Pallone in Soffitta – Ahmed Radhi, leggenda dell’Iraq, vinta solo dal Covid-19
Quando un calciatore raggiunge determinati livelli dando lustro al proprio Paese in ambito internazionale, assurge allo status di leggenda. Ahmed Radhi, il più celebre e talentuoso giocatore della storia irachena, è stato sconfitto pochi giorni fa dal Coronavirus. Aveva appena 56 anni.
BAGHDAD. Ahmed Radhi – nome completo Ahmed Radhi Amaiesh Al-Salehi – era nato a Baghdad il 21 aprile 1964. Vive in un povero villaggio sciita alle porte della Capitale irachena, scopre il gioco del calcio in giovanissima età. Ahmed è veloce, intelligente, reattivo, ci sa fare con il pallone: è veramente bravo. Tanto che comincia nell’Al-Shorta e a 18 anni entra nell’Al-Zawraa, il club che maggiormente segnerà la sua parabola agonistica. Un talento per il gol, impossibile da lasciare fuori dalla Nazionale nonostante la carta d’identità e la poca esperienza. Ahmed veste per la prima volta la maglia dell’Iraq il 21 aprile 1982, neanche a dirlo a Baghdad, in occasione dell’amichevole contro una selezione giordana. La prima avventura con l’Al-Zawraa termina dopo un biennio condito da un ottimo score: 38 gol in appena 60 incontri. Passa all’Al-Rasheed, neonata creatura del figlio di Saddam Hussein, Uday. Radhi è il gioiello offensivo da aggiungere alla squadra di calcio promossa (di diritto, diciamo così…) in massima divisione già alla sua prima stagione sportiva. Vi viene portato con la forza, senza alcuna chance di esprimere dissenso. Cerchiamo per un attimo di immergerci in quel contesto: Uday Hussein era solito dare l’ordine alle proprie guardie di picchiare i giocatori in caso di prestazioni non ritenute all’altezza (sic) e di radere loro completamente il capo per umiliarli in pubblico. Non fu portato nel club solo Radhi, ma pure diversi tra i più forti calciatori iracheni del momento. Per questo motivo la società giallonera dominò la scena nazionale per tutto il periodo di attività, durata pochissimi anni, fino al 1990. Diventando estremamente impopolare tra i tifosi del Paese. La dissoluzione dell’Al-Rasheed fu decisa per questo motivo da Saddam Hussein e ratificata dal comitato olimpico iracheno. Ahmed Radhi, suo malgrado stella di quel sodalizio, torna all’Al-Zawraa per tre stagioni. Poi si trasferisce in Qatar all’Al-Wakrah e termina infine la carriera con un ultimo biennio nella sua prima squadra, a 35 anni. Nel suo palmares, oltre ai trofei di club, due titoli di capocannoniere del campionato iracheno (1986 e 1992) e uno di quello qatariota (1994). In Nazionale, il sensazionale score di 62 reti in 121 incontri.
MESSICO. Esile, agile e talentuoso, Ahmed è diventato in breve una delle stelle più luminose del calcio asiatico, non solo iracheno. Durante le qualificazioni ai Mondiali di Messico ’86, ha messo a segno ben 8 gol trascinando la Nazionale alla prima – e finora unica – partecipazione iridata. Non solo: l’8 giugno 1986, a Toluca contro il Belgio, ha infilato con un diagonale di destro il mitico Jean-Marie Pfaff. Quello di Radhi è stato l’unico gol mondiale dell’Iraq, circostanza che ne ha accresciuto il mito. Nel 1988 ha preso parte alle Olimpiadi di Seul (segnando due reti), venendo poi premiato con il titolo di giocatore asiatico dell’anno. Chiusa la parabola come atleta, è entrato in politica. Eletto in Parlamento nel 2007, ha messo a disposizione del Paese la sua competenza ed esperienza. Finché il Covid-19 non lo ha colpito. Il 13 giugno il ricovero all’Ospedale Generale Al-Nuaman di Baghdad e la dimissione, seguita da un nuovo ingresso nella struttura il 18 per il peggioramento delle sue condizioni di salute. Ahmed Radhi è stato vinto dalla malattia il 21 giugno, all’età di 56 anni. Lascia quattro figli e un’eredità notevole tra la sua gente: “Ineguagliabile atleta e figlio dell’Iraq“, per il ministro dello Sport Adnan Darjal. L’ex compagno di tante avventure in Nazionale, Hussein Saeed (altra gloria del calcio iracheno e attuale presidente della Lega Calcio), lo ha ricordato commosso: “Addio e arrivederci, fratello mio Ahmed Radhi“.
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