, ma solo a patto che riuscisse a migliorare il rendimento (detta in senso ironico, ovviamente).
Non sarà quella l’unica volta, comunque, in cui il compositore romano sarà oggetto di polemiche. Nel 2011, in occasione di una rassegna musicale internazionale in Uzbekistan, partecipò insieme ad altri artisti italiani alla corte del leader politico di quegli anni, Karimov. L’Uzbekistan è considerato come uno dei paesi in cui si verificano le più gravi violazioni dei diritti umani. Il Guardian stroncò addirittura Sting, anch’egli invitato e definito “a libro paga del regime tirannico uzbeko”. L’opera argentina del maestro Morricone non verrà certo ricordata come il suo masterpiece, per fortuna il suo lascito di immensi capolavori, il più delle volte associati alle pietre miliari della storia del cinema, occupa un posto primario nei cuori di tutti quelli che si sono lasciati trasportare dalla magia che ha saputo creare dalle sue inestimabili mani.