Come in una delle trame di Spielberg più note ed amate per il grande pubblico, alla fine l’Alieno è tornato a casa: con decorrenza 01 Luglio 2020, Arjen Robben sarà un nuovo calciatore del Groningen, club alla quale porta bussò per la prima volta nel lontano 1996 dalla natia Bedum, all’epoca ignaro di essere all’inizio di una carriera da favola.
Una storia, quella di Arjen Robben, che della favola ha tutti, ma proprio tutti, i crismi: l’exploit iniziale, i tantissimi infortuni che ne hanno flagellato la carriera, l’incubo della finale di Monaco con il Chelsea e la grandissima rivincita con il gol vittoria di Wembley contro il Borussia Dortmund, un interrail europeo partito da Groningen e transitato per PSV Eindhoven, Chelsea, Real Madrid e Bayern Monaco oltre che per la Nazionale olandese rendendolo uno dei più grandi interpreti nel suo ruolo negli ultimi decenni. Questo, nonostante l’ncredibile dato relativo agli infortuni: 1.306 giorni da indisponibile (oltre 3 anni e mezzo) e oltre 200 gare saltate solamente con i propri club nel corso di una carriera ventennale.
Innamorato del calcio a dispetto dei tanti guai fisici, l’Alieno di Bedum non è riuscito a resistere un granché senza calcio giocato, e a meno di un anno dal ritiro datato 4 luglio 2019 ha ceduto ai dirigenti del Groningen premiandone la caparbietà: dopo i primi tentativi dei biancoverdi successivamente all’addio al Bayern, cui in un primo momento l’ala olandese si era gentilmente negato, i tentativi delle ultime settimane si sono trasformati nello sperato “si” da parte di Robben che nelle ultime settimane aveva comunque ripreso ad allenarsi.
Tra i retroscena più curiosi, quello che vedrebbe (il condizionale è d’obbligo in questi casi) una clip realizzata dal Groningen mixando immagini di Robben e di “The Last Dance” (celeberrimo documentario con a tema la carriera di Michael Jordan) importante se non decisivo nel far (ri)trovare gli stimoli giusto al calciatore.
L’Eredivisie è forse, da un punto di vista tecnico, il livello agonistico più adeguato per la “seconda carriera” di Robben, ma il ritorno al professionismo non è privo di insidie da un punto di vista atletico e di questo Robben si è dimostrato più che consapevole; il contratto, di durata annuale, suggella quello che nella conferenza stampa di presentazione Robben non ha negato di descrivere più che come un ritorno un “tentativo di ritorno”.
Elemento, questo, che non sembra però spaventare i supporters del Groningen che quando i rumours hanno tornato a farsi insistenti (e prima che il Covid 19 chiudesse l’Eredivisie) non mancarono di evidenziare il proprio punto di vista sul tema tramite lo striscione “Arjen, volje harte!”: Arjen, segui il tuo cuore. Per la cronaca, a pochi giorni dall’ufficializzazione del ritorno di Robben gli abbonamenti in casa Groningen sono oltre 10.000.
Terra di mercanti e colonizzatori, i Paesi Bassi sul versante calcistico vivono dell’”export” delle proprie eccellenze calcistiche, spesso protagoniste nelle principali leghe europee. Elemento comune a tanti Campioni della Nazionale Oranje, però, è la volontà di chiudere a casa propria una carriera leggendaria: Kuyt (Quick Boys), van Persie, Blind e Huntelaar (attualmente ancora all’Ajax) solo per fare alcuni degli esempi più recenti.
In un calcio indirizzato sempre più a fare rima con “business” più che con “romanticismo”, il ritorno di Robben al Groningen fa la felicità di chi ancora gioisce con le emozioni che il football è in grado di trasmettere e i sentimenti ad esso connessi. Come candidamente ammesso dallo stesso Robben, solamente un elemento può far venir voglia a un calciatore ritiratosi il 4 luglio del 2019 la fantasia e la voglia di tornare a mettersi gli scarpini: l’amore per il Groningen, a chiusura di uno splendido cerchio apertosi 24 anni anni fa.