Buon compleanno Italia ’90 – Costa Rica, sorpresa esordiente
Una piccola realtà del continente americano, che portò i Caraibi sulla scena mondiale: il Costa Rica, guidato da un vecchio lupo di mare come Bora Milutinovic, stupì tutti a Italia ’90.
RINCORSA ALLA LUCE. Le vicende sportive della Nazionale costarricense iniziano a lasciare l’oscurità a partire dagli anni ’50 del secolo scorso. Quando cominci a stabilirti quale seconda forza del calcio centroamericano dopo il Messico, le cose iniziano a cambiare: è andata così ai Ticos nelle eliminatorie mondiali tra Svezia ’58 e Inghilterra ’66. Poi il buio, di nuovo. Nel decennio dei Settanta il Costa Rica è passato inosservato, surclassato da nuove realtà come El Salvador (presente a Messico ’70) e Honduras (1982). Il risveglio iniziò con la partecipazione ai Giochi Olimpici, sia nel 1980 che nel 1984 – quando battè addirittura l’Italia di Bearzot, ricca di campioni affermati – e buone prestazioni a livello confederale. Finalmente, nel 1989, riuscì a staccare lo storico pass per il Mondiale di Italia ’90: vincendo il campionato CONCACAF, davanti agli Stati Uniti e approfittando della squalifica del Messico, sfruttò l’ultima edizione del torneo valida per le qualificazioni mondiali. In realtà, nel girone finale, Costa Rica e USA arrivarono entrambe a quota 11 punti. Però la selezione Tricolor ebbe la meglio per differenza reti.
BORA. Nell’autunno precedente a Italia ’90, la Nazionale si reca in tournée in Italia, dove sfida in amichevole Torino e Roma. Le cronache dell’epoca parlano di squadra di buone doti atletiche benché sprovveduta. A qualificazione avvenuta e dopo una deludente Marlboro Cup, la federazione caccia il ct Marvin Rodríguez, descritto dalla stampa dell’epoca come sosia di Edmondo Fabbri. Tenta un approccio con Luís César Menotti, che non accetta. E allora ingaggia il tecnico giramondo Velibor “Bora” Milutinovic, che nel 1986 aveva guidato i padroni di casa messicani al Mundial. Le amichevoli europee di maggio, contro Polonia e Galles, non vanno bene. Sinceramente il Costa Rica arriva in Italia senza grandi aspettative, sia da parte degli addetti ai lavori che della Federcalcio stessa. Milutinovic è un personaggio a tutto tondo, è risaputo: convince addirittura la federazione a giocare il Mondiale con la divisa bianconera. Giampiero Boniperti, presidente della Juventus, gliene procura due serie. Qualcosa di irripetibile e impensabile oggi. La squadra viene inserita nel gruppo C insieme a Brasile, Scozia e Svezia. Nessuno, probabilmente, sarebbe disposto a scommettere un centesimo sugli uomini di Milutinovic. Il primo match vede il Costa Rica in maglia rossa, quella originale. A Genova, l’11 giugno, Juán Cayasso è il match-winner contro la Scozia: 1-0, il selezionatore avversario – Andy Roxburgh – è incredulo. A Torino, 5 giorni dopo, la casacca bianconera non porta bene e Careca decide l’incontro. Ma l’insolita maglia viene confermata per il terzo e decisivo incontro con la Svezia. Alla fine è Genova a portare bene: un 2-1 storico in rimonta, grazie ai gol di Flores e Medford (che poi giocherà nel Foggia). Il Costa Rica, esordiente, approda alla fase di eliminazione diretta! Incredibile.
PARTICOLARI. Il Brasile vince il girone a punteggio pieno, i caraibici passano come secondi eliminando le europee Scozia e Svezia. Chi l’avrebbe mai detto? Il 23 giugno, a Bari, la Cecoslovacchia attende negli ottavi di finale. Ritorna la maglia rossa, stavolta va male. 4-1 per Skuhravy (tripletta) e compagni, nonostante l’illusorio 1-1 dell’attuale ct Ronald González al 55°. Si torna a casa. Cosa resta di quella bellissima avventura? Di Bora Milutinovic abbiamo già detto. Impossibile non citare un portiere che divenne un mito, lodato dalla critica: il trentenne Luís Gabelo Conejo. Con le sue parate a ripetizione nel girone eliminatorio aveva contribuito in maniera importante al passaggio del turno. Di più: insieme all’argentino Goycochea, fu inserito dalla FIFA nella squadra ideale del torneo. Un riconoscimento fantastico. E questo nonostante avesse saltato gli ottavi per infortunio, sostituito da Barrantes. Un’assenza che si è fatta sentire. Italia ’90 fruttò a Conejo un contratto in Spagna, all’Albacete, dove è tuttora un idolo. La Nazionale avrebbe mancato in seguito la qualificazione iridata fino all’edizione 2002 in Corea e Giappone.