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Buon Compleanno Italia ’90 – Gli esclusi dalle Notti Magiche

Il mondiale di calcio del 1990 ospitò 24 nazionali, otto in meno se paragonate al numero di squadre viste all’opera nelle ultime edizioni iridate. Superare la soglia delle qualificazioni rappresenta per alcune federazioni un traguardo pari alla vittoria di un mondiale; basti ricordare lo storico risultato del Panama nel 2018. La mancata partecipazione al contrario per le nazionali più quotate è un flop che rischia di ripercuotersi su tutto il movimento calcistico che esso rappresenta.

FALLIMENTO PLATINI – L’assenza principale a Italia ’90 fu senza dubbio quella dalla Francia. I transalpini avevano fatto faville negli anni ottanta ottenendo un titolo europeo nel 1984 e raggiungendo ben due semifinali mondiali. L’unica macchia fu la delusione nel non aver ottenuto il biglietto per Euro ’88. Si presentarono perciò al cammino di avvicinamento a Italia ’90 carichi e pronti a riscattare quella distrazione all’ultima rassegna continentale. La federazione francese fece le cose in grande e non badò a spese, costruendo un nuovo centro tecnico e rivedendo il quadro dello staff. Tante aspettative, voglia di vincere e forse anche un pizzico di vendetta perché i rivali italiani nel 1938 festeggiarono un titolo mondiale proprio sul suolo francese. Intenzioni che si scontrarono con la scelta del commissario tecnico. A guidare i galletti fu chiamato un uomo emblematico come Michel Platini, colui che aveva trascinato la Francia negli ultimi anni. Platini conosceva bene l’ambiente italiano grazie alla sua lunga militanza con la Juventus, ma la sua forte personalità non bastò a colmare il gap in esperienza e l’atteggiamento ritenuto troppo difensivista dai tifosi e dai media. La Francia prese una clamorosa stecca nella trasferta cipriota dove pareggiò 1-1: quella gara diede iniziò a una serie poco fortunata con un totale di soli tre punti raccolti in cinque di partite di fila. Un bottino troppo magro che a novembre del 1989 portò al triste verdetto. L’attacco francese si basava sulla coppia formata da Eric Cantona e Jean-Pierre Papin; quest’ultimo in Italia ci approdò solo due anni più tardi e con il Milan si tolse la soddisfazione di vincere una Coppa dei Campioni.

GALEOTTO FU IL PETARDO – Furono quattro le rappresentative sudamericane alla fase finale. L’Argentina partecipò come campione in carica, mentre Brasile, Uruguay e Colombia dovettero vincere i loro rispettivi mini gironi con i colombiani obbligati anche a uno spareggio con una compagine oceanica; al tempo infatti la Conmembol non prevedeva il girone unico all’italiana come in tempi recenti. Tra le nazionali estromesse ci fu il Cile e la sua esclusione fece scalpore non tanto per questioni calcistiche, ma per episodi legati più alla cronaca. Tutto ha origine dalla sfida decisiva che vide Brasile e Cile opporsi a settembre al Maracana. Nel corso del secondo tempo, con i brasiliani avanti di una rete, il gioco si interruppe perché il portiere cileno Roberto Rojas finì a terra colpito da un bengala. Gli elementi a disposizioni facevano presupporre un’eliminazione a tavolino dei brasiliani: il comportamento violento della tifoseria di Rio de Janeiro, il lancio di oggetti in campo e le immagini dell’estremo difensore avversario sanguinante al volto. Tutto scontato fino al clamoroso colpo di scena. Solo più avanti infatti si scoprì che lo stesso Rojas aveva approfittato dello scoppio del bengala per autoinfliggersi delle ferite con una lametta e far credere di essere stato colpito. Una truffa ordita con la complicità del tecnico e del medico. Rojas pagò a caro prezzo questa furbata con una squalifica a vita che durò fino al 2001, quando l’estremo difensore ottenne la grazia da parte della Fifa.