Notti magiche, inseguendo un gol, sotto il cielo di un’estate italiana. E negli occhi tuoi voglia di vincere, un’estate, un’avventura in più… Sono ormai trent’anni che le note e le parole di quella canzone fanno venire i brividi a milioni di italiani. Quello non fu un semplice Mondiale, e in questi giorni sulle pagine del nostro sito abbiamo provato a farvelo capire, celebrando un evento che è rimasto prepotentemente nei nostri cuori. Bennato e la Nannini hanno letteralmente azzeccato la canzone: volevano scrivere un motivo che facesse da sottofondo a un grande evento, hanno sfornato la colonna sonora di una vita.
Per noi italiani quelle furono veramente “notti magiche”, nelle quali inseguivamo un gol, una vittoria, un successo. Come squadra, come popolo. Ma fra di noi ci fu un italiano al quale la strofa citata in apertura calzò a pennello più che ad altri, tanto da sembrare scritta per lui, a posteriori (basti pensare all’immagine degli occhi spiritati con la voglia di vincere). Ovviamente ci riferiamo a Salvatore Schillaci, in arte Totò (già, perché di artista trattasi). Un siciliano che per un mese si eresse a eroe nazionale, sfidando i grandi del pianeta e portando gli azzurri a un passo dalla realizzazione di un sogno.
Se si considera che soltanto un anno prima Schillaci giocava in Serie B con la maglia del Messina, l’exploit al mondiale ha del clamoroso. Non solo il titolo di capocannoniere del torneo con 6 reti, ma anche la palma di miglior giocatore di Italia ’90 e un secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro di quegli anni, alle spalle di Lothar Matthäus. Il merito della Juve, che si affidò a lui nell’anno dei Mondiali (15 gol in 30 presenze), e di Azeglio Vicini, che ebbe il coraggio di puntare sulla coppia Baggio-Schillaci, relegando spesso in panchina due come Vialli e Mancini.
Già dalla gara d’esordio si capì che le stelle erano allineate a suo favore: contro l’Austria il cittì lo manda in campo al 75′ e Totò, dopo appena tre minuti, lo ripaga col gol vittoria. La svolta nella terza gara del girone: il gioco azzurro stentava a ingranare, anche se erano arrivati i risultati; contro la Cecoslovacchia Vicini si affida ai due compagni in maglia bianconera già dall’avvio e il 2-0 porta proprio la firma di Totò in apertura e del Divin Codino nel finale. Da quel momento in poi, Schillaci gioca sempre titolare e segna contro chiunque.
La cosa bella è che gli riesce tutto e la butta dentro in ogni modo: di testa come contro Austria e Cecoslovacchia nei gironi, con una gran botta da fuori di sinistro come contro l’Uruguay negli ottavi, di rapina dopo la respinta del portiere come contro l’Irlanda ai quarti o come contro l’Argentina in semifinale, dal dischetto come contro l’Inghilterra nella finalina per il 3° posto (con Baggio che gli lascia il pallone per consentirgli di vincere la classifica marcatori).
Un siciliano sul tetto del mondo. Agli occhi di un bambino che allora aveva sette anni, nato e cresciuto in Sardegna, ma di origini siciliane, i gol di Totò erano goduria allo stato puro, con tanto di corse pazze in per urlare al mondo la gioia per i gol della Nazionale, imitando gli occhi spiritati del proprio idolo. Sarà stato soltanto per quel mese, soltanto per quell’estate, forse soltanto per quel bimbo che si stava innamorando del gioco del calcio ma ancora non lo capiva a fondo, ma Schillaci fu meglio di Maradona. E pensandoci bene, un sogno davvero cominciò da bambino.